Ricerche per Sarah Scazzi
RENATO INGENITO/ANSA
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Delitto di Avetrana: Sarah Scazzi e il mistero delle feste al mare

C’è un misterioso villino sul mare, vicino ad Avetrana, dove sono state organizzate feste: e almeno a una ha partecipato anche Sarah Scazzi. In una stanza di quel villino sono state rinvenute tracce di cocaina, e attrezzi per tagliare la droga. E sulle serate trascorse al villino c’è una frase ambigua al telefono che il fidanzato di Sarah, Ivano Russo, si fa scappare: «Qualcuno di noi ha parlato». Ma c’è anche la strana storia dei due assegni di zio Michele Misseri, il teste dalle mille versioni che alla fine, con le sue parole, ha spedito all’ergastolo la figlia Sabrina e la moglie Cosima: la mattina del 26 agosto 2010, e cioè il giorno in cui Sarah scompare, zu' Michele corre in banca e versa due assegni falsificando la firma della moglie. Se non è la versione salentina del film Piccoli omicidi tra amici, certo un po’ ci somiglia. 

Tanti dubbi e due piste trascurate

Sono sempre più ingombranti, oggi, i dubbi sul caso giudiziario per l’omicidio di Sarah Scazzi: la povera ragazza pugliese sul cui cadavere non c’è neppure la certezza di un vero riconoscimento, come Panorama ha raccontato la scorsa settimana. Nel febbraio 2017 la Cassazione ha chiuso per sempre un processo che in sette anni aveva riempito centinaia di pagine di giornale, e ore di palinsesti televisivi. Nei suoi 15 anni, Sarah era una biondina minuta e sempre pallida, in omaggio all’estetica dark che l’aveva conquistata: un’adolescente inquieta come tante sue coetanee, che in testa aveva la voglia di frequentare ragazzi molto più grandi di lei, e nel cuore la speranza di lasciare Avetrana il prima possibile. 

Quell’estate di otto anni fa, grazie alla presenza del fratello Claudio che era appena tornato in paese dalla Lombardia (era andato ad abitare a San Vittore Olona, in provincia di Milano), Sarah aveva potuto uscire con maggiore libertà, anche di sera, in compagnia di un gruppo di venticinquenni. Claudio un po’ vigilava su di lei, ma non s’era accorto che la sorellina aveva un legame con il suo amico Ivano Russo, il quale piaceva molto anche alla cugina di Sarah, Sabrina Misseri. Sabrina e la madre, alla fine di una telenovela anche giudiziaria, si sono viste infliggere il carcere a vita, mentre zio Michele è stato condannato a otto anni per soppressione di cadavere. 

Ma davvero il delitto di Avetrana va circoscritto alla famiglia di Sarah? Davvero il movente va individuato solo nei rapporti al suo interno, anaffettivi e in parte morbosi, a partire dalla relazione tra le due cugine? Le sentenze questo affermano, ma a rileggere le carte dell’inchiesta (soprattutto quelle iniziali) emergono almeno due piste trascurate, oppure seguite con giustificato interesse dai carabinieri di Taranto, ma poi scartate senza un vero perché dalla Procura. Quelle piste, in realtà, spingono a ipotizzare che la vicenda coinvolga un giro di persone più ampio di quello familiare.   

La pista delle feste nel villino con il fratello

Il 7 settembre 2010, cioè 22 giorni prima del ritrovamento del corpo di Sarah nel pozzo di raccolta delle acque in Contrada Mosca, nelle campagne di Avetrana, i carabinieri del nucleo investigativo di Taranto consegnano ai pm un’informativa nella quale chiedono, e ottengono, l’intercettazione urgente del telefonino di Claudio Scazzi: «Desta sospetto» scrivono i carabinieri «che il giovane, tornato a San Vittore Olona il 21 agosto dopo un breve periodo di ferie ad Avetrana, non abbia avvertito la necessità di rientrare in Puglia per informarsi direttamente delle sorti della sorella (scomparsa il 26 agosto, ndr), a cui per altro era molto legato, anche per dare e/o ricevere conforto dai suoi cari». 

