Economia
June 26 2018
La parola gentrificazione, direttamente mutuata dall'inglese, è diventata quella più ripetuta da chi vuole dipingere un futuro tetro per i nostri ambienti urbani.
Nell'immaginario diffuso, in molte città i ceti popolari sono costretti ad abbandonare quei quartieri che progressivamente diventando "di moda" per far posto a famiglie agiate, in grado di permettersi affitti o acquisti a prezzi crescenti. La sostituzione però ha come effetto collaterale quello di uccidere la vitalità di aree urbane che un tempo erano crogioli culturali e luoghi di ricche interazioni umane.
Negli Stati Uniti c'è addirittura chi paragona il fenomeno a una forma di suprematismo bianco, visto che spesso a far posto a nuclei familiari Wasp (White Anglo Saxon Protestant) sono ispano o afroamericani.
Come sempre, la realtà, però, presenta molte sfumature. In realtà, gli studi dimostrano che spesso i residenti più poveri sono più propensi a restare a vivere in aree gentrificate, perché anche le loro condizioni di vita migliorano con lo sbarco dei rappresentanti della cosiddetta upper class, non foss'altro che per la maggior offerta di servizi commerciali che la presenza di consumatori potenzialmente più spendaccioni comporta. E ha come non indifferente effetto secondario che scompaia la necessità di spostarsi in altre zone per poter fare la spesa o acquisti di altro genere.
I benefici per i residenti di lunga data sono anche altri: si va dalla riduzione dei tassi di criminalità nel quartiere all'aumento del valore delle case di proprietà. Per comprendere meglio il fenomeno, bisogna poi considerare che in molti Paesi le periferie e i quartieri poveri non sono stati destinatari di significativi investimenti per decenni, il che ha comportato il moltiplicarsi di proprietà sfitte e di appartamenti disabitati. L'arrivo di nuove persone, quindi, non comporta necessariamente che i vecchi residenti debbano andarsene per far loro spazio.
Che cosa spiega, allora, l'antipatia verso la gentrificazione? La prima ragione è economica: gli affitti sono aumentati parecchio, oltre il tasso d'inflazione media in più o meno tutte le grandi città del mondo occidentale. Ovviamente, si tratta di un dato che si presta a una duplice lettura, perché i piccoli proprietari ne traggono sicuramente un beneficio in termini di reddito.
La seconda ragiona ha, invece, a che vedere con il presunto sradicamento della cultura tipica di quartieri poveri ma vivaci e che è riassumibile in uno slogan piuttosto diffuso nelle periferie americane: Do not Brooklyn my Detroit. In realtà, avere un mix di famiglie di varia estrazione rende l'ambiente più fertile, non il contrario, perché moltiplica le opportunità di scambio e confronto. E, indirettamente, agevola anche la ripresa della mobilità sociale.