Crisi dei consumi: metti un pollo nella borsa della spesa

Per convincerci a spendere le stanno provando tutte. La Fiat promette il pieno di benzina a 1 euro al litro. Il Fidenza village outlet, dove si trovano le griffe della moda iperscontate, anticipa i saldi. Per non parlare della formula del sottocosto, che ormai impazza ovunque. «Non tagliare le spese, riduciamo noi i costi» è lo slogan che sostiene una campagna della catena Media World. Ma il carrello della spesa si fa sempre più vuoto.

L’Istat stima che ad aprile le vendite al dettaglio abbiano subito una caduta record del 6,8 per cento su base annua, quelli alimentari del 6,1. Alla Nielsen, leader mondiale nella rilevazione e analisi di dati e informazioni sui consumi, non hanno dubbi: per il 92 per cento degli italiani il momento attuale «non è adatto per compiere acquisti», quando solo un anno fa il partito del «no shopping» era all’85 per cento. Precisa Nicola De Carne della direzione retailer: «In realtà le famiglie avevano cominciato ad adottare la politica dei sacrifici dalla prima crisi globale post 2008, partendo da abbigliamento, consumi fuori casa, vacanze e soggiorni brevi. Poi la lista dei tagli si è allungata».

Per esempio già nel secondo trimestre del 2010, nel tentativo di tenere insieme aumento dei prezzi e calo dei redditi, il 34 per cento degli italiani dichiarava di usare meno l’auto. Ma nel 2012 a ridurre l’uso dell’auto è stato il 44 per cento, così come a non comprare cibi pronti da asporto è stato il 61 contro il 26 per cento del 2010. E ancora il 54 per cento nel 2012, contro il 44 di due anni fa, ha scelto di passare a marche meno costose nei prodotti di largo consumo confezionati.

E non si ha più voglia di fare spese a debito. «Sarà un caso, ma il mercato dell’elettronica di consumo si è ridotto dal 2010 del 20 per cento, esattamente come le vendite che erano sostenute dal credito al consumo» spiega Pierluigi Bernasconi, amministratore delegato della MediaMarket (sue le insegne Media World e Saturn). Così, forse per la prima volta dopo anni, si taglia tutto. Arrivando a fare economie forti anche sulla piccola spesa quotidiana, sebbene questa, dati Nielsen alla mano, rappresenti solo tra il 16 e il 18 per cento del budget familiare. «Ci sono voci come le utenze domestiche di luce e gas che le famiglie non sono riuscite a ridurre» precisa De Carne. Per non parlare di affitti e mutui. Così ci si concentra sul carrello della spesa.

Se confrontati con lo stesso periodo dello scorso anno, nei primi quattro mesi del 2012 ipermercati, supermercati e negozi a libero servizio hanno registrato forti cali nelle vendite dei prodotti per la cura della casa (8,5 per cento) e nei prodotti per la cura della persona (4,1). «In generale è tutta l’area non alimentare ad avere sofferto di più» rileva De Carne. Un’area che spazia dai giocattoli (meno 8,9 per cento) agli accessori auto (meno 6,5), arrivando a inglobare settori un tempo brillanti come la telefonia mobile (-13,4 per cento).

Il reddito ha più che mai un peso importante nel determinare la politica di risparmio. Infatti lo scontrino della spesa delle famiglie al supermercato, sceso in media dell’1,2 per cento a 30,2 euro, è diminuito del 4,5 per cento per i bassi redditi familiari (1.300 euro netti mensili) e persino del 7,2 per quelli medioalti (3 mila euro), mentre è addirittura salito dell’8,9 per cento per i redditi familiari alti (da 3 mila euro in su).

Tutti comunque si applicano per fare la spesa in modo diverso. Un italiano su due va a caccia degli articoli in promozione (26 per cento degli acquisti). Un cliente su cinque passa a marchi più economici, anche se resta attento alla qualità, e punta sempre più spesso sulle marche commerciali, che ormai coprono oltre il 17,4 per cento degli acquisti del largo consumo. L’hard discount è frequentato da fasce sempre più ampie di consumatori, tanto che lo scontrino medio, in calo negli iper e nei supermercati, sale dell’8,9 per cento a 18,2 euro. Alla Nielsen hanno calcolato che nel 2011 le famiglie hanno ottenuto rispetto all’anno precedente un risparmio di 630 milioni, cifra che nei primi quattro mesi del 2012 ha già raggiunto i 397 milioni. La crisi non ha portato solo a una spending review quantitativa. «Quello che emerge» dice De Carne «è un profondo cambiamento degli stili di vita e dei comportamenti».

