Politica
February 15 2022
Lunedì scorso, la fondazione Farefuturo ha presentato il suo nuovo corso formativo “Le sfide per la democrazia post-pandemica”. Panorama ha quindi deciso di intervistare il suo presidente, Adolfo Urso, che – oltre a presiedere il Copasir – è senatore di Fratelli d’Italia. Con lui abbiamo parlato delle attività della fondazione, per dare inoltre uno sguardo alla crisi ucraina.
Presidente Urso, lunedì la fondazione Farefuturo ha presentato il suo nuovo corso formativo “Le sfide per la democrazia post-pandemica”. Perché la scelta di questo tema e perché la necessità di questo corso?
La pandemia ha rappresentato un punto di svolta, un’accelerazione della storia sia per quanto riguarda l’interdipendenza dei problemi sia per quanto riguarda la gestione diretta del fenomeno, che ha messo in discussione alcuni valori fondamentali della civiltà occidentale: si pensi solo al bisogno di sicurezza, con i decreti che impongono il distanziamento sociale e il telelavoro, limitando le libertà fondamentali dei cittadini. In tutto questo, la classe dirigente (non solo in Italia ma anche in tutto l’Occidente) è apparsa in difficoltà nell’assumere decisioni, al punto tale che – per esempio – si è rivolta ai tecnici, facendo discendere le proprie decisioni da quello che dicevano costoro. Questo ci ha condotto alla decisione di realizzare un nuovo corso di formazione sulle sfide per la democrazia nell’epoca post-pandemica, che mette al centro la questione della competenza della classe dirigente. Non a caso, abbiamo deciso di scegliere dei docenti non per la loro appartenenza culturale e politica, ma solo per la loro specifica ed inequivocabile competenza.
Prosegua.
Abbiamo ritenuto di applicare questo criterio, tanto più a fronte di una legislatura dominata da una forza politica che propugnava “l’uno vale uno” e il cui leader giungeva a proporre l’elezione dei parlamentari per sorteggio. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: siamo giunti per contrappeso al cosiddetto “governo dei migliori”, almeno questa era la aspirazione. Un paradosso, ovviamente. Competenza e merito sono fondamentali non solo per la classe dirigente politica, ma anche economica, professionale e scientifica: in ogni consesso in cui si prendono le decisioni, tanto più oggi in cui ogni fattore è interconnesso e vi è una accelerazione nella evoluzione scientifica e tecnologica che impone una pluralità di conoscenze per decidere e prevedere. Quindi per il nostro corso, abbiamo scelto dieci dicotomie (da quella destra-sinistra a quella Oriente-Occidente) e abbiamo chiamato a parlarne docenti di comprovata professionalità. Insieme a loro abbiamo selezionato 100 studenti sulla base dei loro curricula, per garantire una più efficace interlocuzione tra studenti e docenti. L’ultima sessione del corso sarà in presenza, per questo l’abbiamo collocata sostanzialmente ai primi di luglio, quando contiamo che si possa appunto svolgere senza restrizioni.
La fondazione Farefuturo è inserita in un network internazionale piuttosto importante. Me ne può parlare?
Nella seconda metà dello scorso anno, abbiamo tenuto due eventi di carattere internazionale con il think tank americano IRI e con altre fondazioni europee, con la partecipazione di parlamentari conservatori, liberali e popolari di Paesi europei. Uno riguardava la riforma della Nato dopo l’improvvida ritirata dall’Afghanistan, il secondo nella specifico il ruolo che occorre svolgere nel “Mediterraneo allargato” anche a tutela dei nostri prioritari interessi nazionali. Nelle prossime settimane abbiano altri due meeting internazionali, sempre in collaborazione con l’Iri e altre fondazioni europee: uno, a metà marzo, riguarderà la Difesa comune, europea e atlantica, anche alla luce di quanto sta accadendo in Europa Orientale; l’altra sarà la presentazione di un rapporto internazionale sul valore della democrazia in 55 nazioni. Oggi vi è un confronto in atto tra democrazie occidentali e sistemi autoritari e l’Italia è per molti versi una terra di frontiera. Di qui la nostra attenzione alla attività internazionale come alla formazione politica.
Citava la situazione in Europa orientale. Quale ruolo può svolgere in concreto l’Italia, secondo lei, nella crisi ucraina?
Il Copasir che presiedo ha affrontato la questione anche nell’ultima relazione annuale al parlamento appena approvata, evidenziando la gravità della situazione, e anche nella precedente relazione sulla sicurezza energetica, laddove denunciavamo la dipendenza del Paese dal gas russo, che in gran parte passa proprio dall’Ucraina, proponendo anche la realizzazione di un piano per la sicurezza energetica con l’obiettivo di garantire l’autonomia del Paese. L’Italia può e deve svolgere comunque un ruolo attivo e propositivo per evitare un conflitto drammatico nella nostra Europa; deve agire, insieme a Francia e Germania, facendo leva anche sui consolidati rapporti storici, culturali ed economici con la Russia. Siamo tutti convinti che l’unica soluzione sia quella diplomatica, quindi dialogo ma anche fermezza, a tutela dei diritti di libertà e di indipendenza che sono a fondamento della nostra civiltà. Oggi è necessario più che mai che l’Unione Europea esprima davvero una comune politica estera, senza infingimenti, nel quadro della Alleanza Atlantica, avendo ben presente quale sia la sfida in palio.
Lei citava anche le ripercussioni nel campo energetico.
Senz’altro e sono già evidenti nella impennata dei prezzi dell’energia così come nella imprevista crescita dell’inflazione. Fattori che mettono seriamente a rischio la nostra possibilità di ripresa e la stessa attuazione del PNRR. Tanto più gravi potrebbero essere le conseguenze economiche e produttive se il conflitto si acuisce. La guerra nel Donbass ha già provocato 14 mila morti: bambini, donne, anziani, non soltanto militari. Un nuovo è più vasto conflitto avrebbe drammatiche conseguenze, innanzi tutto per quelle popolazioni che guardano e sperano in noi. Non bisogna rassegnarsi mai alla guerra. È nostro dovere fare ogni sforzo per evitarla.