Economia
November 04 2019
“Bisogna capire che nessuno verrà mai a investire in Italia, se ogni governo che arriva poi cambia le leggi in maniera retroattiva, cambia i contratti e non sta ai patti”. Indovinate di chi si parla? Di Ilva? No, sono le parole dell’ex ministro dell’Economia, Giovanni Tria a proposito della Tav, la ferrovia ad alta velocità Torino-Lione, che è stata a rischio per mesi a causa dei Cinquestelle capitanati da Luigi Di Maio. Per fortuna il pericolo di uno stop alla grande infrastruttura è stato scongiurato, ma ora in bilico è l’Ilva di Taranto. Ed è sempre a causa di Di Maio se l’Arcelor Mittal, il più grande gruppo siderurgico al mondo, minaccia di andarsene.
I potenziali acquirenti dell’Ilva sostengono infatti che in mancanza dello scudo penale previsto al momento dell’accordo con lo Stato italiano e poi ritirato dall’attuale governo, non possono concludere l’operazione. Ci sono poi altre ragioni, come i vincoli imposti dai magistrati agli attuali commissari con una tempistica non ragionevole. E magari motivi di ordine economico. Può anche darsi che Arcelor usi tutto questo come pretesto.
Ma ciò conta poco: quel che è certo è che un Paese che continua a cambiare le carte in tavola non è un partner affidabile per qualsiasi grande gruppo. Nel 2015 il governo di Matteo Renzi vara un decreto che "esclude la responsabilità penale e amministrativa del commissario straordinario, dell'affittuario o acquirente (e dei soggetti da questi delegati) dell'Ilva di Taranto in relazione alle condotte poste in essere in attuazione del Piano ambientale".
Nel 2018 Arcelor Mittal arriva a Taranto e dopo pochi mesi, nell’aprile scorso, il governo Lega-M5s elimina l'immunità penale con il decreto Crescita. Per Di Maio si tratta di un privilegio illegittimo concesso ad ArcelorMittal.
Di fronte alle proteste di quest’ultima, in agosto lo scudo penale viene reintrodotto con il decreto salva-Imprese: l'immunità però è a scadenza progressiva e protegge i manager per il periodo di tempo strettamente necessario ai lavori ambientali. E arriviamo a ottobre quando l'articolo incriminato è eliminato dalla versione definitiva del decreto salva-Imprese approvato al Senato con la fiducia e poi alla Camera. Provocando l’ultima decisione di Arcelor Mittal
Insomma, una incomprensibile raffica di giravolte. Anche perché vede come comprimari alleati di governo (prima la Lega, poi il Pd e Italia Viva) che oggi protestano pur essendo stati coinvolti nei vari stop and go. Una situazione assurda agli occhi di una multinazionale. Ma se ci sono tanti possibili complici, un colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio c’è. Ed è il Movimento 5 Stelle.