Papa Francesco a Milano
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Il difficile viaggio di Papa Francesco in Perù e Cile

Chiese assaltate, nunziature prese di mira da manifestanti anticlericali, proteste di piazza. Il nuovo viaggio in Sudamerica di Papa Francesco non è iniziato sotto i migliori auspici. Non una Via Crucis, ma nemmeno una semplice “passeggiata”. Di sicuro un pellegrinaggio – il sesto di papa Bergoglio in America Latina - contrassegnato da spine e incertezze, pur trattandosi di una visita in due paesi sudamericani dalla forte tradizione cattolica, il Cile e il Perù.

Durante il volo il Papa ha trovato anche lo spunto per lanciare un pressante appello contro “i pericoli di nuove devastanti minacce nucleari per i quali siamo proprio al limite e tacere significa farsi complici” invitando tutti ad adoperarsi per il disarmo nucleare dopo aver mostrato una foto scattata a Nagasaki dopo l'esplosione atomica del '45.

La foto mostrata da Papa Francesco ai giornalisi in volo verso il Cile con una vittima della bomba nucleare di Nagasaki - 15 gennaio 2018 (Credits: ANSA/REUTERS)


In Cile un pellegrinaggo scomodo

Quello iniziato il 15 gennaio è il trentanovesimo viaggio pastorale, il ventiduesimo all'estero, col quale papa Francesco ritorna sulle orme di papa Giovanni Paolo II che visitò il Cile nel 1987 e il Perù nell'85 e nell'88. Una scelta poco gradita dal paese natìo di Jorge Mario Bergoglio, la vicina Argentina, mai visitata da Francesco da quando è stato eletto Papa, il 13 marzo 2013. Ma il malcontento che serpeggia tra gli argentini è, in fondo, poca cosa rispetto alle incognite e alle sfide 'politiche' sui problemi che gravano sulle Chiese del Cile e del Perù, che faranno da scomoda cornice al pellegrinaggio apostolico.

In Cile, inoltre, proprio in vista dell'arrivo di Francesco nei giorni scorsi ci sono state violente proteste di piazza contro la visita, con attacchi incendiari contro quattro chiese di Santiago (nell'ambito di una serie di manifestazioni di gruppi di indigeni Mapuche, popolazione locale che il Papa incontrerà a Temuco) e con un 'blitz' di manifestanti alla Nunziatura cilena, dove alloggerà Francesco: azioni dimostrative messe in atto dai senzatetto contro le presunte spese eccessive stanziate dal governo per organizzare la visita papale, che però non hanno minimamente influito sul programma del pellegrinaggio varata di concerto tra il Vaticano e i due paesi ospitanti.

Nel suo videomessaggio inviato alla vigilia del viaggio a Cile e Perù, il Papa si è presentato "come pellegrino della gioia del Vangelo, per condividere con tutti 'la pace del Signore' e 'confermarvi nella stessa speranza". In più, torna a condannare significativamente quella "cultura dello scarto" che "ci ha invaso sempre di più", condividendo le istanze dei più poveri e degli sfruttati dei due paesi sudamericani, colpiti da “disuguaglianza sociale, povertà persistente da cui riscattarsi, disparità”, in particolare in un Paese come il Cile dove la buona crescita economica, trainata dal trend della risorsa rame, incrementa anziché diminuire il 'gap' tra ricchi e poveri.

A Santiago, tra l'altro, Francesco arriva in un momento condizionato da una difficile transizione politica, con la presidente socialista Michelle Bachelet che sta per lasciare il posto (il prossimo 11 marzo) al presidente eletto Sebastian Pinera, di centrodestra.

Le tensioni in Perù

Altrettanto tesa la situazione socio-politica in Perù, dove il pontefice arriva in un contesto travolto dallo scandalo delle tangenti Odebrecht, colosso brasiliano delle costruzioni, e dove il presidente Pedro Pablo Kuczynski è scampato per una manciata di voti all'impeachment, grazie all'indulto concesso all'ex presidente Alberto Fujimori, una mossa, secondo le accuse, pianificata dal presidente per avere l'appoggio dei parlamentari vicini allo stesso Fujimori. Anche nella visita in Perù il papa avrà a che fare con la delicata questione delle popolazioni indigene, soprattutto nella tappa a Puerto Maldonado, nel cuore amazzonico peruviano, dove l'incontro con le etnie locali costituirà un primo importante test in vista del Sinodo dell'anno prossimo sull'Amazzonia.

Ma, al di là delle questioni politiche, in Cile Bergoglio troverà una Chiesa cattolica travolta da scandali di natura sessuale tra il clero. Come dimostra la scabrosa vicenda del sacerdote Fernando Karadima paragonabile, secondo l'ambasciatore presso la Santa Sede Mariano Fernandez, a un secondo 'caso Marcial Maciel', il fondatore dei Legionari di Cristo morto nel 2008 dopo essere stato condannato e ridotto alla stato laicale per aver abusato di seminaristi e religiose.

Un nuovo scandalo che è alla base anche delle contestazioni in atto contro il vescovo di Osorno, monsignor Juan Barros, accusato di essersi formato alla scuola dei Legionari di Cristo. Altri ripetuti abusi, poi, sono stati commessi anche dai padri maristi nelle loro scuole in Cile. In Perù, invece, il Papa ha appena commissariato il 'Sodalizio di vita cristiana' fondato dal laico Luis Fernando Figari, accusato di abusi sessuali ma anche di oscure manovre finanziarie, per le quali rischia l'arresto.

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