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June 16 2015
La tecnica è nata nel 1990, negli Stati Uniti. Un quarto di secolo dopo, com'è tradizione del ritardo culturale italiano, sta iniziando a fare i primi passi anche da noi. Si chiama "pratica collaborativa", e viene applicata alle questioni legali attinenti al diritto di famiglia.
È un metodo innovativo per la risoluzione dei conflitti familiari, basato sulla fiducia e sulla trasparenza: la sua efficacia è prodotta non soltanto dall’adesione (preventiva e necessaria) di tutti i partecipanti a principi condivisi, ma dal lavoro di squadra svolto, oltre che dagli avvocati, anche da esperti finanziari e facilitatori della comunicazione.
L’intero procedimento è diretto al raggiungimento di un accordo ritagliato su misura sulle effettive esigenze delle parti e quindi in grado di durare nel tempo.
Ora una serie di professionisti italiani, che si sono riuniti in associazione (per l'appunto, l'Associazione italiana professionisti collaborativi) ha deciso di lanciare pubblicamente il metodo, com'è accaduto in molti altri Paesi europei. E la presentazione avrà forme inedite. Domani, 17 giugno, presso il Salone Valente di Milano (in via San Barnaba, 29) a partire dalle ore 14.00 si svolgerà un “Processo alla pratica collaborativa”.
Come accade in tutti i processi penali, sono previste una requisitoria del pubblico ministero, l'arringa dei difensori, e infine la sentenza della giuria, cui potrà partecipare il pubblico. Claudio Renzetti impersonerà la pubblica accusa, la presidente dell’associazione, avvocato Francesca King, sarà impegnata nella difesa e altri professionisti collaborativi prepareremo le testimonianze.
La dialettica processuale sarà reale e non simulata e il verdetto verrà emesso da una giuria composta da soggetti che non fanno parte dei "professionisticollaborativi" e rappresentanti di varie tipologie professionali, tra cui magistrati, giornalisti, giuristi e psicologi.
La partecipazione è aperta a tutti gli interessati: ci si deve soltanto iscrivere all'indirizzo info@pratica collaborativa.it.