Calcio
October 17 2023
Non è una sorpresa che la fase di assegnazione dei diritti tv del campionato di Serie A si trasformi in una maratona spacca-Lega. E' sempre successo e non c'è nulla di nuovo nello scenario che si è creato tra i club di via Rosellini ora che si è alla vigilia della definizione della trattativa per il quinquennio che parte nell'agosto 2024 per chiudersi nel 2029. Dopo l'ultima tornata di trattative private sul tavolo dei presidenti c'è un'offerta complessiva da 900 milioni di euro a stagione (700 da DAZN e 200 da Sky) che avvicina di molto il minimo del triennio precedente e tocca la soglia psicologica sotto la quale la Serie A non voleva scendere.
In tutto 4,5 miliardi di euro spalmati su cinque anni per mantenere l'attuale situazione: DAZN esclusivista e Sky con tre partite a giornata da co-gestire, seppure con qualche diritto in più nella scelta dei match così da evitare prime serate del sabato di scarso appeal televisivo e agonistico. Mediaset è di fatto fuori perché l'offerta per una partita in chiaro a settimana, vera novità del bando 2024-2029, non è stata giudicata consona: si resta tutto in pay e poi si vedrà.
Una soluzione che ha spaccato i presidenti. C'è un fronte ampio favorevole ad arrivare alla firma, garantendosi comunque una sopravvivenza in un contesto di mercato non favorevole, e c'è una minoranza non esigua che invece spinge per il no. Servendo 14 voti su 20, chi oggi si oppone all'intesa (segnalati Juventus, Milan, Roma, Napoli, Bologna, Fiorentina e Salernitana) crea una situazione di stallo dalla quale il calcio italiano dovrà uscire per forza rapidamente.
La verità è che, mai come questa volta, la Serie A si trova a un bivio storico. Da una parte la commercializzazione dei suoi diritti tv in modo tradizionale, dall'altra la creazione del canale della Lega auto gestito. Più volte nell'ultimo decennio è stata utilizzata come arma di pressione verso Sky o i broadcaster di turno, solo adesso esistono i presupposti tecnici e (forse) finanziari perché si trasformi in opportunità concreta.
L'investimento sull'IBC di Lissone della Lega Serie A, il centro di produzione che ospita tutte le attività centralizzate a livello televisivo e anche le sale Var a disposizione degli arbitri dell'AIA, è stato fatto nel luglio del 2021 anche per dotare i club della massima divisione di un'infrastruttura tecnologica all'avanguardia. Dalla scorsa estate esiste anche una radio-tv con un palinsesto lungo tutta la settimana, ulteriore esperimento utile per capire quale sia la capacità di fare da soli, staccandosi da tv e ott.
A differenza del passato, insomma, una base su cui lavorare esiste. Quella finanziaria potrebbe essere garantita da fondi che hanno manifestato il loro interesse concreto a diventare partner della Lega, con offerte anche superiori al minimo garantito da DAZN e Sky con l'ultimo giro di rialzi. Cosa manca perché il quadro sia completo? Un salto culturale definitivo. Passare al canale auto gestito significa, infatti, assumersi il rischio di impresa di presentarsi nel mare aperto del mercato quasi senza reti di protezione.
Non è detto che il calcio italiano sia pronto a compiere questo passo. E non è nemmeno detto che sia il momento storico giusto per farlo: l'audience della Serie A è in costante erosione (lo dimostra anche l'analisi degli ascolti DAZN di questo inizio di stagione) e la concorrenza con i competitor esteri e con altre forme di intrattenimento si farà ancora più serrata nei prossimi anni. La crescita dei prezzi di DAZN dal 2021 in poi ha anche certificato come l'idea che il calcio in streaming potesse "costare poco" per attrarre milioni di abbonati in più si sia rivelata sbagliata. Le incognite restano grandi, insomma, e la strada che i presidenti imboccheranno a questo bivio condizionerà il futuro prossimo della competitività della Serie A.