La lealtà nel rapporto matrimoniale
Mentre va in scena l'ennesimo teatrino politico, con l'Italia che affonda nei vortici della crisi di governo, c'è chi deve fare i conti con dolori privati altrettanto travolgenti.
Se è vero che le pene d'amore fanno parte del normale ciclo della vita, la scoperta di una relazione extraconiugale da parte di chi ti aveva giurato amore eterno può avere effetti davvero traumatici. Secondo il noto drammaturgo Alexandre Dumas "la catena del matrimonio è così pesante che, a volte, bisogna essere in tre per portarla" e noi italiani non siamo certo gli ultimi d'Europa in fatto di tradimenti se solo si considera che, da recenti sondaggi, risulterebbe che il 70% dichiara di avere tradito il partner.
Siamo dunque, mutuando parte di un discorso storico di Mussolini, un popolo di poeti, artisti e… traditori.
Le immagini di quello che sta succedendo a Montecitorio o a Palazzo Madama non sono che lo specchio di ciò che succede nelle nostre case, soprattutto in quel di Milano, Genova, Roma, Napoli e Palermo che, stando sempre alle statistiche, sono le zone hot delle relazioni extraconiugali. La geografia dei tradimenti sta così aprendo nuove strade per poter stabilire chi e come abbia tradito e debba pagare per questo: già, perché non tutti i traditori sono così abili da aprirsi un profilo Viber o Signal (che consentono di mantenere segrete delle chat attraverso un apposito pin), o fare in modo che i messaggi si autodistruggano dopo un determinato periodo di tempo (come avviene con Keepsafe).
Non tutti, insomma, sono dei provetti traditori che affrontano questo 'diversivo' con la professionalità di un agente sotto copertura. Ci sono infatti altri tipi di traditori più 'caserecci', quelli che, magari, si dichiarano "liberi di stato" o "felicemente fidanzati" nonostante a casa abbiano moglie e figli da oltre un decennio. Per questa seconda categoria l'invito alla prudenza si impone, alla luce delle ultime sentenze dei Tribunali che hanno trasformato Facebook nella proverbiale pistola fumante: ne sa qualcosa l'uomo cui, già nel 2018, era stata addebitata la colpa della fine del suo matrimonio perché, sul portale di Mark Zuckerberg, si era stupidamente dichiarato "ufficialmente fidanzato" con un'altra donna. Ma alcuni giudici sono andati anche oltre, come è successo a Palmi dove, per la prima volta, un Tribunale ha attribuito la colpa della fine del matrimonio ad un uomo, non già per conclamati comportamenti adulterini consacrati da prove del misfatto, ma derivando la violazione del precetto di fedeltà coniugale dal suo dichiararsi "single" sui social, corroborato dalla frase "mi piacciono le donne", un 'atteggiamento lesivo della dignità del partner' - è scritto nella sentenza - derivando nei comportamenti di questo marito un modo di porsi o uno stato d'animo incompatibile con la lealtà che impone il matrimonio.
Il problema è che oggi, complice anche l'isolamento sociale dell'ultimo anno, sembra che le persone siano più propense a tradire con il cybersex, il surrogato affettivo sessuale che comporta la necessità di esibire, in modo compulsivo, le conquiste virtuali. La crescita di questi fenomeni ha dunque innescato, anche nelle aule dei Tribunali, un ripensamento del significato di fedeltà: se non c'è contatto fisico o sesso effettivo, si tratta comunque di una relazione?
Si consideri che una relazione virtuale comporta pur sempre lunghe sessioni di chat intime, conversazioni e comportamenti sessualmente stimolanti che possono anche includere autoerotismo registrato con webcam. A volte però si tratta solo di timidi approcci, spacconerie da social, giocando con un avatar che proietta l'io in una dimensione virtuale, non necessariamente orientata ad un reale tradimento.
Sta di fatto che oggi le separazioni giudiziali si stanno trasformando in una sorta di psico-thriller dove internet la fa da padrone al punto che, anche laddove non si riesca a raggiungere la prova del congiungimento fisico, basterà, d'ora in poi, dare rilievo all'approccio social del proprio partner, desumendo manifestazioni d'animo compatibili con il tradizionale "tradimento". Il tutto però pone un interrogativo: ma non è che stiamo un po' esagerando?
All'estero, in fondo, nella stragrande maggioranza dei Paesi occidentali, separazioni e divorzio non prevedono lo scandaglio delle 'colpe' ed i processi sono 'no-fault' (senza colpa): chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto e si decide solo sulle conseguenze economiche e di custodia dei figli, senza andare a ricercare chi abbia errato per primo. In Italia, invece, opera ancora questo atavico bisogno di ricercare la responsabilità, di dare la colpa a qualcuno: qualcuno scrisse "errare è umano; dare la colpa a un altro ancor di più".
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