Chi l’avrebbe detto? Il destino dell’Ucraina nelle urne americane

Vladimir Zelenskij, durante una sua recentissima dichiarazione, ha lanciato un messaggio inequivocabile: “La pace con Mosca dipende dall’esito delle elezioni americane”. Parole che rivelano quanto il destino dell’Ucraina, dilaniata da quasi due anni di guerra, sia strettamente legato al sostegno di Washington. Il presidente ucraino guarda con ansia al voto del 5 novembre, consapevole che un cambio di rotta alla Casa Bianca potrebbe segnare una svolta drammatica per il futuro di Kiev.

Mentre la guerra continua senza una chiara risoluzione all’orizzonte, la visita del Segretario alla Difesa americano Lloyd Austin a Kiev, accompagnata da un nuovo pacchetto di aiuti militari da 400 milioni di dollari, si è rivelata di cruciale importanza. Questo sostegno include munizioni, droni e sistemi di difesa aerea, strumenti vitali per le forze ucraine. Tuttavia, il vero dilemma risiede nelle incertezze legate alle dinamiche politiche interne degli Stati Uniti. “Il nostro futuro è strettamente legato a quello americano”,ha dichiarato Zelenskij, puntando il dito su un possibile ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, che potrebbe rimescolare le carte in tavola e mettere in pericolo il flusso di aiuti a Kiev.

L’Ucraina, però, non è l’unica a dover affrontare questa incertezza. Anche Iran e Corea del Nord hanno intensificato il loro sostegno a Mosca, fornendo missili, munizioni e persino truppe, consolidando ulteriormente la loro alleanza con Putin in uno scenario geopolitico sempre più complesso e delicato. E poi vi è la Cina, che continua a sostenere silenziosamente la Russia, mantenendo aperti canali commerciali e strategici.

In questo contesto già teso, anche Aleksandr Lukašenko, il leader bielorusso, ha voluto dire la sua. In un’intervista rilasciata alla BBC, ha sostenuto che l’Occidente dovrebbe “consigliare” a Zelenskij di avviare negoziati con Mosca. Secondo Lukašenko, solo così sarà possibile ottenere un cessate il fuoco e avviare un processo di pace. “Perché vi rifiutate di negoziare?”, ha poi chiesto provocatoriamente, lasciando intravedere la sua solita retorica filorussa. Le sue parole han lasciato un retrogusto amaro. Del resto, è difficile dar credito a un leader che ha negato l’evidenza su questioni fondamentali, come la presenza di truppe nordcoreane al fianco dei russi nel conflitto contro l’Ucraina.

Il presidente bielorusso ha infatti dichiarato di non credere alla notizia in questione, ma rapporti provenienti da Kiev, Seul e Washington dipingono un quadro completamente diverso, evidenziando la crescente cooperazione tra Pyongyang e Mosca. Questa presa di posizione rientra pienamente nella strategia ben nota di Lukašenko, che cerca di mantenere l’apparenza di un’autonomia politica sulla scena internazionale, mentre si rivela sempre più dipendente dagli interessi del Cremlino. Il suo approccio ambiguo, nel tentativo di barcamenarsi tra Russia e Occidente, mette in luce una subordinazione evidente agli obiettivi dello zar, confermando la sua lealtà al potere di Mosca.

L’intervista rilasciata durante il vertice BRICS a Kazan ha dunque sollevato più dubbi che certezze. Da un lato, il presidente bielorusso parla di negoziati e di pace; dall'altro, il suo sostegno a Mosca è innegabile e il suo ruolo nel conflitto appare più quello di un propagandista che di un mediatore.

Così, la Russia continua a giocare la sua partita con astuzia, sfruttando sia la frammentazione dell’Europa sia l’incertezza politica legata a un possibile cambio di leadership a Washington. Il Cremlino, nel frattempo, mobilita truppe e risorse, consapevole che la situazione internazionale potrebbe presto volgere a suo favore. Zelenskij ne è pienamente consapevole: il destino dell’Ucraina è appeso a un filo, che si estende dalle urne americane fino ai campi di battaglia ucraini: dal fronte ai corridoi del potere globale, dove ogni decisione politica può alterare il corso degli eventi. “Siamo grati per il sostegno ricevuto finora, ma il futuro è incerto”, ha dichiarato apertamente Zelenskij, ribadendo la precarietà della situazione. Oggi, più che mai, la stabilità e la pace in Ucraina sembrano dipendere da chi guiderà gli Stati Uniti nei prossimi anni, una responsabilità enorme che pesa sulle spalle dei democratici.

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