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Com'è crudele il gabbiano Jonathan Livingstone

All’Angelus il papa libera due colombe di pace. Un gabbiano ne attacca una, la uccide e la divora sotto gli occhi di tutti. I giornali non avevano tutti i torti quando interpretarono questa spiacevole vicenda, accaduta nel Gennaio 2014, in termini di presagi.

Quello era il segnale dell’invasione delle città da parte di una specie, quella dei gabbiani reali, abituata fino a pochi anni fa a vivere nelle scogliere o lungo i fiumi. Scene come quelle, o altre da film di Hitchcock come i furti di panini e gelati dalle mani dei passanti, sono ormai sotto gli occhi di molti. Tanto che uno si chiede se per caso i gabbiani non stiano diventando presenze familiari nelle nostre città, come lo erano i piccioni. “Erano”, perché questi ultimi sembrano subire una grande pressione ecologica da parte dei primi.

Per non lasciarci guidare dalle impressioni è meglio consultare i dati raccolti sul campo in 44 città dai ricercatori. Emerge che la popolazione dei gabbiani negli ultimi anni è cresciuta rapidamente, in alcuni centri fino al 10 per cento all’anno. Se invece si guardano agli ultimi trenta anni si scopre che si arriva a percentuali di crescita fino al 5500 per cento, come è il caso di Pisa.

Marco Dinetti, responsabile di ecologia urbana della Lipu, dice: «A Livorno abbiamo raggiunto le 382 coppie nidificanti nel 2013 e adesso se ne possono ipotizzare circa 500; a Pisa siamo passati da 2 coppie degli anni ‘90 alle 112 coppie di oggi; e mettendo insieme le varie informazioni emerge che a Trieste si è passati dalle 15-20 coppie del 1988, alle 53 del 1991, alle 520 del 2014, con previsioni di ulteriore crescita; a Salerno siamo passati dalle 5 del 2005, alle 28 del 2012, alle circa 50 stimate di oggi. Dal Mar Ligure al Mar Tirreno (in particolare La Spezia, Livorno e Napoli), dalla Sicilia alla Sardegna (Palermo, Trapani e Cagliari) e lungo la costa Adriatica centro settentrionale (Ancona, Cesenatico e Venezia) gli aumenti nelle città costiere sono dello stesso ordine di grandezza. Ma, ed è ciò che colpisce di più, vi sono casi di nidificazione in aree urbane interne e lontane dal mare, come Bolzano, Torino, Cuneo, Cremona, Lucca, Firenze».

A Sesto Fiorentino altri ricercatori hanno contato circa 50 coppie nidificanti. «I motivi del successo del gabbiano reale si devono al fatto che è una specie onnivora e molto adattabile» spiega Dinetti «e agli umani “spreconi” che buttano via da un terzo alla metà della produzione alimentare».  Per dare un’idea dell’ampiezza del fenomeno bisogna immaginare che, visto che ogni coppia depone di norma due o tre uova, 520 coppie in una città relativamente piccola come Trieste significano in certi periodi circa 1300 giovani individui che devono essere nutriti.

Questi numeri si notano particolarmente in certe zone abitate: per esempio, nel centro di Lucca i gabbiani sono diventati una presenza ricorrente al posto di taccole e piccioni. L’ornitologo Maurizio Fraissinet, che ha effettuato misurazioni in Campania, dice:« I tassi di incremento attuali sono tipici dei processi di colonizzazione di nuovi ambienti, durante i quali le popolazioni crescono molto rapidamente per poi, eventualmente stabilizzarsi.

A Trieste dal 2002 al 2004 l’incremento è stato di circa il dieci per cento e a Napoli del 22 per cento dal 1990 al 2014. Lì c’erano 14 coppie nel 1990, diventate 30 nel 2014 , e ora si stima una popolazione di 350 coppie. A Portici c’erano due coppie nel 1990, 30 nel 2014 e se ne stimano oggi circa 500 per la vasta area urbanizzata che comprende anche il capoluogo partenopeo, a Venezia 22 nel 2003 e 60 nel 2014, a Genova 1 coppia nel 1986 e 78 nel 2014».

Roma, per l’ampiezza del fenomeno costituisce un caso a sé. Bruno Cignini, professore al Dipartimento di Biologia dell’Università di Roma “Tor Vergata”, afferma che dal 1971, anno nel quale vi era una sola coppia, siamo arrivati ad una popolazione stimata dell’ordine di 4mila coppie nidificanti, ovvero ottomila individui ai quali bisogna aggiungere i piccoli (2-3 per ogni coppia) che, prima diventare maturi, impiegano tre anni.

