Economia
May 07 2019
Da venerdì 10 maggio alle sei del mattino italiane i dazi sulla merce cinese importata negli Stati Uniti saliranno dal 10% al 25% su 200 miliardi di dollari di made in China.
Mentre il nervosismo delle Borse mondiali inquieta il mondo della finanza e gli analisti s'interrogano del peso economico di questa mossa commerciale il Professor Giulio Sapelli, economista e docente universitario, è convinto che quella degli Usa non sia una mossa commerciale dell'amministrazione Trump, quanto piuttosto un passo decisivo organizzato dal Pentagono per modificare gli assetti politico diplomatici a livello globale.
L'idea è quella di stringere una nuova alleanza russo-americana in funzione anticinese potenza tanto in crescita a livello militare e potenzialmente pericolosa per la stessa sopravvivenza della democrazia occidentale.
Secondo il Professor Sapelli, quindi, il grande cambiamento in vista non è a livello strettamente economico.
"Il grande cambio - spiega Sapelli a Panorama.it - sarà soprattutto da un punto di vista diplomatico e politico perché gli Stati Uniti si sono messi sulla via di una diplomazia che naturalmente li porterà a scegliere un'alleanza diplomatica di lungo periodo con la Russia facendo intendere che il loro nemico principale oggi è la Cina.
Questa naturalmente è una cosa che passa anche dalla ridefinizione dei rapporti commerciali, ma che è anche abbastanza indipendente perché si può continuare a commerciare con la Cina pur avendo una posizione di contenimento nei confronti del paese asiatico. Questo è possibile stringendo alleanze più forti con Paesi come il Giappone, la Birmania, le Filippine".
Secondo l'economista, inoltre, gli Usa si dovranno rassegnare "Al fatto che piuttosto che stringere un'alleanza strategica con Francia e Germania contro la Cina dovranno far da soli rapportandosi direttamente alla Nato e questo vorrà dire prendere atto di un rallentantamento dei rapporti diplomatici tra Usa e Europa".
Da un punto di vista più prettamente economico, invece, i nuovi dazi che ripercussioni avranno a livello mondiale?
"Dal punto di vista del commercio mondiale non cambierà molto - argomenta il Professore - Sarebbe cambiato se noi avessimo avuto un sistema di accordi multilaterali di commercio con la Cina che era poi il disegno finanziario che aveva in mente in Partito Democratico Usa che puntava a favorire le relazioni proprio con il gigante asiatico".
"Cambierà - prosegue - solo nei rapporti specifici tra Cina e Usa, ma gli Stati Uniti esportano dal 7 al 10% del pil a livello mondiale; gli Usa sono, invece, una grande potenza importatrice.
I beni che gli Stati Uniti importano dalla Cina sono beni di basso costo tipo l’acciaio però quello di una qualità molto scadendente e l'intenzione di Trump ma soprattutto del Pentagono - che ha bisogno di avere acciaio di ottima qualità per la produzione di armi - è quello di puntare a un import di beni ad alta intensità tecnologica e su questi il 20% di tasse fa ridere.
Si pensa ancora che il commercio mondiale avvenga tra Stati, ma non è così. Il commercio mondiale avviene tra imprese non tra Stati. E’ questo il segreto della globalizzazione. Un'automobile è fatta importando pezzi da 50, 60 paesi, per questo il 20% di dazi è una cosa ridicola quindi questa frenesia delle borse dimostra l'ignoranza generalizzata sui fondamenti dell'economia".
Perché l'Europa, invece, non pone dazi sui prodotti cinesi?
"L'Europa - spiega l'accademico - non mette dazi perché sostanzialmente è filocinese; perché l’Europa è dominata da due potenze: la Francia e la Germania che sono filocinesi e antiamericane.
L'Europa in questi anni ha imposto dazi contro tutti in tutto il mondo: è un'isola di protezionismo nei confronti del mondo; l'unico paese contro cui non ha messo dazi è proprio la Cina perché la Cina si sta comprando l'Europa".
Chi è il vero burattinaio di tutte queste mosse politico diplomatiche?
"A muovere i fili di tutti gli equilibri in America, e quindi nel mondo, non è Trump, ma il Pentagono e le grandi imprese. Trump ci mette del suo, ma essendo così debole da un punto di vista politico il complesso industriale imprenditoriale ha ripreso il potere negli Stati Uniti e sta conducendo la sua battaglia contro il complesso finanziario che invece vorrebbe mettere l'America in braccio alla Cina e smantellare il complesso industriale e di sicurezza americano e quindi mondiale".
Perché spostare gli equilibri e le alleanze stringendole con la Russia a scapito della Cina?
"Perché la Cina è sempre più pericolosa. Fa paura perché è una super potenza aggressiva militarmente ma con i piedi d'argilla da un punto di vista economico visto che non ha le basi per sostenere la sua avventura militare. Per questo ritengo che sia una potenza molto pericolosa e aggressiva e speriamo che anche la tecnocrazia europea si accorga di questo".
Quindi i dazi commerciali sono l'occasione per modificare gli equilibri diplomatico militare a livello mondiale?
"Certamente. Finalmente si inizia a pensare alla Cina come un tempo pensavamo all’Unione Sovietica e la Russia deve diventare un alleato in funzione anticinese.
Contro questo progetto politico si sta mettendo di traverso la finanza mondiale che vede nella Cina un mondo di guadagno.
L’attacco a Trump sul Russiagate, ad esempio, nasce proprio da questo: impedire un nuovo accordo diplomatico tra Stati Uniti e Russia; accordo che però s'impone nei fatti, basti guardare ad esempio al Medio Oriente. Le situazioni in Medio Oriente - tanto in Siria quanto in Libia - si stanno risolvendo soprattutto perché Usa e Russia stanno iniziando ad adottare una politica comune".
I due possibili scenari per il futuro mondiale: se l'alleanza Usa-Russia in funziona anticinese va in porto cosa succede? E nel caso opposto?
"Se va in porto gli equilibri internazionali riprendono il loro assetto e i rapporti economici anche tra Usa e UE andranno migliorando e soprattutto miglioreranno i rapporti tra USA e Pacifico. Se non va in porto è in pericolo l’intera democrazia occidentale perché la Cina è una potenza aggressiva come lo era l’Unione Sovietica. L’Occidente fino a ora ha fatto finta di non accorgeresene per gli interessi economici della finanza globale".
E l'Europa in tutto questo come si va a inserire?
"E' assente. Perché l'Unione Europea non esiste in politica estera: esistono la Francia e la Germania de entrambe sono filocinesi. L'UE, ad oggi, non ha linee politiche estere comuni.
E il vuoto politico diplomatico dell'Europa rischia di essere riempito proprio dalla Cina che lentamente si sta comprando l'Europa: lo ha già fatto con la Grecia e ora lo sta facendo con l’Italia. L'Italia è diventato il trampolino d'ingresso cinese verso l’Europa e questo potrà avere effetti devastanti in futuro".