Calcio
June 08 2021
Ora che il giro d'Europa di GianluigiDonnarumma e del suo ricco procuratore Mino Raiola è finito e il portierone della nazionale ha trovato l'ingaggio top che cercava, la tentazione di dire che la sua (e del suo agente) è una vittoria è forte. Irresistibile, forse, ma da respingere al mittente. Perché la vicenda dell'addio dell'ex numero 99 rossonero al club che lo ha cresciuto e lanciato, in un crescendo di mezze verità e grandi bugie lasciate filtrare attraverso amici compiacenti - "non farà mai lo sgarbo di andarsene a zero perché è milanista dentro" l'ultima in ordine di tempo - rappresenta, invece, alla perfezione una delle tante storture che stanno portando il calcio europeo su una china pericolosissima.
Donnarumma si conferma il giovanotto più ricco del pianeta o quasi. Nel 2026, alla scadenza del contratto da 12 netti col Psg, ammesso che arrivi a quell'appuntamento ancora a Parigi, avrà messo sul conto corrente bancario 60 milioni solo di stipendio. Non che prima stesse male, considerato che il Milan cui ha girato le spalle, ne aveva garantiti a lui e famiglia 28 negli ultimi quattro anni, non tutti meritati visto il rendimento in campo altalenante soprattutto all'inizio. Ricco sfondato ma con addosso l'etichetta dell'ingrato, perché andarsene a parametro zero rende ricco anche il suo procuratore ma fa un danno patrimoniale a chi, fino a ieri l'altro, rappresentava casa sua e l'amore calcistico della vita. Almeno a parole perché i fatti hanno raccontato altro. Il Milan si è comportato da signore nei suoi confronti, fino all'ultimo, lui no.
Anche Raiola esce con bell'assegno dalla vicenda e qui si apre il tema centrale della questione. Nel 2020 della crisi pandemica i club della Serie A hanno pagato commissioni agli agenti e intermediari per 138 milioni di euro, in calo del 26% rispetto ai 187 dell'anno prima ma solo perché il mercato si è bloccato causa Covid. Una montagna di denaro uscito dal sistema per servizi utili ma non indispensabili, spesso vere e proprie tasse da pagare per non vedersi espropriati di asset (calciatori) su cui si sono investiti soldi e tempo assumendosi anche il rischio d'impresa. Perché non si conosce procuratore che abbia concesso sconti in caso di stagione negativa, mentre le cronache sono piene di aut-aut al rialzo per qualche gol o parata. Un modello che non può più proseguire. In sei anni, dal 2014 al 2020, i procuratori hanno dragato dal calcio italiano poco meno di un miliardo di euro (913 milioni): un lusso cui bisogna porre un freno e la vicenda Donnarumma ne è solo l'esempio più eclatante.
E il Milan? In questo contesto ha fatto da mesi la sua scelta come Panorama aveva raccontato in aprile (leggi qui ELLIOTT E LA GUERRA SU DONNARUMMA PER CAMBIARE IL SISTEMA). La tentazione di dire che ha perso e di dipingere Raiola come il fuoriclasse dei contratti che ha messo nell'angolo Gazidis e Maldini è forte, ma va respinta. La verità è che il Milan non ha mai avuto chance di tenersi Donnarumma a condizioni eticamente accettabili per un club che ha già investito tanto sulla crescita di un ragazzotto. Era una storia persa in partenza, forse già dal giorno del debutto in Serie A nell'ormai lontano ottobre 2015. Incastrato nel giochino degli interlocutori, ma c'è stata una vera offerta per vendere il portiere nei mesi scorsi. E prima dell'estate 2019 il problema è stato il rendimento di Donnarumma, tutt'altro che in linea con il maxi stipendio che i rossoneri gli giravano.
Maldini ha tagliato il nodo annunciando il futuro (Maignan) prima che Raiola chiudesse il suo cerchio. Un segnale forte, recepito prima di tutto dai tifosi che hanno compreso bene cosa sia accaduto in questi mesi, compreso il tentativo di rimbalzare la paternità della decisione di tradire il Milan tra Gigio e Mino, coppia inseparabile. Ora il giro d'Europa è finito e comincia la carriera di Donnarumma. Non sarà facile e i precedenti non lasciano sereni chi ambisce a diventare il numero uno dei numeri uno. Nella scuderia Raiola l'impresa non è quasi mai riuscita: solo Balotelli (2010) e Maxwell (2011) hanno alzato al cielo una Champions League e solo Nedved (2003) vinto un Pallone d'Oro. Gli altri, anche quelli iper celebrati e coperti di soldi, hanno fatto le comparse al tavolo dei fuoriclasse. I soldi fanno tanto, non sempre garantiscono il successo.