Economia
February 10 2016
E' passato poco più di un anno da quando il Presidente americano Barack Obama e il suo omologo cubano Raul Castro hanno deciso di normalizzare le relazioni politiche e diplomatiche tra i due paesi. Nella stessa occasione i rappresentanti dei due paesi si erano espressi a favore della cancellazione dell'embargo commerciale, economico e finanziario importo dopo la rivoluzione castrista degli anni '50 ma su questo punto il Congresso statunitense tarda ad esprimersi.
Eppure, come spiega il quotidiano britannico The Guardian, da quando Cuba ha smesso di essere considerato uno stato paria, l'atmosfera sull'isola è decisamente cambiata, e molti imprenditori a caccia di opportunità l'hanno presa di mira nella speranza di potersi dividere una torta che appare oggi particolarmente appetitosa prima che la concorrenza induca L'Avana a dividerla in fette troppo piccole.
Chi fa affari a Cuba
Il disgelo degli ultimi mesi ha creato ottime opportunità soprattutto per i cubani, e non solo per i pochi che possono permettersi di investire nel paese, ma anche, per fortuna, per la gente comune. Allo stesso tempo, approfittando dei buchi di una normativa in via di ridefinizione, anche gli stranieri, in virtù della rinnovata fiducia nel futuro del paese, hanno iniziato a guardare a Cuba come a una fonte (quasi) inesauribile di occasioni e profitti.
I settori in cui vale la pena investire
Il vero problema (o la grande fortuna, dipende dai punti di vista) di Cuba è che sta ripartendo da zero. Ecco perché, al momento, i settori che tirano di più sono infrastrutture e trasporti. Vista l'impennata di turisti registrata negli ultimi 12 mesi, il paese ha capito che per accoglierli, e trarre il massimo vantaggio dalla loro presenza, deve assolutamente costruire strutture in cui ospitarli e intrattenerli e potenziare la rete di servizi e trasporti nazionale.
Turismo e sviluppo economico
Dai due milioni e mezzo del 2011, Cuba ha ospitato tre milioni di turisti nel 2014, e secondo stime del Fondo Monetario Internazionale dovrebbe arrivare a quota 10mila appena gli Stati Uniti si decideranno a cancellare l'embargo. I nuovi visitatori arrivano soprattutto da Canada, Germania, Inghilterra, Italia, Argentina, Venezuela, Perù e, naturalmente, Stati Uniti, ma è evidente che l'isola, che conta poco più di 11 milioni di abitanti, non può riuscire da sola e in tempi così rapidi a costruire un numero di strutture sufficienti a gestire un flusso turistico così importante.
Al momento in prima linea ci sono principalmente aziende locali, ma anche costruttori inglesi e brasiliani sono particolarmente attivi a L'Avana. Quelli americani, invece, stanno aspettando che il Congresso dia loro l'OK definitivo per partecipare a questa fruttuosa rivoluzione. Gli edifici fatiscenti che hanno sempre contraddistinto Cuna stanno via via scomparendo, e la popolazione locale, anche se spesso viene costretta a trasferirsi altrove per lasciare spazio ad alberghi, ristoranti e centri commerciali lussuosi, ammette di essere contenta perché gli effetti del turismo a livello di sviluppo e ricchezza individuale sono già evidenti.
Camerieri, commessi, tassisti e guidatori di risciò, solo per citare alcune categorie di lavoratori, dicono di essere più che soddisfatti del lavoro extra portato dai turisti, che tra l'altro nella maggior parte dei casi sono particolarmente generosi anche con le mance.
Trasporti e commercio
Turismo e costruzioni dovrebbero già nel medio periodo dare una scossa forte anche al settore commerciale. Le restrizioni sono ancora tante, ma è evidente che tra materiali, oggettistica, abbigliamento e alimentari una soluzione andrà trovata. Immaginando che il paese non avesse una rete di trasporti sufficiente a gestire questa impennata di importazioni, le autorità locali hanno deciso di potenziare il porto di L'Avana, investendo 900mila dollari nella costruzione (con l'aiuto di una società brasiliana) di un nuovo scalo a ovest della capitale. Ai tempi degli spagnoli Cuba rappresentava il crocevia del traffico commerciale sudamericano, e il paese spera oggi di riuscire a riconquistare lo status perduto.
Il rischio speculazione
Un boom così intenso e rapido non può non nascondere qualche rischio. Oggi si costruisce per far fronte a una domanda di servizi reale, ma le aspettative sul futuro e la voglia di profitti facili potrebbero indurre costruttori locali e stranieri a investire molto di più di quanto ci sia realmente bisogno, correndo così il rischio di creare una bolla speculativa. Chi conosce Cuba sostiene che questo rischio possa essere evitato grazie alle lungaggini burocratiche locali, ma forse è arrivato il momento di iniziare a pianificare per bene il futuro dell'isola prima che l'entusiasmo post-distensione finisca col creare i prodromi di un nuovo fallimento.