Coronavirus, come e quando finirà in Italia
La matematica suggerisce quali potrebbero essere gli andamenti dell'epidemia italiana del Coronavirus, il Covid-19. Previsioni di questo tipo si basano sui dati fin qui raccolti sul contagio e sul fatto che le malattie che emergono sotto forma epidemica hanno alcune caratteristiche comuni. Alcune di queste sono il fatto di essere malattie a decorso acuto, di trasmettersi con tale rapidità dagli individui contagiati a quelli sani da entrare potenzialmente in contatto con tutta la popolazione, di determinare nei sopravvissuti lo sviluppo di anticorpi dalla protezione durevole, se non permanente. Un'interessante analisi matematica sulla base del numero di morti cumulato e il numero di pazienti ricoverati in terapia intensiva dal 24 Febbraio al 2 Marzo è stata sviluppata dai fisici Enrico Bucci (Temple University, Philadelphia), Enzo Marinari (Dipartimento di Fisica, Università La Sapienza, Roma) con la revisione del fisico Giorgio Parisi, presidente dell'Accademia Nazionale dei Lincei. Le conclusioni, pubblicate dal Dipartimento di Fisica dell'Università La Sapienza, dicono che l'evoluzione nel tempo dell'epidemia fino al 2 Marzo riproduce quasi fedelmente una curva esponenziale, nota in fisica per la crescita di fenomeni estremamente rapidi.
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Dalla curva si desume che i casi raddoppiano ogni 2,4 giorni con un ritmo simile a quello dell'epidemia in Corea dove, come notano gli autori dell'analisi, la struttura della popolazione e del sistema sanitario sono approssimativamente simili a quelli dell'Italia. Proiettandola indietro nel tempo si deduce che l'epidemia è sicuramente iniziata prima dell'ultima settimana di Gennaio con i primi casi gravi emersi intorno al 10 Febbraio. Proiettando invece la curva in avanti, sulla base dell'andamento passato, si possono fare invece previsioni su quanto potrà accadere: la curva continuerà a crescere esponenzialmente oppure comincerà a flettersi fino ad abbassarsi?
La risposta a questa domanda dipende in maniera cruciale dalle misure del governo, dal contenimento degli assembramenti e dal comportamento dei cittadini. Nelle parole degli autori dello studio, «in assenza di interventi radicali e tempestivi, il numero di pazienti positivi potrebbe far superare i 14.000 positivi entro domenica 8 marzo. Se nei prossimi giorni si osserverà un accordo con queste previsioni, allora «vorrà dire che le misure già adottate dal Governo sono insufficienti a scongiurare scenari insostenibili per il sistema sanitario delle regioni interessate».
Le regioni per ora con un basso numero di casi a quel punto seguirebbero lo stesso destino «innescando una sorta di effetto domino in cui le ultime regioni a essere colpite non potranno nemmeno beneficiare del sostegno di quelle vicine, ormai alle corde». Resta il fatto che, dovessero le quarantene e i cordoni sanitari produrre i loro effetti, la curva esponenziale potrà invece flettere prima dell'8 marzo, e allora diverrà una curva a saturazione con un numero di casi gravi che rimane costante al passare dei giorni. Fra due-tre mesi potrebbe poi innescarsi la fase di regressione tenendo conto che il coronavirus è un virus stagionale e che dunque sviluppa maggiormente la sua aggressività con il freddo.
Il fatto certo è che, per sopravvivere, i virus delle epidemie hanno bisogno di un gruppo umano sufficientemente numeroso e poco disperso. Dunque, qualunque misura che va dal telelavoro alla chiusura delle scuole è la benvenuta. Il rischio è che, volendo salvare l'economia, si favorisca la continuazione dell'andamento esponenziale descritto e che dunque si producano danni economici ancora peggiori. La storia insegna.
Le grandi malattie epidemiche si sono originate solo a partire da società numerose e ad alta densità, quindi circa diecimila anni fa, con la nascita dell'agricoltura. Prima di allora, sparuti gruppi di umani sparsi in un vastissimo territorio non erano ancora stati colpiti dalle moderne malattie. Per esempio, la traccia più antica della presenza del vaiolo risale al 1600 avanti Cristo (cicatrici su una mummia egiziana), gli orecchioni nel 400 avanti Cristo, la lebbra nel 200 avanti Cristo, la poliomelite nel 1840 e l'Aids nel 1959. In linea di principio, un virus tende a espandersi il più possibile, con vari stratagemmi frutto dell'azione della selezione naturale, finché tutta la popolazione rimasta in vita è guarita immunizzandosi. In questo senso, l'epidemia di morbillo nel 1781 alle isole Faroe, è un caso emblematico: alla fine dell'epidemia tutta la popolazione era immune e per ricomparire sessant'anni dopo, portato da una nave danese, quando una nuova generazione di persone non immuni era presente. In assenza di un vaccino, l'arma migliore è dunque la dispersione della popolazione. E proprio in questo il ruolo dei governi è cruciale.
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