Internet
January 28 2014
Il documentario Web Junkies (di cui il video qui sotto è un’estratto) è stato realizzato da due giovani produttrici, Shos Shlam e Hilla Medalia, che hanno passato circa 4 mesi all’interno del “Centro per il trattamento della dipendenza da Internet” (a Daxing , nella provincia di Pechino).
Filmati e interviste documentano un male in continuo aumento tra i giovani, considerato in Cina al pari della dipendenza da una qualsiasi droga. Infatti le comunità esistenti lì sono circa 400 e recuperano i giovani che dimostrano avere un attaccamento compulsivo al computer.
“Loro giocano di continuo fino al punto di perdere se stessi”, racconta uno dei docenti che li seguono.
I genitori portano qui i loro figli, spesso con l’inganno, e li lasciano fino alla fine della loro cura.
Il campo appare come un distaccamento militare: i giovani vengono isolati dal mondo e sono sottoposti a un regime militare, nei modi e nell'allenamento fisico.
I genitori, dal canto loro, sono invitati a restare alle riunioni che spiegano loro il perché dell’attaccamento dei loro figli a Internet. “La causa primaria è la solitudine”, spiega loro il coordinatore, “Al punto da trovare nel mondo virtuale una compagnia che, nel mondo reale, non riescono ad avere”.
I volti dei genitori, nel documentario sono avviliti, disperati.
E si vede anche il loro senso di colpa che traspare dagli occhi per non essere riusciti a evitare ai loro figli di finire così.
Guardando questo documentario, all’inizio, mi sono stupita. Com’è possibile che siamo arrivati a questo punto?
Leggo anche che questo è un male comune a tutte le Nazioni: ma solo la Cina lo ammette apertamente.
E allora inizio a riflettere.
Sembra una realtà lontana, ma non è così.
Poco tempo fa, a Milano, dei ragazzi si sono ritirati da un liceo perché non riuscivano a frequentare le lezioni. E sapete perché? Di notte giocavano online fino alle 4/5 del mattino. La prima domanda che mi sono posta è stata: perché i genitori non sono intervenuti subito?
L’ho chiesto a loro, ma all’inizio non se ne sono accorti (premetto che erano tutti figli di genitori separati e quindi scaricavano ognuno sull’altro la responsabilità di ciò che stava accadendo).
Ma anche gli psicologi ci avevano messo del loro.
Tutti concordavano nel dire che era meglio lasciare stare i ragazzi, stargli vicino e non impedir loro di giocare: con la forza si sarebbe ottenuto il contrario.
Ora, mi chiedo ancora, a che punto siamo arrivati?
Anch’io ho due figlie adolescenti e sono separata: ma se le trovassi a giocare di notte farei sparire router, computer e smartphone all’istante. E non perché sono cattiva, ma perché penso che i giovani si perdano facilmente con le nuove tecnologie. E sta a noi dare loro una regola.
Rigida possibilmente.
Per evitare poi di doverli rinchiudere in un campo di riabilitazione che, a me pare, una specie di campo di concentramento dove esistono celle di isolamento e regole di addestramento militare.
Un’ultima domanda la rivolgerei ai dirigenti di quei campi: Una volta usciti da lì, saranno in grado di gestirsi da soli o resteranno dei disadattati?
Loro dichiarano il 70% di guarigioni.
Ma poi non dicono che cosa ne sarà della vita di questi ragazzi. Guardate il video e raccontateci cosa ne pensate (nei commenti qui sotto):