Dieci album per innamorarsi del jazz (ma anche dello swing)

    Dieci capolavori scelti dalla vocalist milanese Laura Gessner. Una selezione di album per entrare nelle pieghe di un sound senza tempo e dalle mille sfumature. «Ho scelto i dischi che hanno significato qualcosa per me, per la mia formazione e il mio approccio al canto jazz» spiega Laura che si esibirà a Milano con il Laura Gessner Quartet il 14 e 15 aprile (dalle 17 alle 19) alla Cremeria Buonarroti.
    • ANITA O’DAY: JAZZ MASTERS 49: Ritmo e dinamica: mi è piaciuto molto il modo di Anita O’ Day di presentarsi in scena in giacca e gonna, rifiutando i tradizionali abiti da sera. Anita è stata forse l’unica cantante bianca a poter rivaleggiare da pari a pari con le sue contemporanee Ella Fitzgerald e Sarah Vaughan. Il suo inconfondibile fraseggio scat mi è stato di grande ispirazione perché lo sento affine al mio modo di interpretare i brani.
    • CHET BAKER: IT COULD HAPPEN TO YOU: Trombettista e cantante, mi ha colpito subito per il suo stile intimista. Con quell’aspetto da “bello e dannato” e l'aria ribelle, mi ha conquistato anche per la sua voce, leggera come non ti aspetti, soprattutto da una personalità tanto tormentata. Ascoltandolo, ci si perde tra i suoni della sua tromba che si fondano con quelli che produce la sua voce, creando un effetto di immensa dolcezza.
    • ELLA FITZGERALD E J. PASS: SOPHISTICATED LADY: Ho scelto questo album per due motivi: primo, perché esalta in modo stupendo la relazione che può crearsi tra voce umana e chitarra; secondo, perché a questo mi sono ispirata nel mio esperimento, divenuto realtà, di tenere concerti con l’amico Andrea Accomazzi, raffinato chitarrista, che interpreta divinamente Joe Pass, mentre io mi perdo nel sogno di interpretare Ella. …E abbiamo un certo successo!
    • BILLIE HOLIDAY: SOLITUDE: Ho scelto questo album, perché penso che sia quello che meglio esprime la condizione di Billie: quello di “vittima”. Segnata da una vita difficile ed estraniante, la sua voce tocca chiunque, anche chi non capisce le parole. È stata la mia prima musa, per l’intensità sublime della sua interpretazione, che arriva all’anima.
    • KEITH JARRETT: KOLN CONCERT: The Köln Concert è la registrazione di un'improvvisazione solista, eseguita al teatro dell'opera di Colonia nel 1975. È considerato il più famoso album di jazz solo. Trovo irresistibili i passaggi dal jazz al blues e al gospel, fino alla musica classica. Nella prima parte, ad esempio, Jarrett esegue 12 minuti di improvvisazione utilizzando solo due accordi: il la minore settima e il sol maggiore. Per me è ipnotico, lo ascolto spesso nei miei viaggi...
    • CARMEN MC RAE: CARMEN SINGS MONK: Carmen McRae è stata una delle mie prime muse: cantante, compositrice, pianista e attrice americana, certamente una delle più influenti cantanti jazz del XX secolo. Ha uno stile unico, capace di passare con naturalezza dal jazz al pop. Trovo particolarmente interessante questo abbinamento tra la sua voce e la musica di Thelonius Monk, pianista immenso e lacerato dalla pazzia, con uno straordinario stile d'improvvisazione che lo rende riconoscibile sin dalle prime note. Cantare i suoi brani, per me, è contemporaneamente un’esperienza sfidante ed emozionante.
    • JIMMY SCOTT: OVER THE RAINBOW: Voce alta, dal timbro fuori dall’ordinario, dovuto ad una malattia genetica che lo condizionò tutta la vita: quando lo ascoltai al Blue Note, pochi anni prima che morisse, rimasi letteralmente folgorata. Continuò a cantare fino all’ultimo, riscuotendo sempre un enorme successo, proprio per questa sua diversità e per un’interpretazione dei brani che commuove.
    • BALASZ ELEMER GROUP: AROUND THE WORLD: Per apprezzare questo gruppo è necessario non avere pregiudizi né stereotipi musicali. Ho dovuto ascoltarlo diverse volte per arrivare a capire che l’originalità dei brani dipende in gran parte dall’ incredibile originalità del batterista, che continua ad essere il più grande in Ungheria. Un altro elemento che mi ha colpito è lo scat del cantante, che si stacca da qualsiasi altro, rendendo i brani diversissimi dal resto del jazz.
    • BILL EVANS: PORTRAIT IN JAZZ: È considerato il più grande pianista jazz dopo gli anni ’50. I miei zii, appassionati di jazz e spesso in giro per gli USA, mi davano regolarmente le registrazioni dei concerti a cui avevano partecipato ed io ascoltavo passivamente su un registratore “Geloso”; erano gli anni del liceo e a quell’epoca non conoscevo niente del jazz, ma sentivo una forte attrazione per questi suoni inanellati in affascinanti armonie che mi favorivano la concentrazione e contemporaneamente mi trasmettevano un senso di gioia e pace!
    • MARE NOSTRUM III: PAOLO FRESU, RICHARD GALLIANO, JAN LUNDGREN: Ispirato a Chet Baker e a Miles Davis, Paolo Fresu è considerato il migliore jazzista italiano. In questo album, l’abbinamento con quel mago della fisarmonica che è Richard Galliano, rende i brani irresistibili per me e contemporaneamente coinvolgenti, emozionanti e dolcissimi.

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