In una nuova informativa, datata 9 settembre, i militari dell’Arma aggiungono un secondo, ottimo motivo per intercettare il gruppo dei nuovi amici di Sarah: «Il ritrovamento di un taglierino, di un bilancino e di ritagli di una busta di cellophane intrisi di tracce di cocaina, cioè il classico materiale in uso allo spacciatore, che venivano scoperti all’interno della casa al mare della famiglia Scazzi, a Torre Colimena di Avetrana». In realtà, la villetta al mare di cui scrivono i carabinieri appartiene a uno zio adottivo di mamma Concetta: Cosimo Spagnolo, che in quel periodo è gravemente malato e viene seguito giorno e notte da una badante romena. Il risultato è che nella casa di Torre Colimena i ragazzi della compagnia hanno campo libero. E Sarah ci va sicuramente almeno il 20 agosto per una festa, come risulta da varie testimonianze; quella sera con lei c’è anche il fratello Claudio, che proprio una settimana prima le ha regalato un cellulare, come racconterà il papà Giacomo ai pm. Incredibilmente, invece, non è dato sapere che cosa succeda in quel villino, e se giri anche la droga. Interrogato dai carabinieri il 20 ottobre 2010, Claudio cita tra «i vari amici» presenti soltanto Giovanni Copertino, Angela Cimino e suo cugino, Ivano Russo. E Sarah? Nel primo interrogatorio, subìto il 10 settembre, Claudio sostiene che «dopo Ferragosto non si era più recata nel villino». Il 20 ottobre, invece, si contraddice e afferma che c’era anche lei. Ma il giovane dà più versioni sulla propria presenza a Torre Colimena, e su quella degli amici. Mentre dalle intercettazioni emerge che la sera del 20 agosto, alla vigilia della partenza di Claudio per il Nord, nel villino Angela Cimino e Giovanni Copertino non c’erano. Sulle feste a Torre Colimena, comunque, la compagnia di Claudio e di Ivano Russo si chiuderà a riccio, per motivi che gli inquirenti non approfondiranno mai. 

A metà del dicembre 2010, intervenendo alla trasmissione Pomeriggio 5, lo psichiatra Alessandro Meluzzi parla di «una festa in un villino», alla quale sarebbe stata presente la vittima e nel corso della quale «sarebbe girata droga». Claudio Scazzi chiama subito il suo avvocato, gli dice che bisogna querelare Meluzzi e che lui il 20 agosto non è stato al villino, smentendo i suoi stessi verbali. Alla trasmissione di Canale 5, in realtà, Meluzzi non fa nomi, eppure l’allarme scatta lo stesso. La sera del 16 dicembre 2010, poco dopo la trasmissione, anche Ivano Russo parla delle feste al villino: intercettato, Ivano dialoga con un amico, Alessio Pisello, e pronuncia una frase inquietante: «Qualcuno di noi ha parlato». Parlato di che cosa? Nella villetta al mare c’è forse un segreto da nascondere? Anche il 29 novembre, sempre intercettati, Ivano e i suoi amici discutono animatamente di quanto dovranno dire agli inquirenti, di che cosa vada corretto e di che cosa andrebbe nascosto. A un certo punto Ivano se la prende con Claudio, che lo pressa: «Senti Claudio» sbotta «non mi rompere i coglioni! Quello che ho detto, ho detto: e ora come lo dobbiamo nascondere?». Mentre gli inquirenti imboccano altre piste, le «cimici» nascoste nella Ford Fiesta di Ivano captano brandelli di una verità interessante, che pure verrà trascurata. È il 5 gennaio 2011 quando la mamma del ragazzo conteso da Sabrina e Sarah racconta a un’amica: «La droga, di chi è, non lo so… Forse hanno tolto di mezzo questa ragazza (cioè Sarah, ndr) che ha visto qualcosa… Al villino di don Cosimo hanno fatto festa, ma io non so come hanno fatto festa». 

In effetti nessuno saprà mai come i ragazzi abbiano «fatto festa» a Torre Colimena, perché otto anni fa nessuno ha ritenuto d’indagare approfonditamente. Eppure, in zona, non mancavano precedenti inquietanti. Nel 1996, per dirne una, la Procura di Gallipoli aveva scoperto un giro di messe nere e di orge in un paesino dell’entroterra, con tanto di ragazze minorenni, professionisti e perfino qualche magistrato. 

La pista dei due assegni versati da Michele Misseri

Va invece contro una delle regole base di ogni buona indagine, e cioè «seguire sempre i soldi», quello che è accaduto con le operazioni bancarie di Michele Misseri. Un documento della Banca di credito cooperativo di Avetrana, in possesso di Panorama, dice che a mezzogiorno del 26 agosto 2010 lo zio di Sarah va in banca e versa due assegni tratti sull’Unicredit di Roma per 2.500 euro e per 1.369,57 euro sul conto numero 84711 intestato alla primogenita Valentina e alla moglie Cosima, della quale falsifica la firma. Questi due assegni non sono mai stati acquisiti agli atti, nonostante le richieste della difesa delle due donne, e non si sa nemmeno chi li abbia emessi. Di sicuro non il Consorzio agricolo, come si era ipotizzato in un primo tempo, perché a una verifica dei carabinieri non risultavano rimborsi di tale entità. 

Oggi, forse, sarebbe interessante scoprire chi ha dato quei 3.869 euro al contadino Michele, proprio il giorno in cui spariva Sarah e alla vigilia di una sarabanda di bugie, depistaggi e ritrattazioni. 


(Articolo pubblicato nel n° 49 di Panorama in edicola dal 21 novembre 2018 con il titolo "Sarah e il mistero delle feste al mare")

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