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Economia

Come la crisi del rublo può contagiare le banche italiane

La Russia fa paura non solo ai russi, ma anche alle banche italiane e francesi. Sono infatti di questi due Paesi gli istituti di credito più esposti verso la Federazione. Più peggiora la situazione a Mosca e dintorni, più i colossi bancari di Roma e Parigi ballano. In particolare, UniCredit e Intesa Sanpaolo in Italia e Société Générale e Crédit Agricole in Francia stanno guardando con attenzione le notizie che arrivano dalle steppe russe. Se dovesse finire a gambe all’aria una banca russa, per mancanza di liquidità o altre ragioni, il contagio potrebbe arrivare anche nell’eurozona. 

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L’esposizione

I dati della Banca dei regolamenti internazionali (Bri) sono relativi allo scorso giugno. Ma sono in ogni caso un buon parametro per capire il grado di interconnessione fra il sistema bancario della Federazione Russa e quello dell’area euro. Secondo la Bri gli istituti di credito francesi sono i più esposti alla Russia, con 50,6 miliardi di dollari. Al secondo posto l’Italia, con circa 29 miliardi di dollari. Al terzo, per quanto riguarda la zona euro, troviamo le banche tedesche, con 21,5 miliardi di dollari. Volgendo invece lo sguardo al resto del mondo, gli istituti statunitensi sono esposti per 23,7 miliardi di dollari, mentre quelli giapponesi per 19,2 miliardi. 

La posizione di UniCredit

Secondo quanto emerge dai dati societari, UniCredit è la banca italiana più presente nel Paese, tramite ZAO UniCredit Bank. Ha quasi 110 filiali, 38 delle quali a Mosca e 15 a San Pietroburgo, le due città regine per il business nella Federazione Russa. UniCredit è un colosso nel Paese, dato che si trova in nona posizione fra le istituzioni finanziarie in termini di attivi ed è il primo soggetto fra gli stranieri, forte di un milione e mezzo di clienti retail e oltre 31.000 clienti corporate. Guardando più al peso nel bilancio consolidato, UniCredit ha in Russia circa 14 miliardi di euro in impieghi e la controllata russa produce circa 7% dell’utile operativo, secondo quanto si può osservare leggendo i dati relativi al primo trimestre del 2014.

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La posizione di Intesa Sanpaolo

Non è da meno Intesa Sanpaolo, con circa 70 filiali in tutto il Paese, tramite la controllata nata dalla fusione di ZAO Banca Intesa e KMB Bank, avvenuta nel 2010. Presente da oltre 40 anni nei territori russi - nel 1973 fu aperto l’ufficio di rappresentanza a Mosca della Comit - il gruppo ha concluso significative operazioni di credito con tutti i colossi dell’energia, da Gazprom a Rosneft passando per Lukoil, e con i big player del sistema bancario, come Sberbank, VTB, Vnesheconombank e Gazprombank. Per il gruppo, le sanzioni economiche verso la Russia imposte da UE e USA hanno avuto effetti negativi. Lo ha ricordato nello scorso settembre Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia, il quale senza giri di parole disse che l’assetto sanzionatorio non serviva. "Dobbiamo smettere di mostrare i muscoli e smetterla con le sanzioni in un’escalation che potrebbe portare alla terza guerra mondiale", disse Fallico.

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I problemi in Russia

Cosa significa questa girandola di numeri? Ieri Pavel Laberko, capo della divisione Russian Equities di Union Bancaire Privée, ha parlato proprio di rischi per gli istituti di credito russi. “Le banche locali saranno le prime a subire il colpo. Ora, possiamo aspettarci di sentire sempre più notizie su istituti di credito russi non in grado di continuare la propria attività”, ha detto Laberko. Se una banca russa, operante giornalmente con una banca italiana o francese su swap di liquidità o repurchase agreement (pronti contro termine), si trovasse nella condizione di non onorare il proprio debito, il contagio sarebbe veloce e intenso. Basti ricordare cosa successe quando crollò Lehman Brothers, la quarta banca americana finita al tappeto il 15 settembre 2008. Una crisi di liquidità, complice l’isolamento del rublo e la poca efficacia delle mosse della Banca centrale russa per contrastare la sua caduta, è uno scenario non così remoto.

Cosa attendersi

Una settimana fa il numero uno di Sberbank, German Gref, ha parlato di “enormi problemi di liquidità” per le banche russe. Gref, che è a capo del più importante istituto della Federazione Russa, non è andato per il sottile: “Noi tutti abbiamo una massiccia dislocazione di liquidità, che sta andando fuori dai confini territoriali russi, e siamo tutti esposti negativamente contro la banca centrale, contro cui siamo corti del 13 per cento”. Vale a dire che gli istituti bancari del Paese già ora potrebbero non essere in grado di ripagare i crediti a breve termine erogati dalla banca centrale. E come ha ricordato la banca nipponica Nomura, “se il prezzo del petrolio continua a calare, anche il rublo continuerà la sua discesa, così come la liquidità presente nel sistema russo.

Le ripercussioni potrebbero essere rilevanti”. Già ora, dati i movimenti così ampi sul cross rublo-dollaro, è facile intuire che anche i cittadini russi stanno iniziando a comprare la divisa statunitense, in modo da proteggersi contro il deprezzamento della divisa russa. Un fenomeno che potrebbe accelerare la crisi di liquidità nella Federazione Russa. 

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