Economia
May 02 2014
Questa rubrica che vuole legare San Francisco all’Italia non inizia all’ombra del Golden Gate, ma a Corleone. È l’inizio del decennio scorso. Un elicottero atterra in prossimità della cittadina siciliana. Molti in città si chiedono con sospetto chi sia in arrivo. Scende dal velivolo un trentenne biondo, col sorriso californiano. Buongiorno, traduce l’interprete, sono Steve Luczo, vengo da Silicon Valley per trovare la fattoria di nonna Rosalia. Cala una cortina di silenzio e incredulità. Luczo, da californiano, continua a sorridere.
Una dozzina di anni dopo, e molti altri viaggi in Sicilia, il nipote di nonna Rosalia è diventato amministratore delegato di SeaGate, il gigante mondiale dei dischi rigidi con 16 miliardi di dollari in capitalizzazione di borsa, sede a Cupertino a due passi dalla Apple, 75 chilometri a sud di San Francisco. Il top manager ha comprato nel frattempo cinquecento ettari di terra intorno ai ruderi del casale della nonna, nel comune di Cammarata. Sta piantando olivi secolari: “per produrre olio biologico di alta qualità, col marchio Bona Furtuna”, dice Luczo con l’immancabile sorriso. “I miei figli devono poter ritrovare le radici della loro identità, crescere a contatto con una terra che ha una storia”. Torna in Sicilia almeno tre volte l’anno. Tra l’eredità ungherese del nonno e quella italiana, dice, ha finito per prevalere la nostra: “e ogni volta mi sorprende la vostra ricchezza naturale – basta fare un buco nel terreno e c’è acqua! – di saperi e di persone straordinarie. Il mio cuore batte da voi”.
La storia di Luczo esemplifica il messaggio di San Francisco e della Silicon Valley all’Italia. Quel miracolo di natura e di umanità che qui si chiama “Bay Area”, la regione affacciata su una bella baia all’estremo occidente del Nordamerica, ha uno straordinario DNA imprenditoriale e, insieme, un’acuta passione per l’Italia. Qui gli italiani sono presenti sin da quando vennero i primi cercatori d’oro nel 1849, i forty-niners. I nostri connazionali hanno lavorato sodo. Hanno fondato banche, fatto i sindaci, prodotto poeti e cineasti. Di generazione in generazione hanno costruito una straordinaria reputazione per sé e per l’Italia. Oggi, si dice in giro, chi non è italiano vorrebbe esserlo. Gli italo-americani di ultima generazione come Luczo riscoprono le radici. Chi può – a prescindere dalle origini – fa le vacanze in ogni angolo d’Italia, compra le Ferrari e le Ducati. Chi non può è comunque avido consumatore di Made in Italy: cibo, vestiti, musica. Gli italiani che vengono in visita qui, spesso depressi per i problemi del nostro Paese, sono sbalorditi. Ma capiscono al volo che quest’area offre enormi opportunità. A condizione di giocare la partita secondo le regole californiane.
Questa rubrica parla di San Francisco e Silicon Valley per trasmettere in Italia quell’enorme senso di possibilità che emana da questa regione. Un’attività che va di pari passo con quello che la rete diplomatico-consolare fa qui per promuovere i nostri imprenditori e la nostra cultura. Luczo, per esempio, ha raccolto l’appello dell’Ambasciatore d’Italia a Washington, Claudio Bisogniero, a favore dell’insegnamento dell’italiano e ha deciso di staccare un assegno da 100.000 dollari per riportare l’italiano nelle scuole di California. L’ha fatto in pubblico, senza preavvertirci. Alla lettura del check si sono sentite molte mascelle cadere. La nostra dirigente scolastica ha cominciato a piangere.
"Good Luck!", ci ha augurato il nostro benefattore. Bona Furtuna, dice San Francisco all’Italia, sorridendo.