L'Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione, Federica Mogherini, Montreal, Canada, 22 settembre 2018
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September 26 2018
L’Unione Europea, a margine dell’appuntamento con l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di New York, ha annunciato per bocca dell’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione, Federica Mogherini, la creazione futura di uno «special purpose vehicle» ovvero di un canale speciale con l’Iran per «facilitare i pagamenti legati alle esportazioni iraniane, incluso il greggio, e le importazioni, e per assistere e rassicurare gli operatori di mercato che vogliono fare business con l’Iran in modo legittimo».
La notizia è stata data lunedì 24 settembre dalla stessa Mogherini durante una conferenza stampa congiunta con il ministro iraniano degli Esteri, Javad Zarif, specificando come «in termini pratici questo significa che i membri della Ue creeranno una entità legale per facilitare e legittimare le transazioni finanziarie con l’Iran. Le aziende potranno continuare ad avere a che fare con l’Iran nel rispetto delle leggi Ue e (lo strumento dello special purpose vehicle, ndr) potrebbe essere aperto ad altri partner nel mondo». La decisione europea di creare un veicolo speciale «è stata presa. Ora si terranno incontri di tipo tecnico per renderlo operativo» ha proseguito perentoria Lady PESC.
In particolare, si tratta di meccanismi finanziari per le transazioni di denaro che bypassano la Banca Centrale Europea – la quale, giocoforza, mantiene forti interessi negli Stati Uniti - e operano invece attraverso singoli istituti bancari del Vecchio Continente.
Ossia, più prosaicamente, i paesi Ue metteranno in piedi scambi di pagamenti senza l’utilizzo, o meglio, in sostituzione dello SWIFT (ovvero il sistema di transazioni internazionali controllato dagli USA) in modo da evitare il rischio di ritorsioni, di contro-sanzioni o persino il blocco delle transazioni stesse da parte di Washington. Secondo gli analisti di diritto internazionale societario, un’altra strategia studiata per aggirare le sanzioni USA riguarda l’utilizzo dei Bitcoin e delle altre monete virtuali, in particolare per le operazioni a brevissimo.
Questo significa che Bruxelles prende pericolosamente le distanze dagli Stati Uniti, i quali invece hanno tuonato ancora ieri contro il regime oppressivo di Teheran e, per bocca del presidente Trump, hanno annunciato nuove sanzioni economiche che entreranno a pieno regime a partire dal prossimo 4 novembre, con l’obiettivo dichiarato di azzerare le esportazioni di petrolio dall’Iran, storicamente una delle realtà più solide e attive sul fronte del commercio degli idrocarburi.
Una mossa geopolitica che punta chiaramente a isolare gli Ayatollah dagli altri paesi del Golfo.
Bruxelles, invece, intende fare di tutto per sfuggire alle sanzioni che Washington imporrà questo autunno contro chiunque non avrà ridotto «a zero» l’importazione di petrolio iraniano, considerato che l’Iran è per l’Europa un paese strategico in quanto rappresenta un cosiddetto “capo area” per il commercio europeo con l’intera Asia Centrale. Non solo in relazione al petrolio, ma anche e soprattutto per l’industria automobilistica e in quanto mercato-ponte per l’intera regione, da cui s’irradia un bacino di consumatori stimato in oltre un centinaio di milioni di potenziali fruitori dei prodotti europei.
In questo senso, Germania, Francia e Italia sono i primi interessati a mantenere buone relazioni e a promuovere ulteriori sviluppi del mercato, così come al tempo stesso sono stati i paesi più penalizzati dalle sanzioni.
Ma non c’è solo l’Unione Europea in questa partita. Anche la Russia e la Cina si sono detti intenzionati «a proteggere la libertà dei loro operatori economici a perseguire attività legittime con l’Iran», come sottolineato in un’ambigua e forse inopportuna nota congiunta Mogherini-Zarif.
Dal 2006, quando il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite aveva adottato una serie di risoluzioni in cui si chiedeva all’Iran di cessare l’arricchimento dell’uranio a fini di proliferazione nucleare, queste erano state progressivamente fatte proprie dall’Ue, accompagnate da misure sempre più restrittive che puntavano a convincere l’Iran a ottemperare alle richieste.
