Calcio
February 01 2022
Nel mezzo della bufera e con davanti una stagione di sfide, a partire dal ritorno alla normalista dopo lo tsunami del Covid, la Serie A italiana si trova senza guida. Le dimissioni del presidente della Lega, Paolo Dal Pino, decapitano la governance del palazzo dei proprietari del pallone. Arrivano a sorpresa per la tempistica dell'annuncio, ma i segnali del logoramento del rapporto c'erano da tempo e gli ultimi fronti aperti tra gli uffici di via Rosellini e la Federcalcio possono aver contribuito ad accelerare la volontà del manager di salutare. Ufficialmente il motivo è la scelta di trasferire famiglia e interessi professionali negli Stati Uniti, presa nelle ultime settimane e poi confermata per iscritto alle società della Serie A che hanno scoperto di essere rimaste senza presidente di Lega nelle ore dello scontro interno sul rischio commissariamento da parte della Figc.
Che il clima fosse teso, però, si comprende anche leggendo quelle righe; una sorta di rivendicazione di quanto fatto nei due anni da presidente, successi e sconfitte anche clamorose. Da inizio gennaio Dal Pino era pronto all'addio, rimandato per spirito di servizio per cercare di traghettare la Serie A fuori dall'ultima emergenza legata alle restrizioni nelle capienze degli stadi, difficile trattativa con il governo dopo la decisione presa di ridurre a 5.000 spettatori gli ingressi per rispondere allo stimolo del premier Draghi ed evitare provvedimenti calati dall'alto.
Dal Pino, scelto nel gennaio del 2020 anche e soprattutto il suo grande passato nelle telco, ha ricordato ai club di essere stato il motore del rinnovamento nel collocare la Lega Serie A sul mercato come media company, creando le condizioni per un futuro da produttori diretti del proprio spettacolo sul modello delle leghe professionistiche più avanzate. E' nato per questo l'IBC alle porte di Milano, centro di produzione televisiva e casa degli arbitri con una delle Var Room più tecnologicamente all'avanguardia del mondo. Su questo progetto la Serie A lo ha seguito.
Sull'apertura ai fondi di investimento, cuore della grande battaglia della primavera dello scorso anno, no. "Ho provato a proporre idee e innovazione in un contesto resistente al cambiamento" ha scritto il dimissionario Dal Pino, salutando la compagnia. Contesto resistente al cambiamento rappresentato alla perfezione anche dall'ultima battaglia interna ed esterna su Statuto e governance che ha spaccato in due i club mostrando all'esterno una debolezza strutturale impossibile da correggere. Non è un caso che Dal Pino abbia dedicato un pensiero proprio al numero uno della Federcalcio, Gabriele Gravina, definito "gentiluomo, amante di questo sport e guida ispirata" e allo stesso tempo abbia ricordato ai suoi ex amministrati come la ricetta da lui proposta per trascinare il pallone italiano fuori dalle secche della crisi economica sia stata poi messa in pratica altrove.
L'addio di Dal Pino apre a una stagione di tensioni perché la Serie A dovrà darsi, in fretta, un altro presidente. Accade nel momento peggiore possibile, con la guerra intrapresa per avere qualche sostegno economico dal Governo (che però continua a chiedere in cambio riforme) e lo strappo da ricucire con la federazione. Dal Pino, insieme all'amministratore delegato De Siervo, ha rappresentato il tentativo dei padroni del pallone di darsi una governance di spessore manageriale, pescando dal mercato per provare a cogliere la sfida del cambiamento. Due anni dopo è finita con una scelta personale di abbandonare e non pochi sassolini tolti dalle scarpe.