Dal Mondo
December 06 2021
Da giovane pensavo che se mai fossi diventato giornalista avrei voluto essere come Demetrio Volčič, giornalista della veccia scuola, esperto di politica internazionale più di tanti blasonati accademici, consumato uomo d’intelligence, poliglotta, politico acuto e bilanciato. Volčič si è spento il 5 dicembre in una uggiosa e fredda mattinata goriziana nella sua casa di fronte al parco cittadino. È stato per decenni un punto di riferimento tanto per gli aspiranti giornalisti, quanto per gli aspiranti geopolitici.
In comune avevamo d’essere nati entrambi in quella che è oggi la Slovenia, d’essere entrambi figli, seppure con più di 40 anni di differenza, dell’Europa di mezzo cioè di quella parte di mondo che ridisegna i confini statali a ogni starnuto delle grandi potenze. Fu questo probabilmente il motivo per cui riuscimmo alla fine a conoscerci e negli ultimi anni a passare anche delle serate di fronte a pezzetti di mortadella, formaggio e qualche bicchiere di vino discutendo di Realpolitik.
Demetrio ha raccontato, vissuto e in qualche modo anche segnato, giocando da suggeritore interessato dei potenti della terra, di cui riuscì a conquistare la fiducia professionale, gli eventi della seconda parte della Guerra Fredda. Stimato da Mikhail Gorbachev e divenuto amico di Eduard Shevardnadze, fino alla morte di quest’ultimo avvenuta nel 2014, ha spesso passato loro, nelle numerose discussioni informali, il punto di vista dell’Occidente ma sempre ben attento a non sorpassare i limiti del rispetto dei reciproci ruoli assegnati dalla Storia. Perché Volčič ha passato una vita a ballare i valzer dell’Alta diplomazia per non farsi sorprendere o ricattare dagli efficienti servizi segreti dell’Unione Sovietica dai quali pretese, prima di lasciare definitivamente Mosca, di poter accedere al proprio dossier.
La parte più inconsueta del suo signorile appartamento era certamente la cucina. Nessuno si aspetterebbe di trovarvi al muro le fotografie del proprietario di casa con Gorbachev, Honecker o, perfino, con Markus Wolf, l’ex capo dei servizi segreti della Repubblica Democratica Tedesca, in uno scatto dell’epoca in cui quest’ultimo era ancora conosciuto nel mondo come la spia senza volto, essendo stata l’immagine di Wolf un enigma per tutti i servizi segreti occidentali fino al termine del suo mandato.
In quella cucina un giorno ebbì la fortuna d’aprire il frigorifero. Demetrio mi aveva chiesto di scegliere la bottiglia per la serata. Con mio grande stupore vi trovai un sacchettino con decine di sigari. Visto il mio sguardo incredulo mi spiegò che si trattava di vecchi sigari che erano lì da decenni. Lui non fumava, ma gli avevano detto che tenerli in frigorifero li avrebbe mantenuti. Mi disse di controllarli e, sapendo della mia passione per i sigari, di tenere quelli che avessi ritenuto ancora sani. Buttai via tutto tranne tre tubetti d’alluminio contenenti sigari d’una nota azienda cubana. Erano miracolosamente in ottime condizioni. Profumo eccezionale, consistenza perfetta. Glieli feci vedere. Esclamò: «Ah, si…prendi pure. Quelli me li ha regalati Fidel Castro quando accompagnai Gorbachev nel suo aereo privato a Cuba! Vedendomi arrivare e partire col presidente dell’Urss pensò fossi una persona importante!»
Demetrio Volčić è stato una persona importante! Fidel Castro ci aveva visto giusto. È stato testimone e attore di un’epoca che a scuola si studierà anche grazie ai suoi libri e alla sue telecronache. Un giorno, quando si apriranno gli archivi, verrà fuori anche molto di più. E si scriveranno libri sulla sua vita. Fino a oggi i tre sigari regalatimi sono stati gelosamente custoditi come cimeli storici nell’umidificatore del mio studio. Da questo momento ne manca uno. Arrivederci, Demetrio, e grazie!