Economia
December 14 2018
Più di 42mila euro a Bolzano, meno di 18mila euro in Calabria e Sicilia. Bastano questi due numeri, che indicano il pil per abitante in tre diverse regioni italiane, per capire il divario che ancora esiste, a 157 anni dal Risorgimento, tra il Settentrione e il Meridione del nostro Paese. Quando si parla di economia e di redditi, infatti, la Penisola è spaccata in due.
A dirlo sono gli ultimi conti territoriali dell’Istat aggiornati al 2017. Il prodotto interno lordo medio per abitante a livello nazionale è pari a 28.500 euro all’anno. Al di sotto di questa soglia ci sono tutte le regioni da Roma in giù. In Abruzzo il pil pro capite è 24.400 euro annui, in Sardegna e Basilicata si aggira sui 20mila euro, in Molise scende a 19mila circa e in Puglia a 18mila, per poi toccare appunto i minimi in Sicilia e Calabria.
Diametralmente opposta la situazione al Nord. Dopo Bolzano, seconda in classifica è la Lombardia (38.500) seguita dal Trentino (36mila) e dalle altre regioni del Nord Est (35mila euro di media). Al Centro e in Piemonte, il pil per abitante è invece sui 30mila euro, mentre nel Lazio sfiora i 33mila euro. Non c’è dunque da stupirsi se le famiglie che vivono nelle regioni settentrionali spendono circa il 50% in più per i consumi, rispetto a quelle meridionali (cioè 20mila euro all’anno contro 13mila).
Come se non bastasse, i conti territoriali dell’Istat mettono pure in evidenza che il divario tra Nord e Sud si è accentuato invece di ridursi. Il pil delle regioni settentrionali, infatti, nel 2017 era più o meno equivalente a quello del 2011, dopo aver attraversato una fase di discesa durante la crisi dell’Eurozona e una moderata ripresa negli anni successivi. Il prodotto interno lordo del Sud è invece ancora inferiore dello 0,5% a quello del 2011 avendo avuto una ripresa più lenta, con l’eccezione della Basilicata (+1,7% in sette anni). La questione meridionale, insomma, esiste ancora.