Economia
May 30 2014
Più assunzioni di apprendisti o di lavoratori con il contratto a termine. E' la decisione che probabilmente prenderanno molte aziende italiane dopo l'approvazione dell'ultimo Decreto Lavoro, varato dal governo Renzi, con la regia del ministro del welfare, Giuliano Poletti.
Ieri, intervenendo all'assemblea annuale di Confindustria, il presidente Giorgio Squinzi ha sollecitato il governo ad andare avanti con altri provvedimenti in materia di lavoro, incentivando i contratti aziendali e quelli a tempo indeterminato, attraverso la legge-delega messa in cantiere dall'esecutivo (il Jobs Act), che deve tuttavia ancora affrontare un lungo iter in Parlamento. In attesa del Jobs Act, però, molte aziende sembrano apprezzare anche il Decreto Lavoro da poco approvato, che rende più flessibili i contratti di assunzione a termine (eliminando l'obbligo di indicarne la causale) e tenta anche di incentivare l'apprendistato (sul quale sono stati tolti un po' di vincoli burocratici). A rilevare l'apprezzamento degli imprenditori per queste nuove norme, è una recente indagine effettuata su oltre 300 aziende dall'agenzia del lavoro Gi Group, in collaborazione con OD&M Consulting.
LE NOVITA' PER L'APPRENDISTATO
Secondo il sondaggio, oltre il 44% delle imprese interpellate si dichiarano intenzionate (per le nuove assunzioni) ad aumentare il numero di contratti a tempo determinato mentre il 29% incrementeranno il ricorso all'apprendistato. Ciò non significa, tuttavia, che queste nuove norme comporteranno automaticamente una crescita dei posti di lavoro. E' probabile, infatti, che i minori vincoli per i contratti a termine e per il reclutamento degli apprendisti cannibalizzino anche le assunzioni che avvengono in altra forma. E' il caso delle collaborazioni a progetto o di quelle con la partita iva: oltre il 22% delle aziende, infatti, si dichiara intenzionato a ridurre la quota di queste forme contrattuali mentre più del 69% non cambierà le proprie decisioni e soltanto il 7,7% dice di volerle aumentare. Il che, non sarebbe in teoria un male, visto che le collaborazioni a progetto e quelle con la partite iva (che spesso mascherano un rapporto di lavoro subordinato) sono considerate una forma di “flessibilità cattiva”, che assicura ben poche tutele ai dipendenti. Dall'indagine di Gi Group, emerge però anche un altro dato: con il Decreto Poletti, le assunzioni stabili resteranno ancora ai margini del mercato del lavoro italiano. Circa il 22% delle aziende, infatti, mostra l'intenzione di ridurre (sempre tra le nuove assunzioni) la quota di dipendenti reclutati con il contratto a tempo indeterminato. Un altro 69% non prevede alcuna variazione mentre soltanto l'8% delle aziende dichiara la volontà di aumentare le assunzioni stabili.
Per questo, secondo Stefano Colli-Lanzi, amministratore delegato di Gi Group, il governo deve fare adesso un passo in più e procedere spedito verso l'approvazione del Jobs Act, cioè della prossima legge-delega sul lavoro che prevede proprio di incentivare le assunzioni stabili, conun nuovo contratto a tempo indeterminato e a tutele crescenti. “Mi auguro che questo percorso”, dice Colli-Lanzi, “porti ad un utilizzo sempre più ridotto delle forme di cattiva flessibilità, come i contratti a progetto, le false partite iva o le associazioni in partecipazione”. Secondo il numero uno di Gi Group, infatti, queste forme contrattuali non fanno altro che mascherare rapporti di lavoro stabili, in modo fraudolento e “precarizzante per le persone”.