De Laurentiis contro Marotta: il Var diventa un problema politico

La battaglia dialettica sul rigore (rigorino) di Inter-Napoli si è trasformata in guerra politica. Era prevedibile accadesse, una volta appurato nell'arco di una manciata di minuti che i vertici arbitrali avevano considerato il fischio di Mariani "al di sotto dello standard richiesto" per la concessione di un penalty e metabolizzato lo sfogo su toni altissimi di Conte nella pancia di San Siro. Un pretesto è stato e gli effetti si sono cominciati a sentire subito tanto da arrivare fino a Los Angeles dove De Laurentiis, patron del Napoli, si trova per questioni lavorative.

Siccome Marotta aveva rintuzzato l'attacco del tecnico partenopeo rispedendolo al mittente ("Rigore ineccepibile, Antonio è un grande comunicatore e sicuramente avrà il suo obiettivo quando parla"), ADL ha scelto di scendere in campo in prima persona spostando il piano a un confronto tra dirigenti.

"Ho letto da Los Angeles alcune dichiarazioni di Marotta, a mio avviso fuori luogo" l'incipit della nota dettata all'ufficio stampa del Napoli. Un muro contro muro con Marotta, da presidente a presidente: "Il rigore, a detta della stragrande maggioranza degli osservatori, non c’era. Ma soprattutto, le parole di Conte sono state chiare e sono esattamente quello che io penso e che ho sempre detto: il Var è una grande risorsa per evitare gli errori arbitrali. Non ha alcun senso dire che a volte può intervenire e a volte no. Se c’è un errore arbitrale gli addetti al Var devono chiamare il direttore di gara. Altrimenti, si blocca la crescita del calcio e si alimenteranno sospetti".

Un tema, quello dei retro pensieri, già evocato da Conte a San Siro e sul quale De Laurentiis ha scelto di tornare: "E’ necessario fare in modo che non si alimentino sospetti e dubbi, e il rispetto, come sottolineato da Rocchi, dev’essere reciproco per evitare, come ha detto lui, che si incendi il campionato. Bisogna anche sottolineare che l’arbitro dovrebbe essere scevro da qualunque condizionamento psicologico, che invece spesso c’è tra arbitri di campo e arbitri del Var". Quindi il richiamo alla necessità di un nuovo regolamento per la gestione del Var.

Siccome tutti sanno che la materia non è di competenza italiana, tanto meno del designatore Rocchi, ma che a decidere è l'IFAB e che dal 2017 a oggi il protocollo è cambiato per una sola parola, certamente non con l'idea di estenderne il campo d'azione, il sospetto è che intorno a un episodio di partita mal giudicato si sia scatenata una battaglia a più livelli. Quella di Conte, cui Marotta ha risposto, perché sarà una stagione in cui anche i dettagli faranno la differenza nell'assegnazione di uno scudetto mai così contendibili negli ultimi anni.

E quella di De Laurentiis per tutelare il suo allenatore, ma anche per attaccare chi in questo momento non è certamente alleato nelle cose di palazzo. Non è un mistero che Marotta (e il suo gruppo di grandi) e ADL (con Lotito e altri) siano su fronti opposti nelle vicende legate alla posizione di Gravina, alla riforma della governance della Federcalcio e - proiettandosi all'inizio del 2025 - molto probabilmente anche nell'espressione della volontà nell'urna elettorale della Figc.

Il rigore di San Siro ha svelato, insomma, uno spaccato di quello che è il calcio italiano in questo momento. In mezzo ci sono gli arbitri, che sbagliano (anche se il vero errore della domenica è stato il mancato rigore per l'Udinese a Bergamo) e ai quali non si perdona niente, nemmeno a livello di toni. Da qui l'appello inascoltato del designatore Rocchi, il primo a sapere che sarà un inverno difficilissimo per il suo gruppo e intossicato di veleni a livello dirigenziale e media.

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