​Diletta Leotta e il compagno Loris Karius
Diletta Leotta e il compagno Loris Karius
Lifestyle

A casa Leotta si respira Aria di libertà

Finalmente è finita. Anzi come hanno pomposamente titolato alcuni media: «Dopo una lunga attesa durata nove mesi» (neanche noi i figli si facessero in mezz’ora o li trovassimo sotto i cavoli), Diletta Leotta nel giorno del suo trentaduesimo compleanno ha dato alla luce la prima figlia: Aria. Squilli di tromba, felicitazioni, cuoricini, applausi da Federica Pellegrini, Elodie, Elettra Lamborghini, Simona Ventura, tra le molte. E mentre sulle nostre spiagge sono riuniti i 60 milioni di allenatori di calcio su cui il Paese può contare a discutere sulle formazioni future della Nazionale di Spalletti, lei, l’angelo di Dazn, la donna che con la sua presenza a bordo campo alza il livello dello spirito calcistico (e non solo), posta una tenerissima foto mentre allatta la bambina, con accanto Loris Karius, emozionato papà.

Fin qui il quadretto familiare ci rinfranca, ci risolleva da un’estate stanca di corna e di accise. Ma il popolo social è più assetato di sangue di un vampiro della Transilvania e si tuffa con un carpiato a massacrarla: «Ma come può chiamarla Aria? Che imbarazzo», «Era meglio Karias», «Allora possiamo sintetizzare chahai avuto Aria nella pancia per nove mesi?», «Quando le cambierà il pannolino dirà: “Ho cambiato Aria”», «È nata Aria, la figlia di Diletta Leotta. È stata subito condizionata», «Anche io faccio aria tutti i giorni, ma non finisco mica sul giornale», «Appena saprà il nome si suiciderà». Addirittura. Magari da grande passerà qualche pomeriggio sul lettino dello psicologo (e chi non li ha passati), cercando di capire come mai quel nome così impalpabile e nello stesso tempo intenso. La dolce aria di pascoliana memoria. E poi insomma i genitori possono chiamare i figli come vogliono.

Abbiamo visto passare schiere di Orso, Lupo, Leone, India, Asia, Apple, Chanel. Per finire con Elon Musk e i suoi X Æ A-Xii e Exa Dark Sideræl. Ci fu anche un web designer filippino che chiamò il pargolo HTML (il parricidio in certi casi è ammesso). Possiamo tranquillamente dare il benvenuto alla piccola. E congratularci con la mamma che sembra uscita da una seduta alla spa più che da una sala parto. Bellissima, leggera abbronzatura, già tonica. Invidia ai massimi livelli. Ma la Rete abbassa subito l’asticella ed eccoci immersi in un filmetto di Pierino (comunque rivalutati e oggi stracult): «Finalmente è diventata una milfona», «Anche io voglio essere allattato», «Beata quella bambina»,«Ora per inquadrarti dovranno usare il grandangolo». Fino al crudele: «Mi raccomando non darla in braccio al padre che potrebbe cadergli», ricordando ancora una volta la sciagurata performance del portiere nella finale di Champions. In un mondo dove nessuno fa più figli e nel passeggino portano il bassotto, non possiamo che congratularci con entrambi per lo sforzo fatto. E poi a noi quel nome piace. È molto Marcella Bella Festivalbar estate 1983, quando con voce sensualona cantava «Ariaaa». E quelle sì che erano estati memorabili.

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