Economia
October 16 2017
Martedì scorso, il presidente catalano Carles Puigdemont ha siglato la dichiarazione di indipendenza per la Catalogna, salvo sospenderne l’implementazione in attesa di un vero confronto con Madrid. Il primo ministro Mariano Rajoy, però, ha già fatto presente la posizione del governo che, viceversa, subordina il confronto all’abbandono della dichiarazione di indipendenza.
Considerato che la Catalogna ha già una lingua, un’identità, una cultura distinta da quelle del resto della Spagna, ma anche un presidente, un parlamento e una forza di polizia propria, il magazine americano The Atlantic si chiedequale ulteriore spazio di manovra possa esistere nelle richiese della Catalogna.
Una delle ipotesi è che Barcellona desideri l’implementazione di alcune novità scritte nello statuto regionale del 2006, modificate dalla Corte Costituzionale nel 2010. Nello specifico, la Corte ha negato che la lingua catalana debba avere la precedenza su quella spagnola e ha limitato il riferimento alla Catalogna come a una nazione.
A quanto pare, a questo punto Barcellona vorrebbe discutere anche un nuovo accordo fiscale con Madrid, sulla falsa riga di quello esistente con la comunità autonoma dei Paesi Baschi. I paesi del Nord Est, infatti, raccolgono autonomamente le proprie entrate fiscali e ne condividono una parte concordata con il governo centrale.
Per la Catalogna, invece, Madrid è il centro fiscale di riferimento. E, secondo stime del governo regionale catalano, una Catalogna indipendente potrebbe beneficiare di maggiori risorse stimate attorno al 6% del Pil della regione, riporta Fortune.
Se queste fossero le richieste che Puigdemont vorrebbe discutere con il governo, l’implementazione richiede una modifica costituzionale che, in realtà, non può avvenire senza un ampio consenso parlamentare a livello nazionale. Al momento, questa maggioranza non sembra esistere ed è una delle ragioni per cui il governo intende rimandare la questione catalana a dopo le elezioni del 2020.