Industria
October 02 2024
La crisi dell’auto ha fatto un’altra vittima portando al divorzio tra i freni e le gomme. Fine di una alleanza mai nata per davvero tra Marco Tronchetti Provera e la famiglia Bombassei. Se qualcuno si era illuso che tra Brembo e Pirelli ci sarebbe stato un matrimonio da 12 miliardi di capitalizzazione, deve ricredersi. Il colosso dei freni controllato dalla famiglia Bombassei e guidato da Matteo Tiraboschi, attraverso un’offerta curata da Bnp Paribas, ha venduto la partecipazione del 5,58% che aveva nel gruppo che fa capo a Marco Tronchetti Provera a 5,07 euro. Ha praticato uno sconto del 5,1% rispetto al prezzo di chiusura del giorno prima per incasso complessivo di 282,9 milioni.
A comprare metà delle azioni in vendita sono stati lo stesso Marco Tronchetti Provera e suoi alleati che hanno acquistato il 2,5% del capitale di Pirelli salendo al 25,28% e si sono impegnati ad arrivare al 29,9% nel corso dei prossimi 24 mesi. Vuol dire che il gruppo non sarà più scalabile a meno di non lanciare un’Opa totalitaria che ai prezzi attuali costerebbe più di cinque miliardi.
Il primo ingresso in Pirelli da parte di Brembo risale a marzo 2020, con una quota del 2,4% poi aumentata fino al 5% a luglio 2022. Nel 2023 Camfin e Brembo avevano anche sottoscritto un patto di consultazione. All’accordo Bombassei aveva apportato un altro 0,42%. A quei tempi si riteneva possibile creare un mega polo nell’automotive. Solo un anno fa il patron di Brembo, Alberto Bombassei, aveva definito le nozze con Pirelli “una bella cosa”, pur precisando che “al momento non c’era nulla di serio”.
Ma ora il settore dell’auto è caduto in una profonda crisi, sbarrando la strada a qualsiasi progetto di quel genere. Inoltre a giugno dello scorso anno il governo italiano ha imposto alcune misure per tutelare l’autonomia di Pirelli e del suo management e proteggere le tecnologie e i dati di rilevanza strategica. Una disposizione che ha limitato fortemente le prerogative di governance e di gestione del primo socio di Pirelli con il 37%, i cinesi di Sinochem.
Pochi mesi dopo il provvedimento del governo, Sinochem ha perso il suo partner cinese nel capitale, il fondo Silk-Road, che ha sciolto il patto con il colosso della chimica di Pechino per poi vendere, sempre con una procedura accelerata, il suo 9%. In quell’occasione, Tronchetti e i suoi alleati nella cassaforte Mtp ne hanno approfittato per arrotondare la loro quota fino al 22,8%.Ora si sono impegnati a blindare il controllo per coprirsi da eventuali iniziative non concordate da parte dei soci cinesi.