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May 18 2023
«Non ci piace il termine “stile”. Quando parliamo del nostro lavoro preferiamo concentrarci sui valori che accompagnano un progetto piuttosto che a lasciare un segno distintivo. Lo “stile” si può riferire a un oggetto, a qualcosa che dopo sei mesi finisce in un armadio. I nostri progetti sono compagni fedeli dell’anima e duraturi nel tempo».
Ludovica Serafini e Roberto Palomba, architetti e design, fondano il loro studio - Palomba Serafini Associati - quasi 30 anni fa, nel 1994, a Milano. Negli anni il loro lavoro spazia dall'architettura all'industrial design passando per yacht design, interior e consulenze per alcuni dei brand più affermati del panorama internazionale. Capaci di coniugare una visione contemporanea della società e delle esigenze delle persone con una profonda conoscenza delle radici storiche e culturali di architettura e design, i due professionisti hanno ricevuto negli anni più di 70 premi e riconoscimenti internazionali, tra cui il Compasso D’Oro.
Un lavoro fatto con passione e dedizione di cui non si stancano mai perché, come spiega Ludovica: «Siamo dei creativi e abbiamo sempre tante cose da dire».
Un sodalizio che dura da quasi trent’anni. Cosa vi ha spinto in questa direzione?
Ludovica Serafini: Quando sei un progettista vuoi condividere una tua visione del mondo. Non ti basta quello che hai attorno, vuoi dare di più. L’architettura per me è come un enorme abbraccio, dove gli spazi creano un ambiente umano perché la buona architettura è quella che rende le persone felici.
Chi si rivolge al vostro studio, cosa può aspettarsi?
Roberto Palomba: Sicuramente estrema qualità, originalità ed innovazione. Il nostro lavoro non mira a caratterizzare i nostri progetti per uno stile ma per l’armonia dell’insieme declinata sempre attorno all’uomo e nel rispetto del Genius loci.
È fondamentale per noi progettare a km 0, andando ad esaltare sempre il contesto geografico e culturale delle nostre architetture per non rendere il mondo tutto uguale.
Lo studio Palomba Serafini Associati si occupa anche di yacht design. Quali sono le differenze di approccio in un progetto di questo tipo?
Ludovica Serafini: Di base i progetti si basano tutti su una stessa idea. La prima domanda che ci facciamo quando affrontiamo un nuovo lavoro è: come si muove l’uomo in questo spazio? Come si crea il buon vivere? Quando abbiamo disegnato il nostro primo yacht, ho pensato prima di tutto a una casa sull’acqua, perché in fondo cos’è una barca se non un diverso tipo di casa?
Roberto Palomba: Ogni progetto ha poi delle specifiche che sono legate alla sua componente tecnica, ma quando ci affacciamo a un progetto non iniziamo pensando a questo. Ogni lavoro che affrontiamo è accomunato da caratteristiche universali. Per spigare la nostra filosofia mi piace citare lo slogan «Dal Cucchiaio alla Città», creato da Ernesto Nathan Rogers nella Carta di Atene, che spiega l’approccio tipico di un architetto che nella progettazione di un cucchiaio, di una sedia e di una lampada, nello stesso giorno si trova a dover lavorare al progetto di un grattacielo.
Ludovica Serafini: Una volta che hai i tuoi valori e capisci le problematiche tecniche di base puoi davvero progettare di tutto.
Roberto Palomba: Spesso, quando mi affacciavo a nuovi progetti, i miei amici mi dicevano «Ma non hai paura?» Io rispondevo sereno che benché non avessi mai provato a fare qualcosa di simile, con lo studio e la mia preparazione avrei potuto portare a termine qualsiasi cosa.
Siete stati ancora una volta protagonisti nell’ultima edizione della Milano Design Week. Come la descrivereste in una parola?
Ludovica Serafini: Mirabolante. Credo che quest’ultima edizione della manifestazione sia andata benissimo sia per la qualità delle esposizioni sia per il rafforzamento della posizione di Milano a livello internazionale. Sono rimasta molto colpita dai lavori presentati. C’è stata tanta innovazione. Questo senza però dimenticare la concretezza, fondamentale dal punto di vista commerciale, ma in quei giorni ho visto anche tanta gioia e tanta voglia di novità.
Roberto Palomba: Direi concretezza. Ma senza rinunciare al sogno. Questa è sicuramente stata un’edizione di semina, dopo i difficili anni di pandemia, e sono certo che negli anni a venire vedremo grandi cose.
Durante la Milano Design Week avete presentato la vostra collaborazione con Donatella Versace per la linea casa della Maison. Com’è nato il progetto?
Roberto Palomba: Tutto è iniziato grazie al rapporto che abbiamo negli anni instaurato con Poltrona Frau. Sono stati loro a dare il via a questa stimolante collaborazione. Credo che il nostro spirito, la nostra capacità di affrontare anche le sfide più difficili con leggerezza, ci abbia reso possibile lavorare a un progetto così complesso, dalle mille sfaccettature. In un progetto del genere è importante comprendere e interpretare il DNA dell’azienda, qualcosa per cui noi siamo molto apprezzati. Con la collezione siamo riusciti a dare vita a un nuovo capitolo per Versace Home, meno tradizionale rispetto agli storici canoni della Maison.
Un altro ambizioso progetto vi ha visto rinnovare un hotel a Porto Ercole che aprirà quest’estate…
Roberto Palomba: Il merito di questo progetto va a Ludovica, alla sua tenacia e alla sua capacità di guardare oltre. La Roqqa era partito come qualcosa di completamente diverso sulla carta e si è trasformato completamente, fino a diventare quello che è oggi.
Ludovica Serafini: Quando abbiamo visto per la prima volta il brief, il cliente chiedeva un hotel ispirato alla Dolce Vita. Tra me e me pensavo: “Ma la Dolce Vita è solo un film!”. Il valore di questo brief è che la Dolce vita è un film della fine degli anni Sessanta, periodo strepitoso del design sia italiano che internazionale. Per cui abbiamo progettato tutto l’arredo dell’hotel inserendo design italiano di quegli anni.
Roberto Palomba: Più di altri questo progetto racconta pienamente la nostra filosofia. Quando ci affacciamo a un progetto prendiamo in considerazione il Genius loci e come le persone vivono gli spazi. Noi progettiamo rispettando il luogo e questo rende ogni nostro lavoro diverso dall’altro, con delle radici ben salde nel territorio; dunque, a parte l’arredo delle aziende abbiamo inserito dei prodotti sviluppati dall’artigianato italiano.
C’è qualche nuovo progetto di cui potete già parlare?
Ludovica Serafini: Ce ne sono molti, sia nell’ambito della hospitality sia che per privati. C’è però un altro progetto, che prenderà vita a settembre, di cui siamo molto fieri. Durante la fiera del design di Detroit, porteremo un’altra mostra, dopo quella dedicata alle innovazioni italiane dello scorso anno – LoveItDetroit, quest’anno presenteremo il tema dell’ecologia collegata ai buoni progetti italiani. Allegra Baistrocchi, la console italiana a Detroit è una vera forza creativa e ci ha dato la possibilità di creare qualcosa di incredibile che è già diventata d’ispirazione per molte altre realtà istituzionali. Oltre all’allestimento fisico, la prima mostra ha trascorso sei mesi nel Metaverso - grazie alla collaborazione con Wedoo - rendendo l’evento davvero globale e accessibile a tutti.