La testimonianza di Cignini è importante per capire come evolve un fenomeno di questo tipo e individuarne le ragioni:« Nel 1971 il fondatore del WWF Fulco Pratesi trovò una gabbiana con un’ala ferita e la portò al giardino zoologico di Roma. A quel tempo i gabbiani nidificavano solo nelle coste e a volte risalivano il Tevere per cercare cibo, facendo sporadiche puntate anche in quel giardino.

Uno di loro si accoppiò con la gabbiana ferita e i piccoli, una volta cresciuti, costruirono i loro nidi nella zona. Questi gabbiani, e i loro discendenti, non avevano predatori, raggiungevano facilmente il Tevere e la discarica di Malagrotta (poi chiusa nel 2013) dove vi era abbondanza di cibo».

Il punto della questione è che il gabbiano è una specie estremamente adattabile: si nutre di pesce, ma in città all’occorrenza si adatta mangiando rifiuti o catturando prede. «Questa estrema adattabilità si nota anche nell’evoluzione dei comportamenti. Le scene di gabbiani che mangiano piccioni si vedono di frequente a Roma. Ma ultimamente si notano anche altri comportamenti, per esempio uno o due individui sostano vicino quello che è ormai divenuto il “loro” cassonetto e aspettano l’occasione giusta per nutrirsi.

Accade anche che rubino panini e gelati ai passanti, tanto che in un caffè molto frequentato in una terrazza panoramica in cima al Campidoglio c’è un cartello che avverte i clienti del rischio. Infine, nei periodi in cui gli storni a migliaia sostano negli alberi di Roma i gabbiani si appostano nelle vicinanze attendendo il momento propizio per catturarne uno». L’unica specie presente in città in grado di dare fastidio al gabbiano è la cornacchia grigia.

«Come tutti i corvidi, è di un’intelligenza spiccata: a volte si posiziona vicino a un nido di gabbiani e attende anche per ore e ore che vi sia un errore nella sincronizzazione tra la femmina e il maschio che si danno il cambio nella cova. Appena il nido è incustodito, anche per pochi secondi, si leva in volo e mangia le uova » conclude Cignini.

Fraissinet ha studiato la dieta di gabbiani paragonando popolazioni nidificanti negli edifici dentro la città di Napoli con altre che nidificano nelle coste limitrofe. Risultato: le coppie urbane hanno una dieta costituita per l’80 per cento da colombi e un restante 20 per cento da rifiuti e pochissimo pesce. Al contrario, la dieta delle coppie in ambiente naturali è per l’80 per cento pesce e un restante 20 per cento piccioni e uccelli migratori. «Ne concludo che la pressione ecologica sulla popolazione dei piccioni è molto forte e ne sta causando un forte contenimento e perfino declino in alcuni casi» dice Fraissinet.

Cignini concorda affermando che nel caso di Roma il contenimento della popolazione di piccioni è evidente. Dinetti invece ritiene prematuro generalizzare le relazioni tra l’aumento del gabbiano reale e la demografia dei piccioni: «Quello che sappiamo è che le popolazioni dei piccioni in Europa stanno mostrando una tendenza complessiva alla stabilità.Avrebbero quindi raggiunto la capacità portante dell’ambiente».

Secondo Ester Papa, biologa e manager di Rentokil Italia, negli ultimi anni sono aumentate le richieste di intervento per i gabbiani, specialmente nel nord-ovest della penisola. «Nel 2018 c’è stato un incremento del 25% sulle richieste in arrivo dal nostro sito web rispetto all’anno precedente. Per contrastare la proliferazione di questi volatili consigliamo di installare barriere antintrusione per i pannelli dell’impianto fotovoltaico, impianti elettrificati e reti anti-volatili»

Le città sono ecosistemi meno complessi di quelli naturali dove l’equilibrio (la cosiddetta catena trofica) è più facilmente raggiunto. I gabbiani possono provocare l’estinzione locale di uccelli di dimensione minore e quindi impoverire la biodiversità.

Tra i problemi ci sono anche quelli della convivenza tra gabbiani e esseri umani. Quando una coppia nidifica vicino ad un terrazzo percepisce le persone che lo frequentano come potenziali nemici, e quindi i genitori gabbiani fanno di tutto per proteggere la prole e allontanare gli “intrusi

Sugli aspetti positivi della presenza dei gabbiani abbiamo taciuto. A quello ci ha pensato la letteratura eleggendoli a metafora di libertà. "Al vero gabbiano Jonathan, che vive nel profondo di noi" era la dedica Richard Bach nel suo libro il Gabbiano Jonathan Livingston. C’è un po’ di loro perfino dentro noi stessi.




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