Disoccupazione, perché in Germania cala e in Italia cresce

Mai così in basso negli ultimi 20 anni. E' l'andamento registrato dalla disoccupazione in Germania che, secondo gli ultimi dati dell'Ufficio federale di Statistica, ha toccato a marzo un minimo del 6,4%, contro il 6,5% registrato nel mese precedente. Nello stesso giorno, dall'Istat sono arrivati invece dati assai poco incoraggianti sull'andamento del mercato del lavoro italiano. Nel nostro paese, a febbraio, il tasso di disoccupazione è tornato infatti inaspettatamente a salire e si è attestato sul 12,7%, dopo una breve parentesi in discesa a dicembre e gennaio.


Disoccupazione: aumenta in Italia, scende in Europa


Quando si parla di mercato del lavoro, dunque, la Germania sembra ancora un altro pianeta rispetto all'Italia. Capire il perché di questo divario, però, non è molto difficile. Basta passare in rassegna tutte le riforme del welfare che il governo di Berlino ha attuato nell'ultimo decennio, dal 2003 in poi, allo scopo di aumentare la competitività del sistema-paese. Si tratta di un pacchetto di misure, tutt'altro che indolori, meglio conosciute come Agenda 2010 e volute dall'ex-cancelliere Gerhard Schröder , con l'aiuto di Peter Hartz, direttore del personale della Volkswagen ed esperto di relazioni industriali.

I nuovi uffici di collocamento

Innanzitutto, con l'Agenda 2010 c'è stata una riforma degli uffici di collocamento pubblici, che sono stati unificati nell'Agenzia Federale del Lavoro, adottando un modello di organizzazione che somiglia a quello di una struttura privata. Gli uffici dell'Agenzia Federale gestiscono direttamente i sussidi di disoccupazione mentre le aziende che inviano un preavviso di licenziamento al dipendente, con qualche mese in anticipo, devono darne immediata notizia alla stessa Agenzia, in modo che il lavoratore inizi subito un percorso di reinserimento professionale, ancor prima di diventare disoccupato.


I Mini-Jobs

Con le riforme del welfare avviate nell'ultimo decennio, in Germania sono nati i Mini-Jobs, nuovi contratti di lavoro con orario ridotto, che prevedono una paga di appena 450 euro al mese e sono quasi esenti da tasse e contributi. Secondo alcune stime, oggi più di 7 milioni di tedeschi lavoranocon un un mini-job. Per 2 milioni di persone, si tratta di una seconda professione ma per altri 5 milioni è l'unica fonte di reddito. Questi contratti sono nati con l'obiettivo di di far entrare nel mondo del lavoro regolare molte fasce di popolazione prima escluse (per esempio gli studenti o gli immigrati). Tuttavia, l'utilizzo su larga scala dei Mini-Jobs viene oggi considerato considerato da alcuni osservatori come una forma di sfruttamento della manodopera a basso costo.


Sussidi di disoccupazione

È stato posto un limite alla durata dei sussidi di disoccupazione ordinaria, che non vengono erogati per più di 12 mesi (18 mesi per i lavoratori anziani over 55). È stato inoltre reso più severo il criterio per l'erogazione dell'indennità (che di solito arriva sino al 67% dell'ultimo stipendio). Chi rifiuta un'offerta di lavoro che proviene dall'ufficio di collocamento, infatti, in Germania perde il diritto all'assistenza statale. Si tratta di un sistema che in teoria è già in vigore anche in Italia, anche se spesso i nostri centri per l'impiego pubblici non riescono a gestire la domanda di lavoro dei disoccupati e a presentare delle offerte di impiego credibili.

Contratti di Lavoro

Prima di approvare l'Agenda 2010, l'ex-cancelliere Schröder ventilò anche l'ipotesi di varare delle leggi ad hoc per rendere più flessibili gli accordi collettivi nazionali qualora le imprese e i sindacati non avessero firmato delle intese per rafforzare la contrattazione decentrata. Il che ha spinto le parti sociali tedesche a stipulare, nei singoli Land e nelle singole aziende, nuovi contratti per gestire con maggiore autonomia i turni, le ferie, gli orari e i salari, in modo aumentare la produttività del lavoro derogando agli accordi collettivi nazionali.


Assistenza sociale
Sono stati introdotti dei criteri più stringenti per il sussidio sociale riservato ai disoccupati di lunga durata, cioè quelli che hanno perso il lavoro da molto tempo e che ricevono una sorta di reddito minimo garantito (esistente da tempo nel sistema di welfare tedesco). È stato escluso dall'erogazione di questa indennità chi possiede dei risparmi personali superiori a una certa soglia (fissata inizialmente a 13mila euro circa) mentre è stato stabilito un tetto massimo (attorno a 330-350 euro al mese) per l'importo assegno, a cui però si aggiungono altri contributi per i figli o per gli affitti.


Tasse e contributi

Tra il 2004 e il 2006, per abbassare il costo del lavoro, è stata messa in cantiere una riduzione di oltre 2 punti della quota di contributi sui salari destinati al sistema sanitario nazionale. Il taglio è stato finanziato con una riduzione delle prestazioni mediche gratuite, imponendo ai pazienti un sistema di compartecipazione alle spese per le visite e per la prescrizione delle cure. Inoltre, sono state escluse dai benefit pubblici alcune prestazioni mediche non urgenti ma costose come alcuni tipi di cure odontoiatriche. A partire dal 2004, il governo di Berlino ha attuato anche un consistente taglio delle imposte personali, con l'obiettivo di rimettere in tasca ai consumatori quasi 22 miliardi di euro di risorse. La manovra fiscale ha portato a una riduzione dal 48,5 al 42% dell'aliquota fiscale sui redditi più elevati e dal 19,9 al 15% dell'aliquota sulle retribuzioni più basse. Il programma è stato finanziato con un piano di privatizzazioni e di tagli ai sussidi statali.


Apprendistato

Il punto di forza del modello tedesco, che ha consentito di tenere la disoccupazione giovanile all'8% (contro il 42% dell'Italia) è da semprel'utilizzo virtuoso dei contratti di apprendistato di primo livello. In Germania, i giovani che frequentano gli istituti tecnici e professionali iniziano a lavorare molto presto, a 15-16 anni, con degli stage formativi nelle aziende basati sull'alternanza tra scuola e fabbrica. Grazie a questi programmi, il sistema di istruzione tedesco opera a stretto contatto con il mondo produttivo e riesce ad adattare con flessibilità i propri programmi alle esigenze dell'industria nazionale. Per ritrovare la strada della competitività e battere la disoccupazione, insomma, la Germania si è rimboccata le maniche e ha fatto molti sacrifici, a costo di rendere meno generoso il proprio modello di welfare. Il percorso è iniziato oltre dieci anni fa e non è stato certo una passeggiata.


Jobs Act, cinque cose da sapere

YOU MAY ALSO LIKE