Economia
October 30 2024
I dazi europei sulle auto elettriche cinesi sono realtà. Da domani (31 ottobre) diventeranno operative e definitive. Una mossa che rischia di colpire non solo il settore auto (Audi ha annunciato la chiusura della fabbrica di Bruxelles a febbraio), ma anche il comparto alimentare. Pechino, infatti, oltre a reagire con “non siamo d’accordo e non lo accettiamo” ha già minacciato ripercussioni sul commercio di distillati, brandy, formaggi e carne di maiale. Un colpo per l’intera Europa.
Per frenare le importazioni cinesi agevolati (dice Bruxelles) dai massicci sussidi governativi di Pechino, ecco che scattano ufficialmente i dazi dal 17% al 35,3% su modelli prodotti da giganti come BYD, Geely e SAIC. I nuovi dazi, definitivi per i prossimi cinque anni, fanno seguito a un’indagine UE per contrastare pratiche di dumping e concorrenza sleale. Secondo la Commissione Europea, i dazi sono giustificati dai sussidi straordinari che le aziende cinesi ricevono per mantenere i prezzi delle loro vetture elettriche competitivi anche nei mercati esteri, dove riescono a vendere sottocosto. Il piano tariffario, che varia dal 17% al 35,3% a seconda delle aziende, colpirà particolarmente i grandi marchi cinesi e persino Tesla, i cui modelli assemblati a Shanghai saranno soggetti a un dazio del 7,8%. Complessivamente, l’imposizione combinata raggiungerà il 45,3%, creando una nuova barriera d’ingresso per le e-car cinesi.
Dazi che, secondo alcuni Stati Membri (come la Germania), non aiuterebbero la produzione auto europea a riconquistare la competitività persa rispetto a quella cinese e a riprendere il terreno perso. Un settore in crisi, da tempo, con Audi che ha confermato la chiusura dello stabilimento di Bruxelles per febbraio 2025, una mossa che influisce su 3.000 lavoratori. E con il gruppo Volkswagen che ha comunicato che l’utile operativo del terzo trimestre è crollato del 41,7%.
Ma a rischiare non è solo il settore auto. C’è tutto il resto. In risposta alla politica dei dazi dell’Unione Europea la Cina ha infatti minacciato misure su vasta scala nel settore agroalimentare europeo. I distillati, tra cui il brandy e il celebre cognac francese, sono già al centro dell’attenzione di Pechino, che ha imposto tariffe aggiuntive tra il 30,6% e il 39%. La Cina rappresenta un mercato vitale per queste esportazioni: le vendite di cognac francese verso il mercato cinese, infatti, valgono 1,7 miliardi di euro annui, mentre l’export di vino e liquori rischia ulteriori restrizioni. Tuttavia, il governo cinese non si ferma ai distillati: formaggi, carne di maiale e prodotti lattiero-caseari, cruciali per le esportazioni europee, potrebbero presto finire sotto la scure di nuovi dazi. La UE, infatti, esporta latte e derivati per oltre 1,76 miliardi di euro all’anno in Cina, mentre la carne di maiale rappresenta una quota significativa delle esportazioni verso Pechino, con un totale di circa 1,5 miliardi nel 2023 per la sola Spagna.
E si sta aprendo anche un altro fronte nella guerra commerciale Ue-Cina. Il comparto del pomodoro lamenta concorrenza sleale da parte dei produttori cinesi di passate e il timore è di un’“invasione” di prodotti a basso prezzo in Europa. Così la richiesta di dazi europei anche in questo settore. Un comparto che produce 5,4 milioni di tonnellate all’anno e rappresenta oltre il 12% della produzione mondiale. E così i produttori italiani, per voce di Francesco Mutti (Ceo del gruppo e vicepresidente di Anicav) hanno richiesto che le conserve cinesi siano soggette a una tassa del 60% per compensare i costi ambientali e sociali che gravano invece sulle imprese europee.
UE e la Cina si preparano a un possibile confronto presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) ma intanto la tensione commerciale rischia di espandersi rapidamente, coinvolgendo diversi e cruciali settori.