Ron DeSantis: l'italoamericano che punta alla Casa Bianca

Non è poca l'incertezza che regna nel Partito repubblicano. Dopo la sconfitta dello scorso novembre, l'elefantino sta cercando il modo di riorganizzarsi: il problema sul tavolo è infatti duplice.

Da una parte, è necessario capire quale strada seguire dal punto di vista eminentemente politico-ideologico: sotto questo aspetto, il dibattito interno è serrato tra chi vuole proseguire con la linea trumpista e chi – al contrario – invoca un ritorno a posizioni più vicine all'establishment. In secondo luogo, si pone una questione di leadership. Donald Trump ha già chiarito di non voler restare fuori dalla scena politica e, anzi, si è proposto come kingmaker del partito in vista delle prossime elezioni di metà mandato. Ciononostante l'ex presidente americano non ha ancora sciolto le riserve sul proprio futuro. E, almeno per il momento, l'ipotesi di una sua ricandidatura presidenziale per il 2024 resta sospesa. È quindi in questo clima di indeterminatezza che stanno iniziando ad emergere alcuni (possibili) candidati per le prossime primarie.

E c'è già chi punta a intestarsi il ruolo di "erede" dell'ex presidente. Esattamente in tal senso si sta per esempio orientando colui che viene da molti definito il personaggio in ascesa del Partito repubblicano: l'italoamericano governatore della Florida, Ron DeSantis. La sua stella ha iniziato a brillare in particolar modo dallo scorso febbraio, quando è stato tra gli oratori dell'annuale Conservative Political Action Conference: un evento in cui ha riscosso un solido successo. In occasione del consueto straw poll (un sondaggio interno che mira a individuare il favorito per vincere la nomination repubblicana), DeSantis si è infatti collocato al secondo posto, dietro lo stesso Trump, con il 21% dei consensi. Va detto che il governatore giocasse in casa (l'evento si teneva infatti a Orlando, in Florida). Ma quel risultato è anche sintomatico del fatto che una larga fetta della base repubblicana punti a portare avanti l'eredità del trumpismo.

DeSantis è un conservatore abbastanza energico e, sotto certi aspetti, più a destra dello stesso Trump. Con l'ex presidente americano ha condiviso la linea dura nei confronti di Cuba e, durante la sua attività di deputato (svoltasi tra il 2013 e il 2018), ha aspramente criticato il procuratore speciale Robert Mueller in riferimento al caso Russiagate. Come Trump, l'attuale governatore è inoltre uno strenuo oppositore dell'aborto e ha sostenuto la riforma fiscale repubblicana del 2017. Anche lui è, tra l'altro, un convinto assertore della prospettiva "law and order": appena pochi giorni fa, ha per esempio, siglato una legge statale volta a "combattere il disordine pubblico". Rispetto all'ex inquilino della Casa Bianca, sposa posizioni tuttavia più dure in materia di sanità e previdenza sociale.

In tutto questo, che nutra ambizioni per il 2024 è un elemento che sta emergendo anche al di là dell'ultima Conservative Political Action Conference. The Hill ha recentemente riportato che il governatore abbia in programma di tenere un discorso alla sezione del Partito repubblicano della Pennsylvania il prossimo 20 maggio: un impegno che, secondo diversi analisti, evidenzierebbe l'avvio di una (per quanto ufficiosa) campagna elettorale. È palese che sia ancora troppo presto per capire se DeSantis abbia effettive chances di emergere. Tuttavia qualche considerazione è già possibile formularla.

Dalla sua parte stanno svariati fattori. Non solo una popolarità crescente nel fronte conservatore, ma anche il fatto di essere governatore di uno Stato – la Florida – fondamentale per poter conquistare la Casa Bianca. Senza contare che DeSantis si stia imponendo sempre più come punto di riferimento in termini di opposizione all'amministrazione Biden. Anche il fatto di essere di fede cattolica potrebbe tornargli utile in un'eventuale competizione elettorale: non dimentichiamo infatti che proprio il voto cattolico si riveli spesso essenziale per arrivare allo studio ovale. Infine, sembrerebbe esserci una relazione particolarmente cordiale con Trump: ragion per cui, qualora l'ex presidente non dovesse ricandidarsi, DeSantis figurerebbe tra i papabili per ottenere un suo endorsement.

Dall'altra parte si scorgono tuttavia anche dei potenziali problemi. Il profilo del governatore della Florida rischia di rivelarsi troppo spostato a destra, il che potrebbe precludergli la capacità di pescare voti trasversali (una capacità che, ricordiamolo, ha al contrario sempre contraddistinto Trump). In secondo luogo, la sua ascesa nei sondaggi sta avvenendo troppo presto: la sfida vera e propria per le primarie repubblicane non partirà prima di dicembre del prossimo anno e non sarà facile restare sulla cresta dell'onda tutto questo tempo. Infine, un dato storico: gli italoamericani non hanno mai avuto troppa fortuna nelle competizioni presidenziali (si pensi, per esempio, a Rudy Giuliani nel 2008, a Geraldine Ferraro nel 1984 o a Rick Santorum nel 2012 e nel 2016). La strada è ancora lunga. DeSantis ha non poche frecce al proprio arco. Ma deve saperle dosare e gestire, se punta realmente alla conquista della Casa Bianca.

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