ANGELO CARCONI/ANSA
Economia

La crisi in Italia e la recessione che ritorna

I dati dell'Istat più chiari di così non potrebbero essere: il prodotto interno lordo nel secondo trimestre è negativo dello 0,2%. È il secondo trimestre consecutivo con il segno meno dopo che tra gennaio e marzo la (de)crescita era stata pari a -0,1%. L'economia italiana non cresce. Anzi soffre terribilmente. È in recessione tecnica, come si dice in questi casi. 

La situazione fa tremare le vene nei polsi: riporta l'Istat che con la flessione registrata nel secondo trimestre dell'anno, il pil italiano è tornato, in termini reali, ai valori del secondo trimestre del 2000. Paura. Tredici anni di crescita bruciati via.

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Il calo congiunturale, sottolinea l'Istituto, è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto in tutti e tre i grandi comparti di attività economica: agricoltura, industria e servizi. Nulla si salva. E, dato ancora più grave, la sofferenza risente dell'indebolimento della domanda dall'estero.

L'unico segnale positivo è nel breve periodo e viene dalla produzione industriale che a giugno rispetto a maggio ha segnato un +0,9% mentre rispetto a un anno fa la crescita è dello 0,4%. Ma su base trimestrale, anche in questo caso, le note sono dolenti: -0,4% rispetto al trimestre precedente quando aveva segnato un +0,1%.

Pier Carlo Padoan, il ministro dell'Economia, non poteva conoscere i dati quando ha rilasciato al direttore de IlSole24Orel'intervista pubblicata questa mattina ma dai numeri in suo possesso (che in parte si sono poi rivelati devianti) aveva già potuto anticipare che la nostra economia "stenta a uscire dalla recessione" aggiungendo (ma dovrà in parte ricredersi) che "i dati su consumi e esportazioni sono moderatamente positivi. Questo fa sperare bene sul recupero di fiducia delle famiglie e conferma che c'è una fase di uscita dalla recessione che è molto faticosa perché la recessione è davvero profonda..."

E assicurando: il rapporto deficit/pil non sforerà il 3% né nel 2014 né nel 2015. E "non ci sarà bisogno di alcuna manovra aggiuntiva".

Sarà ma del cambio di rotta per ora solo qualche piccolo accenno nei dati di giugno.

A questo punto con il ritorno alla recessione è difficile essere fiduciosi. Gli effetti del bonus Irpef non si sono visti. Lo ha detto il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli, lo indicano anche i dati di Adusbef e Federconsumatori comunicati ieri . Le imprese non hanno ancora ricevuto alcun taglio delle imposte. La spending review è al palo. Anzi, i contrasti con il commissario Carlo Cottarelli degli ultimi giorni sono un indicatore chiaro del livello di tensione che c'è tra chi i tagli li annuncia (il Governo) e chi li deve poi fare (Cottarelli).

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Ma la strategia del Governo, sostiene il Ministro Padoan, non è una strategia di copertura di breve periodo ma guarda al medio-lungo termine. È "strutturale". Non servono misure spot, servono misure che cambino radicalmente istituzioni, processi decisionali e la struttura stessa della spesa pubblica. In questo senso, dunque, non bisogna dimenticare che il "bonus Irpef riguarda 11 milioni di persone ed è permanente" spiega il Ministro, "tra le riforme è fondamentale includere quelle istituzionali ... perché hanno un impatto molto importante sul funzionamento dell'economia" motivando così il perché della priorità alla riforma del Senato piuttosto che ad altri provvedimenti come la riforma fiscale, o quella del lavoro o quella della pubblica amministrazione (che sono comunque "in via di realizzazione... per vederne i benefici reali bisogna attendere il medio periodo").

E il debito? Per abbatterlo, o meglio per alzare il pil la via delle privatizzazioni è quella su cui Padoan punta maggiormente: "è quella che stiamo seguendo con maggiore determinazione" dice a IlSole24Ore. "Stiamo parlando di Poste, di Enav, di Ferrovie dello Stato". Ma la via maestra è solo una, aggiunge: la crescita.

Peccato che in Italia non se ne veda nemmeno l'ombra.

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