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Economia

La crisi del rublo per la popolazione russa

I mercati vincono. Sempre. Anche in Russia, dove persino un presidente-zar onnipotente e senza scrupoli come Vladimir Putin non è riuscito a fermare l'improvviso (ma abbondantemente previsto) collasso del rublo. Nelle ultime tre settimane la valuta nazionale russa ha perso il 40 per cento del suo valore rispetto al dollaro. Il 15 per cento tra l'inizio della settimana e oggi: il rialzo del tasso di interesse di riferimento dal 10,5 al 17 per cento pensato per salvare il rublo e convincere gli investitori a non abbandonare il paese approvato all'inizio della settimana non ha ottenuto alcun effetto.

La progressiva diminuzione del prezzo del petrolio al barile sommata all'effetto delle sanzioni con cui l'Occidente ha scelto di punire l'aggressività russa in Ucraina hanno fatto precipitare il paese in un tunnel che ha come unico sbocco la recessione

I motivi della corsa agli acquisti

La popolazione è impazzita. Ormai dovrebbero averlo capito tutti che Putin non è in grado di sistemare le cose, e per evitare il peggio, vale a dire che i risparmi vengano polverizzati da svalutazione e inflazione, si assaltano le banche e si acquista di tutto, dai beni di prima necessità alle automobili, dagli abiti all'arredamento, senza dimenticare la valuta straniera.

Ora dopo ora aumentano gli scaffali vuoti dei centri commerciali, e prima della fine della settimana anche tanti concessionari potrebbero rimanere senza nulla (o quasi) da vendere. Questo perché i loro distributori hanno smesso di rifornirli, e i potenziali clienti potrebbero smettere di comprare se le tariffe fossero nuovamente ritoccate verso l'alto. Quando brand come Ikea e Apple hanno annunciato un aggiustamento dei prezzi dei vari prodotti per allinearli al nuovo valore del rublo, file interminabili si sono materializzate nella maggior parte dei punti vendita del paese. Il re di iPhone e iPad è stato addirittura costretto a sospendere le vendite online per l'eccessivo numero di richieste ricevute. 

Le conseguenze del collasso del rublo

La situazione è gravissima: se la corsa al rublo non verrà fermata, il sistema finanziario del paese crollerà. Il vero problema è che la maggior parte della popolazione una situazione simile l'ha già vissuta. Nel 1998, quando la crisi finanziaria che aveva colpito l'Asia un anno prima iniziò a diffondersi nel resto del mondo, la Russia non aveva ancora finito di affrontare le difficoltà politiche, sociali ed economiche legate al crollo dell'URSS. "Industria e servizi erano allo sfascio, i capitali fuggivano all'estero, e il prezzo dell'unica fonte di introiti rimasta ala Russia, l'energia, scendeva drasticamente". Per evitare il crollo del rublo il Cremlino ne legò il valore al dollaro, anche se in maniera semi-rigida. Quando però non fu più in grado di mantenere la valuta nazionale all'interno della fascia prestabilita, quest'ultima venne svalutata e i risparmi dell'intera nazione si volatilizzarono. L'inflazione raggiunse il valore record dell'84 per cento, il prezzo dei generi alimentari raddoppiò, tanti stipendi non vennero più pagati, e il 30 per cento del paese si ritrovò povero. 

Allora fu necessario ricorrere all'intervento dell'esercito (guidato da Putin, nominato dall'allora presidente Boris Yeltsin capo dei Servizi di Sicurezza Federali) per ripristinare l'ordine. Oggi la popolazione dice di voler comprare beni durevoli proprio per evitare di vedere le proprie risorse volatilizzarsi. Ma così facendo rischia di auto-costringersi a uno scambio di beni simile a quello di un'economia di baratto.  

Svalutazione e propaganda

Non si contano gli annunci e le previsioni secondo cui "se si riuscisse a evitare il collasso delle banche e recuperare la fiducia degli investitori, allora...", oppure "la perdita di valore del rublo è temporanea, e il governo ha già approvato un piano per ristabilizzare il valore della valuta nazionale, ma bisognerà fare qualche sacrificio per metterlo in pratica". Ma questo collasso improvviso ha tolto credibilità a qualsiasi messaggio di propaganda. Se poi Barack Obama chiudesse davvero la settimana approvando nuove sanzioni contro la Russia, Putin sarebbe spacciato. Il problema è che con lui cadrebbe l'intero paese. Se così fosse, saranno in tanti a pagare un prezzo troppo alto per l'aggressività di Putin, in Russia ma anche in Occidente, dove prima o poi bisognerà iniziare a pensare da un lato a come gestire l'esposizione nei confronti di Mosca (Francia  Italia, ad esempio, vantano, rispettivamente, crediti per 42,7 e 27,6 miliardi di dollari). Dall'altro a come aiutare quello che nel frattempo sarà diventato un ex feudo di Putin a rimettersi in piedi

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