Tecnologia
June 18 2014
Il dibattito sul "diritto all’oblio" è polarizzato tra due estremi: i molto favorevoli e i decisamente contrari. Ma siete sicuri di aver capito di che si tratta? Torniamo al punto di partenza: la Corte di giustizia Ue ha imposto ai motori di ricerca di cancellare i collegamenti a informazioni che qualcuno ritiene "inadeguate, non più rilevanti o eccessive in relazione agli scopi per cui sono state pubblicate".
Tutto nasce in Spagna: il perito calligrafico Mario Costeja González chiede a Google di cancellare il link all’annuncio di vendita di immobili pignorati, pubblicato per ordine del Ministero del lavoro spagnolo sul quotidiano La Vanguardia. Dopo 16 anni, la Corte Ue ha espresso la sua sentenza inappellabile. Ecco i punti fondamentali.
Che cosa si cancella. Non si elimina l’informazione, ma il link per raggiungerla. E non si tratta di rimuovere notizie false o incomplete. "Per quei casi ci sono già regole chiare" dice a Panorama.it Luciano Floridi, professore di filosofia ed etica dell’informazione all’Università di Oxford, uno dei cinque esperti cui Google ha chiesto aiuto per trovare una soluzione: "Qui si deve decidere se accogliere la richiesta di cancellare un link a un’informazione del tutto veridica, completa e adeguata".
A chi si applica. Ai motori di ricerca che operano in Europa, dove Google gestisce nove ricerche su 10 (in Italia smista il 96 per cento del traffico, il resto se lo dividono concorrenti come Yahoo e Bing). È un divieto anacronistico: per esempio non si può chiedere la rimozione di link dai social network. "È meglio partire da sentenze su casi mirati, perché il problema è enorme" dice Floridi a Panorama.it. "Ora però dobbiamo innovare le leggi su questo tema: non possiamo continuare a trattare una società dell’informazione matura come se fossimo agli inizi di una rivoluzione concettuale che abbiamo già attraversato. Altrimenti continueremo a crearci problemi che non riusciamo a risolvere".
Si può fare? È la parte più seria del problema. Perché i motori di ricerca potrebbero scegliere una soluzione facile, senza rischi: basterebbe accettare tutte le richieste di cancellazione, in automatico. Così facendo, però, scomparirebbero dalle ricerche europee tutte le informazioni che non sono gradite a qualche utente (dalle recensioni di clienti scontenti alle segnalazioni di truffa o di crimini effettivamente commessi). "I rischi sono enormi, proprio perché eliminare, di per sé, è facile" dice Floridi.
Chi decide. Secondo i giudici Ue, domandare la cancellazione è lecito. Ma a decidere, poi, è il "gestore del motore di ricerca". È una situazione paradossale: Google si ritrova costretto a giudicare quali, tra i contenuti legittimi, possono restare sul web e quali no. "Abbiamo costretto aziende che si occupano di ricerche online a un ruolo innaturale: fare il guardiano di cosa può essere segnalato" commenta Floridi. Per ora Google si riserva di valutare "ogni singola richiesta, bilanciando il diritto alla privacy con il diritto di tutti di conoscere".
Dove si cancella. La sentenza è stata emessa della Corte di giustizia europea, perciò la cancellazione può avvenire solo sulle pagine europee dei motori di ricerca (per esempio, su domini come www.google.it, .fr, .de). Il principio, conferma Floridi, "è che non importa dove siano fisicamente conservate le informazioni, ma da dove sta operando il motore di ricerca". Ecco la beffa: tutto ciò che sarà cancellato da Google.it sarà consultabile su Google.com.