Economia
November 26 2020
La drastica riduzione del lavoro a livello globale (con le drammatiche conseguenze dal punto di vista economico e di posti di lavoro persi) e della mobilità a causa delle misure restrittive imposte per contenere la diffusione del Covid19 ha avuto come prima conseguenza una forte diminuzione della domanda di energia su scala mondiale.
Nel primo semestre la diminuzione di domanda energetica si è attestata al -3,8% con la prospettiva che il 2020 si chiuda con un secco -6%, mai così bassa dalla fine degli anni '70. I dati arrivano dal Global Energy Review 2020, il report Iea che ha analizzato l'impatto della pandemia sulla domanda energetica globale.
A fare un passo indietro è stata soprattutto la richiesta di carbone (-8% nel primo trimestre 2020) e petrolio (-5%), ovvero le due fonti energetiche più inquinanti per il pianeta.
E di conseguenza le emissioni di C02
Questo spiega perché lo straordinario calo della domanda di energia ha portato a un notevole calo delle emissioni globali di CO2, superando qualsiasi calo precedente.
Non solo le emissioni annuali quest'anno sono destinate a diminuire a un ritmo senza precedenti, ma si prevede che il calo sarà quasi il doppio rispetto a tutti i precedenti cali messi insieme dalla seconda guerra mondiale a oggi.
Basti pensare che il primo semestre ha segnato un secco -5% rispetto al 2019 principalmente a causa del -8% di richiesta (e quindi utilizzo) di carbone, del -4,5% di petrolio e del -2,3% di gas naturale.
Inoltre, come sottolineato in un approfondimento pubblicato da Eni TV, grazie alla modellistica molecolare Eni ha potuto individuare i polimeri più adatti a catturare l'energia solare trasportata dai fotoni al fine di realizzare gli OPV e gli LSC, prodigi della tecnologia fotovoltaica. Un enorme passo avanti nel percorso verso la decarbonizzazione, a cui la crisi pandemica ha già dato una leggera spinta: "Dal punto di vista dello sviluppo socio-economico globale, fra i benefici che deriverebbero dalla progressiva decarbonizzazione rientrano l'incremento del PIL del 2,4% e la creazione di 42 milioni di posti di lavoro nel settore delle energie rinnovabili – ha affermato Claudio Descalzi, CEO di Eni – e poi, ovviamente, un enorme beneficio per l'ambiente e la salute delle persone: miglioramento della qualità dell'aria, citta più pulite e minore consumo idrico porterebbero a un aumento del benessere del 13,5%".
La diminuzione di emissioni è direttamente proporzionale alla diffusione del Covid. In questo senso l'abbassamento dell'inquinamento atmosferico è stato più sensibile negli Stati Uniti (-9%) oltre che in Cina e in Unione Europea (-8).
Vista l'imperversare della seconda ondata pandemica a livello globale l'impatto positivo dei lockdown sull'ambiente continuerà a farsi sentire anche nei prossimi mesi e si prevede che il 2020 si chiuda con quasi l'8% di emissioni in meno rispetto al 2019, il livello più basso dal 2010 a oggi.
Alla riduzione di quasi 2,6 Gt delle emissioni di C02 contribuirebbero sia il calo di 1,1 Gt di carbone sia il crollo del consumo di 1 Gt di petrolio sia la diminuzione di 0,4 Gt di gas naturale. Gli Stati Uniti subirebbero il maggior calo assoluto, intorno ai 600 Mt.
Tutto questo a scapito ovviamente dei gravi danni all'economia. La perdita di posti di lavoro e di attività chiuse non si può ancora calcolare e gli esperti raccontano come ci vorranno 3-4 anni di grande sofferenza prima di tornare ai livelli economici pre-Covid