Economia
November 15 2017
Il duello fra Consob e Bankitalia su chi sia responsabile delle omissioni peggiori nelle vicende del credito degli ultimi anni svoltosi di fronte all'apposita Commissione in Parlamento rischia di oscurare il dato più importante di questa vicenda: il tradimento delle più elementari norme di lealtà verso i risparmiatori da parte dei vertici e dei manager di alcune delle banche fallite.
Le risultanze dell’istruttoria della Consob completata nel 2016 su Veneto Banca, acquisita dalla Procura di Roma e consegnata alla Commissione dall'associazione di risparmiatori Ezzelino III, arricchiscono notevolmente i contorni di una vicenda di cui Panorama.it si è già occupato varie volte.
La spregiudicatezza con cui si raccoglievano gli ordini delle azioni dalla clientela e l’arbitrio con cui la banca ha gestito il traffico di titoli (non negoziabili in borsa) comprati e venduti, lasciano senza parole. A guardar bene non c’è critica più severa di questa verso la stessa Consob e la Banca d’Italia che quelle pratiche abnormi, e altre, hanno lasciato andare avanti per anni.
Emerge dalla relazione degli ispettori della Consob che in particolare in occasione dell’aumento di capitale del 2014, Veneto Banca ha dato vita a un modello standard di violazione delle procedure stabilite a tutela dei risparmiatori.
Per poter attribuire ai clienti un profilo di rischio apparentemente adeguato all’acquisto delle proprie azioni, la banca avrebbe costruito una sorta di algoritmo della forzatura (se non vogliamo chiamarla proprio falsificazione) dei questionari in cui, sono parole della Consob, "i punteggi attribuiti alle risposte sono solo numeri positivi e possono solo essere sommati; non è possibile introdurre domande di verifica; non è possibile utilizzare fattori correttivi; non è possibile introdurre if logici".
Per una valutazione ancora più esplicita, la Commissione nazionale per la Borsa rimanda a quel che gli stessi funzionari della Compliance della banca hanno raccontato nei colloqui con i suoi ispettori, ossia che "il sistema di pesatura delle risposte alle domande sul rischio di mercato permette implicitamente di eseguire un aggiustamento dei profili di rischio verso l’alto".
È proprio grazie a questo «aggiustamento» che si sono ottenute percentuali di propensione al rischio a dir poco anomale per una platea di persone fisiche: 81 per cento con esperienza e conoscenza dei mercati pari o superiore a 3 in una scala crescente composta da 4 livelli; 89 per cento con una propensione al rischio di mercato pari o superiore a 4 su 6; 75 per cento con un holding period (il periodo di mantenimento dei titoli, direttamente proporzionale alla propensione al rischio) pari o superiore a 3 su 4 livelli.
A completare il quadro c’è la spregiudicatezza della banca nel giostrare le azioni ormai divenute pericolosissime fra i diversi clienti, salvandone alcuni (attraverso la rapida vendita dei loro titoli al massimo del valore) e condannandone altri (a cui non è stato consentito di liquidarli nonostante avessero presentato richiesta prima degli altri).
A questo proposito una vera e propria «chicca» è emersa in seguito alla domanda della senatrice del movimento Riscossa Italia, Paola De Pin sull’esistenza o meno della più volte evocata lista della Consob in base alla quale sia Veneto Banca che Popolare di Vicenza avrebbero rimborsato il 50 per cento delle perdite ad alcune centinaia di fortunati azionisti.
La Consob ha risposto che una lista del genere non è mai esistita. Dal che si deduce che a salvare e a condannare sono stati ancora una volta i vertici delle banche in base a criteri che nessuno conosce.
I contenuti di questo documento sono ormai a conoscenza del Parlamento e dunque pubblici.
Chi potrà ancora sostenere che gli azionisti della banca veneta che hanno visto azzerati i loro risparmi siano investitori incauti responsabili di aver assunto rischi eccessivi e non invece cittadini truffati?