Politica
March 29 2022
Revisione al ribasso delle stime di crescita, aumento del deficit, sostegni mirati contro il caro energia e incremento della spesa militare sono i punti fondamentali del Documento di economia e finanza (Def) che dovrebbe arrivare sul tavolo del Consiglio dei ministri giovedì. Grande esclusa la riforma delle pensioni.
A inizio anno quando i sindacati e il governo avevano dato il via ai loro incontri per trovare una soluzione alternativa alla Fornero (che ritornerebbe se non dovesse cambiare niente nel 2023), per introdurre una pensione di garanzia per i giovani e per rendere più strutturali le misure come “Opzione donna” e “L’ape social”, l’obiettivo finale era quello di arrivare ad inserire le soluzioni all’interno del Def di aprile. Traguardo che non sarà centrato anche per via di un quadro economico incerto a causa dell’aumento del prezzo di energia, delle materie prime e della guerra tra Russia e Ucraina. Il quarto incontro, con il ministro del lavoro e dell’economia, sarebbe infatti dovuto essere a inizio marzo, ma così non è stato (data spostata al 15 aprile). E dunque dentro al Def non ci sarà la riforma delle pensioni, ma potrebbero forse confluire alcune migliorie all’Ape social e all’opzione donna (strade che i sindacati avevano discusso negli incontri precedenti con il governo).
Per quanto riguarda invece la crescita economica già settimana scorsa il ministro dell’Economia, Daniele Franco, aveva spiegato come nel Def si sarebbero considerati i fattori di rischio della guerra in corso, si sarebbero aggiornate le previsioni di finanza pubblica e si sarebbero inserite ulteriori misure di sostegno alle imprese a causa del caro bollette. Per quanto riguarda le stime di crescita, queste devono essere rivisti al ribasso.
Nella Nadef (ottobre 2021) era infatti stimato per il 2022 un +4,7% che nella realtà forse non arriverà nemmeno al 3%. “Se il governo nel nuovo Documento di economia e finanza taglierà le stime di crescita per quest’anno dal 4,7 al 3% il Pil dovrebbe arrivare a un totale di 1.851 miliardi invece di 1.892 miliardi previsti con la Nota di aggiornamento al Def dello scorso ottobre”, questo quanto calcola il centro studio di Unimpresa. E dunque il robusto abbattimento delle previsioni di crescita (causato dalla guerra in Ucraina, ma anche da un’inflazione in salita) potrebbe arrivare a compromettere il 36,1% della crescita prevista per quest’anno.
La situazione economica, non propriamente facile, ha inoltre spinto il governo ad aumentare il deficit dal 5,6 al 5,9% ed a lavorare anche su altri possibili sostegni da dare alle imprese contro il caro energia. Saranno aiuti mirati solo a quei settori che sono particolarmente esposti sul lato energetico. Settimana scorsa infatti la Commissione Ue ha dato il suo ok per fornire aiuti di stato alle aziende nazionali colpite dal caro bollette: "Il sostegno temporaneo potrebbe alleviare aumenti eccezionalmente gravi del prezzo del gas naturale e dell'elettricità, che le imprese potrebbero non essere in grado di trasferire o adattarsi a breve termine. Ciò potrebbe mitigare le conseguenze per le imprese e aiutarle a far fronte al forte aumento dei costi conseguente all'attuale crisi, nonché ridurre la pressione inflazionistica derivante dall'aumento dei prezzi dell'energia. Un ulteriore sostegno può essere giustificato per consentire il proseguimento dell'attività delle imprese ad alta intensità energetica", spiega la Commissione Ue. La struttura dell’aiuto che potrà essere dato è inoltre già stato delineato a livello comunitario. Questo può infatti essere concesso sotto forma di sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali e di pagamento o altre forme quali anticipi rimborsabili, garanzie, prestiti e capitale, a condizione che il valore nominale totale di tali misure non superi il massimale complessivo di 400 mila euro per impresa e dev'essere concesso entro e non oltre il 31 dicembre 2022. Inoltre la Commissione sottolinea come l'aiuto complessivo (per impresa) non deve superare il 30% dei costi ammissibili fino a un massimo di 2 milioni di euro in un momento preciso.
E infine arriviamo alla questione dell’aumento delle spese militari al 2% del Pil. Ieri il governo ha ascoltato i pareri di tutti i gruppi politici ed è emerso un quadro eterogeneo. Il M5S non è favorevole a questa misura. Il Pd aveva proposto una mediazione sul testo in modo che si facesse esplicito riferimento ad una gradualità nell’incremento della spesa per la difesa in chiave europea. Idea piaciuta anche a Forza Italia e Italia Viva ma non ai pentastellati che sono rimasti arroccati sulle loro posizioni. A conferma di ciò, nell’intervista di oggi sull’Avvenire il leader del M5S, Giuseppe Conte, ha precisato come: “(il M5S) ha una chiara collocazione euroatlantica e io stesso ho più volte ribadito che gli impegni assunti in sede Nato molti anni fa vanno rispettati: chi insinua il contrario e' in malafede. La sofferenza degli ultimi anni, però non va ignorata: chiedere uno sforzo finanziario di 10/15 miliardi in poco meno di due anni al nostro bilancio significa distrarre risorse dagli obiettivi, questi si' prioritari, della transizione energetica e del welfare sociale”. Alle 17.30 Conte dovrebbe vedere Draghi, per fare il punto sulla situazione e trovare un punto di svolta nella questione.