Al Pd fa più paura Conte, ed il suo partito, che Renzi

«Sono uniti». «No, tre sono pronti a tornare al Pd, ma aspettano». «No, tutti fermi, che stanno per tornare a chiedere il nostro aiuto». A tre giorni dal voto di maggioranza (o minoranza) al Senato che tiene in vita il governo Conte tutti, ma proprio tutti, guardano a Renzi e ai suoi senatori. Anche perché l'inchiesta che ha coinvolto il segretario dell'Udc, Cesa, ha di fatto tolto uno degli interlocutori possibili per l'avvocato del popolo a caccia di almeno una decina di voti per la sua maggioranza.

Si mormora che anche in Forza Italia non sia tutto rose e fiori ma per adesso nessuno farà nulla: è presto per muoversi. Sono tutti in attesa di un gesto, di qualcuno che perda la pazienza, di chi fa la prima mossa. Dead line mercoledì prossimo quando in Senato si voterà un documento sulla riforma della Giustizia del Ministro Bonafede, già perdonato in passato da Renzi ma che questa volta dovrà cavarsela da solo dato che Italia Viva ha già annunciato il suo voto contrario (e non l'astensione) per di più senza nemmeno aspettare di leggere il documento.

Il barometro oggi segnala un Conte in difficoltà nel far crescere i numeri della «quarta gamba» al punto da annunciare (via Bruno Tabacci) che «il rimpasto non basta. Serve un nuovo governo». Ovviamente con lui alla guida, insomma un vero e proprio Conte-Ter, certificato con tutti i dogmi e passaggio al Quirinale del caso. Un bel rischio.

Renzi da parte sua deve aver fiutato il punto a suo vantaggio e fa sapere di essere ovviamente pronto al dialogo con i partiti della vecchia maggioranza e non solo. A patto, questo lo scontato non-detto, che a Palazzo Chigi non ci siano più Conte e Casalino. E qui il dialogo si blocca. Senza la poltrona a Palazzo Chigi infatti Conte sparirebbe dalla vita politica e con un governo a guida Pd o di «emergenza nazionale» finirebbe nel dimenticatoio della gente con il conseguente addio ai sogni di gloria del suo partito dato da alcuni sondaggi addirittura sopra il Pd. Ecco, appunto, il Pd.

Si dice che alla viste delle rilevazioni di Swg che danno Conte al 16% e i Dem al 15,9% al Nazareno sia scattato l'allarme rosso. Appoggiarsi così al premier al punto da finire del tutto nel suo cono d'ombra non è ipotesi accettabile. Insomma, fa quasi più paura Conte che Renzi. Così, dall'interno, ecco che si fa largo l'idea di sacrificare il premier, fino a due giorni fa ipotesi improponibile, per portare alla nascita di un governo di unità nazionale a guida Pd con dentro Renzi, i centristi ed un pezzo di Forza Italia.

Di sicuro ancora oggi in pochissimi credono che si possa andare al voto anticipato per i due validissimi motivi di sempre: il primo sarebbe la mancata rielezione del 70% dei parlamentari di oggi, che quindi pur di non rinunciare a 12 mila euro netti al mese per i prossimi due anni e passa farebbero qualsiasi alleanza. La seconda sarebbe la chiara e facile vittoria del centrodestra che si prenderebbe pure il Quirinale. Inaccettabile per PD e grillini.

Così, alla fine, si va dove Renzi voleva. Si deve cioè tornare a bussare alla sua porta. Ma per il momento nessuno fa la prima mossa.

Mancano 4 giorni a mercoledì… Qualcuno potrebbe non resistere alle tentazioni.

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