Nell’ultimo decennio l’UE aveva messo in atto anche una vasta gamma di sanzioni economiche e finanziarie autonome nei confronti dell’Iran, tra cui: divieti di esportazione di armi, beni a duplice uso e prodotti che potevano essere utilizzati in attività connesse all’arricchimento; divieto d’importazione di petrolio greggio, di gas naturale e di prodotti petrolchimici e petroliferi; divieto di vendita o fornitura di attrezzature essenziali utilizzate nel settore energetico, di oro, di altri metalli preziosi e diamanti, di attrezzature navali, di software.
Nel campo dei trasporti, invece, vigevano: il divieto di accesso agli aeroporti dell’UE dei voli cargo iraniani; il divieto di prestazione di servizi di manutenzione a aeromobili e navi cargo iraniani che trasportano materiali o beni vietati; restrizioni di viaggio e congelamento dei beni nei confronti di persone ed entità giuridiche inserite in elenchi specifici.
Dal 2011, inoltre, l’UE aveva adottato misure restrittive connesse con le violazioni dei diritti umani, tra cui: il congelamento dei beni e il divieto di visto per le persone ed entità responsabili di gravi violazioni di tali diritti; il divieto di esportazione verso l’Iran di attrezzature che potressero essere utilizzate per la repressione interna e di attrezzature per la sorveglianza delle telecomunicazioni.
Quanto invece al settore finanziario, le sanzioni prevedevano il congelamento dei beni della Banca centrale dell’Iran e delle più importanti banche commerciali iraniane, parallelamente all’introduzione di meccanismi di notifica e autorizzazione per il trasferimento di fondi, superiori a determinati importi, verso istituti finanziari iraniani.
«Tutte queste misure sono state regolarmente aggiornate e resteranno in vigore» si legge ancora oggi nei documenti ufficiali del Consiglio Europeo. «L’ultimo aggiornamento, risalente all’12 aprile 2018, le ha prorogate fino al 13 aprile 2019». Dunque, cosa succederà davvero adesso?
All’epoca delle sanzioni ONU e Ue, il presidente iraniano era Mahmoud Ahmadinejad, una personalità particolarmente esuberante e mefistofelica, le cui reiterate minacce nucleari e i discorsi violenti nei confronti di Israele e degli Stati Uniti avevano convinto il mondo della necessità di mantenere in vigore tali sanzioni.
Poi, però, quando nel 2013 è salito al potere il presidente Hassan Rouhani, molti - in primis il presidente degli Stati Uniti Barack Obama - avevano intravisto una speranza e una possibilità di dialogo che, appena due anni dopo, ha fruttato lo storico accordo sul nucleare, poi cancellato nei fatti dall’elezione di Donald Trump nel novembre 2016.
Ma il vero sentore della svolta in favore dell’Iran da parte europea si era già annusata lo scorso agosto, quando ancora la Mogherini aveva annunciato l’arrivo 18 milioni di euro in aiuti per la cooperazione economica, ambientale e sociale con l’Iran, «a dimostrazione dell’impegno dell’Ue per il rispetto dell’accordo sul nucleare con Teheran».
La Commissione europea aveva quindi approntato una serie di progetti, nell’ambito di un più ampio pacchetto di misure da 50 milioni complessivi, che miravano a offrire sostegno al Paese nell’affrontare le numerose sfide economiche e sociali. Ma era soltanto il preludio.
Ora, il comunicato di Mogherini svela i veri piani dell’Unione che, tuttavia, sono in definitiva soltanto una risposta (se vogliamo, anche tardiva) al modello economico americano inaugurato dall’Amministrazione Trump.
Un modello che l’emittente americana CNN, dopo il discorso del presidente alle Nazioni Unite, ha descritto in questo modo: «Trump goes all in on isolationism», ovvero «Trump punta tutto sull’isolazionismo».
Il che chiarisce molto bene come dietro la partita con l’Iran, così come dietro il braccio di ferro con la Cina e la stessa Ue, vi sia una certezza cristallina: una nuova epoca economica è iniziata, e proviene da Ovest. E faremmo tutti bene a prenderne atto.