Un’analisi condivisa da Vincenzo Tassinari, presidente della Coop Italia, numero uno della grande distribuzione (13,1 miliardi di fatturato), e Francesco Pugliese, direttore generale del Conad, seconda insegna nazionale (10,2 miliardi di fatturato), che non esitano a parlare di rivoluzione dei consumi. «Si fa la spesa più spesso per evitare sprechi e si confrontano le promozioni, anche se il prendi tre e paghi due non piace più e si cerca sul singolo prodotto il miglior rapporto qualità/prezzo» spiega Tassinari. Pugliese aggiunge: «Il consumatore cerca di portare a casa con meno il massimo che aveva prima, e ci sta riuscendo con comportamenti intelligenti». Pugliese ne cita due: «La maxispesa settimanale all’iper, fra costi di trasporto e rischi di acquisti eccessivi, non conviene ed è meglio cercare il supermercato sotto casa. La marca commerciale delle grandi catene garantisce, a costi molto più bassi, la stessa qualità delle grandi marche».

Da Conad nei primi cinque mesi del 2012 le vendite dei prodotti a marchio sono cresciute del 12 per cento. Insieme alle modalità di acquisto muta il contenuto della spesa. «Non era mai successo come in questi primi cinque mesi dell’anno che scendessero del 7-8 per cento anche le vendite di frigoriferi e lavatrici» conferma Bernasconi.

All’insegna del risparmio, gli italiani tornano a fare in casa la pizza piuttosto che la torta per i bambini, così come a ricevere tra le mura domestiche gli amici per aperitivi e cene. Tra l’aprile del 2011 e l’aprile 2012 appare evidente il calo delle vendite di torte pronte (meno 11,1 per cento in volume) e dessert freschi (meno 7,8 per cento), mentre salgono quelle per pane da tramezzino (più 12,7 per cento), spumante charmat secco (più 7,5), ingredienti per pasticceria (più 4,5) .

Tuttavia cresce l’attenzione al benessere e si comprano più pasta integrale e farro o senza glutine, vitamine e minerali, yogurt magro, tonno naturale. Mentre al bovino si preferiscono pollo e maiale magro. Dice Tassinari: «I prodotti a marchio Coop, che stanno vendendo nel 2012 il 15 per cento in più, vanno fortissimo in particolare là dove incontrano le nuove esigenze del consumatore che vuole più attenzione all’ambiente,  più eticità, più salute». Lo confermano i dati della Coop: la linea Vivi verde, 430 prodotti a ridotto impatto ambientale, dopo aver fatturato nel 2011 il 21,6 per cento in più, tra gennaio e maggio di quest’anno ha segnato un altro più 16 per cento. E la gamma salutista Bene.Sì al più 25,6 per cento del 2011 ha aggiunto nei primi cinque mesi del 2012 un ulteriore più 28 per cento.

Muovere i consumi anche al tempo della crisi è possibile, solo che è necessario intercettare i nuovi bisogni, restare nei limiti di un prezzo davvero concorrenziale senza compromessi sulla qualità. Un altro fattore da tenere presente è l’innovazione, che si tratti di cibo, moda o elettronica. «I telefoni convenzionali e i pc sono crollati, gli unici prodotti che hanno un segno più oggi sono smartphone e tablet, che crescono del 30 per cento» conferma Bernasconi. «E poi c’è l’online, che sta sostenendo bene le vendite di notebook, stampanti, tablet e apparecchi fotografici, anche se rappresenta comunque una quota piccola del business».

Tutto in attesa che l’incubo spread si dissolva. Ma anche allora, dicono gli esperti, nulla sarà come prima. I tempi dello shopping spensierato non torneranno.

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