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December 22 2014
Giovedì scorso Giorgio Napolitano ha confermato che le sue dimissioni da capo dello Stato sono “imminenti”. Secondo alcuni il suo secondo mandato terminerà già a metà gennaio. Per le prime votazioni bisognerà aspettare probabilmente i primi di febbraio. Comunque sia, una manciata di settimane. Tanti i nomi già circolati per la successione, tra i più gettonati quelli di Giuliano Amato (che certamente non dispiacerebbe a Silvio Berlusconi) e di Romano Prodi su tutti.
Chi sarà il prossimo presidente della Repubblica?
Matteo Renzi e il diretto interessato ne avrebbero parlato durante l'incontro di lunedì scorso a Palazzo Chigi ma il professore, vittima dei 101 franchi tiratori del Pd nell'aprile del 2013, ha negato di essere interessato alla partita. Eppure, negli ultimi giorni, proprio lui è sembrato diventare il sogno proibito di molti. Pippo Civati, uno dei leader dei dissidenti dem, lo ha candidato ufficialmente; Pier Luigi Bersani ha tratteggiato un identikit (“un presidente autonomo e autorevole, che mastichi di economia e sappia tenere il volante”) che assomiglia molto all'ex premier già fatto votare dai suoi la volta scorsa; Nichi Vendola ha invitato il premier a ignorare Berlusconi e a votare l'ex presidente della Commissione europee dalla quarta votazione insieme a Sel. Addirittura Augusto Minzolini, senatore forzista dissidente, vedrebbe nell'elezione di Prodi un segnale di pacificazione.
Nella scelta del futuro inquilino del Colle, Matteo Renzi dovrà vedersela con loro, oppositori interni ed esterni. La tentazione di votare Romano Prodi, il nome più inviso all'ex Cavaliere, per mandare a monte il patto del Nazareno e bloccare le riforme c'è. Il fronte degli avversari va dalla minoranza dem a quella di Forza Italia, a Sel, alla Lega ai 5Stelle. Renzi lo sa e per questo preferisce non fare nomi, per non bruciarli, e parlare soltanto di metodo quindi della necessità – scontata visto che deve essere comunque almeno la maggioranza assoluta del Parlamento a scegliere – di coinvolgere tutte le forze politiche, "a maggior ragione Forza Italia che è già stata determinante nell'elezione di Ciampi e la seconda volta in quella di Napolitano” e sta scrivendo le riforme insieme al Pd. Anche se - a differenza di quanto avevano fatto sapere sia Berlusconi che il suo consigliere Giovanni Toti - il primo ministro ha assicurato che la partita del Colle non ha mai fatto parte del patto del Nazareno.
L'idea di Silvio Berlusconi
Ma chi oggi spariglia le carte e in un'intervista a Repubblica annuncia di non avere alcuna pregiudiziale, nemmeno nei confronti di “uno di sinistra” purché sia capace di essere “garante di tutti, una persona equilibrata, seria, competente” è proprio il capo di Forza Italia. Come Renzi anche l'ex Cavaliere preferisce non fare nomi e cognomi, ma per la prima volta apre alla possibilità di accoglierne uno indicato dal Pd ed eventualmente anche proveniente dall'area di sinistra a patto che “svolga il suo ruolo di garanzia nei confronti di ognuno e non di una sola parte”. In tal caso Berlusconi sarebbe certo che tutti i 150 suoi “grandi elettori” lo voterebbero, nonostante le divisioni interne.
Matteo Salvini candida Franco Baresi
Matteo Salvini si chiama fuori, "non eleggiamo nessuno – ha infatti dichiarato con sprezzante sarcasmo il segretario della Lega - intanto fa tutto Renzi" e a chi insiste per un nome ha indicato l'ex giocatore del Milan Franco Baresi che “farebbe meglio di Prodi”. Per Roberto Calderoli il prossimo presidente non deve essere né di sinistra né "la solita vecchia scarpa della politica". Via libera dunque al giornalista Vittorio Feltri e al patron di Esselunga Bernardo Caprotti.
Angelino Alfano vuole un moderato
Per Angelino Alfano, infine, non potrà essere il congresso del Pd, ha detto, a eleggere il capo dello Stato. Angelino Alfano sogna “un moderato, cattolico, che rappresenti tutti e quindi esterno al partito del premier” il cui nome sia frutto di una scelta condivisa tra Ncd e Pd da sottoporre a Forza Italia solo in un secondo momento. Una personalità, “senza spilletta di partito”, ha chiarito ulteriormente il ministro dell'Intero mettendo, anche se implicitamente, un veto su Romano Prodi.
Che però, sommando i voti di Pd, Sel, pezzi di Forza Italia e M5S in questo momento è il nome che sembra avere più chance di chiunque altro. Tornando a sparare su Giorgio Napolitano (“non dovrebbe dimettersi, dovrebbe costituirsi”), anche Beppe Grillo ha fatto capire di essere interessato alla partita. “Serve un presidente che non firmi qualsiasi cosa, dalla legge Fornero allo scudo fiscale” ha detto annunciando che il nome da candidare sarà scelto attraverso le Quirinarie tra personalità lontane dal mondo della politica”. Freddezza su Prodi, “basta, non se ne può più”. Ma il professore era già presente tra i nomi in lizza nel 2013. E non è detto che senatori e deputati grillini alla fine non decidano di convergere anche loro su di lui.