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January 16 2018
Mancano pochi mesi al giugno 2018 quando le donne dell’Arabia Saudita potranno finalmente guidare l’auto grazie al cambiamento epocale applicato dal regno wahabita, l'unico al mondo che non concedeva questo diritto.
E mentre a livello burocratico si sta lavorando per organizzare scuole guida per donne e l'UniversitàPrincess Nourahdi Ryad (60.000 studenti) sta preparando dei corsi di autoscuola, il Governo rende noto che, non solo le donne potranno guidare le auto private, ma anche i taxi e gli autobus.
Le società di trasporto saudite si sono dette pronte ad assumere donne fino a un totale del 20% sul personale con la creazione di 200.000 posti di lavoro. L'ente pubblico per i Trasporti ha fatto sapere che: "Si adopererà per femminilizzare e nazionalizzare il trasporto scolastico sulla base dei vincoli imposti dalla Shariya"
Le neo-patentate, infatti, potranno condurre autobus universitari e adibiti al trasporto scolastico. Media locali chiariscono inoltre che anche il mercato si sta muovendo in vista di riconversioni, aggiustamenti e nuove opportunità.
Tra le imprese direttamente colpite dal reale decreto che mette le donne al volante, le società di servizio di trasporto e taxiUbereCareem.Careem, in particolare, prevede di assumere 100.000 donne autiste confidando sul fatto che molte saudite non vorranno prendere la patente e, essendo ancora vietata la promiscuità, preferiranno una donna tassista piuttosto che un uomo.
Mettersi alla guida della propria auto è per tutti un simbolo di libertà ma, per le donne saudite ha un valore doppio, raggiunto dopo anni di proteste, manifestazioni, arresti.
Una rigidità del governo che sembra oggi superata dopo un’altra concessione: il permesso per la prima volta ad alcune donne di entrare in uno stadio e prendere parte alle festività in occasione dell'87esimo anniversario della fondazione del regno. E le motivazioni di questa apertura sono diverse. La prima è riconducibile alla pressante ascesa del giovane principe Mohammed bin Salman, 32 anni, la quale ha fatto sì che il Paese iniziasse a cambiare passo.
Ma la vera ragione che ha spinto il governo di Riad ad aver cambiato idea sui diritti delle donne è legata a doppio filo con le motivazioni economiche del Paese che, come ha anche sostenuto lo stesso ambasciatore saudita a Washington, sta tentando di virare verso la modernizzazione anche a causa del prezzo basso del petrolio.
L'economia di Riad, finora troppo poco inclusiva e dove i maschi mal comprendono l'esigenza delle donne di poter uscire di casa da sole e di compiere liberamente dei viaggi, non ha mai considerato la popolazione femminile come un aiuto diretto. Ma adesso visto il calo dell'oro nero la situazione è cambiata: le donne possono e devono a pieno titolo sostenere la crescita di un Paese che sta cercando di rendersi indipendente dal greggio.
L’arrivo della patente è quindi imminente e ad annunciarlo contemporaneamente sia alla televisione di Stato, sia durante un evento a Washington, scrive il New York Times, è stato il Consiglio della Shura: “Questa è una grande vittoria per noi", ha commentato con soddisfazione Latifa Shaalan del Consiglio ad Al Arabiya. "Abbiamo combattuto per decenni su questo tema, e ogni volta ci veniva detto che non era il momento giusto".
Una conquista che tenta di scardinare ciò che soli pochi giorni prima della storica svolta, tra lo sconcerto mondiale, lo sceicco Saad Al Hajry, presidente del Consiglio della fatwa della provincia di Asir, aveva tentato di bloccare sostenendo il divieto perché “le donne hanno un quarto di cervello degli uomini”.
Ma ormai è stato stabilito. Si dovranno attendere nove mesi al fine di portare l’Arabia, dove vige una rigidissima separazione dei sessi, ad adeguarsi a livello burocratico, amministrativo e organizzativo soprattutto per quanto riguarda i corsi di scuola guida. Ma alla fine le donne potranno guidare.
Entro 30 giorni è prevista inoltre la creazione di una commissione governativa ah hoc. Un enorme passo in avanti per le saudite, obbligate finora a spostarsi in auto solo con un autista o con un uomo della loro famiglia.
E diversi erano stati i tentativi di cambiamento. Dopo la Guerra del Golfo fino ad oggi, le donne hanno sempre sfidato la legge e gli arresti manifestando per i propri diritti.
Nel 2013 una decina di donne avevano deciso di sfidare apertamente le rigide regole mettendosi alla guida. Fermate dalla polizia religiosa erano state multate. Tuttavia quel piccolo passo aveva segnato una rottura, anche nell'opinione pubblica. Da quel 26 ottobre di 4 anni fa le attiviste del movimento femminile saudita hanno così cominciato a postare sul web alcuni video che le ritraevano al volante. Attivisti e militanti - tra cui anche diversi uomini - avevano poi incoraggiato le loro compagne a mettersi alla guida delle auto e a postare su Twitter le loro immagini con l'hashtag "#IWillDriveMyself".
Dalla sua salita al trono nel gennaio del 2015 re Salman ha avviato una serie di riforme che hanno riguardato anche l'universo femminile. E se solo pochi giorni fa, e per la prima volta nella storia, l'Arabia Saudita ha permesso alle donne di andare allo stadio, a maggio era stata emessa l'ordinanza che permetteva l'accesso ai servizi governativi senza il consenso del coniuge o del 'tutore' maschio. Un altro grande cambiamento storico c’era stato nel 2015 quando le saudite ebbero finalmente la possibilità di partecipare come candidate a una tornata elettorale quella per i consigli municipali, che per la prima volta ha visto riconosciuto il loro diritto di voto e di elezione.
In Arabia Saudita non ci sono specifiche leggi che vietano alle donne di poter accedere a tali servizi, tuttavia alcuni organi ed uffici governativi richiedono che la richiesta venga presentata dal compagno.
Diversa invece la questione legata abbigliamento: le donne sono infatti costrette a indossare, secondo una rigida interpretazione del precetto islamico, una tunica nera che lascia scoperti solo gli occhi. Inoltre restano ancora le restrizioni sulla libertà di movimento, di viaggiare da sole oltre alla rigida separazione dei sessi in tutti gli ambiti pubblici, tranne che in quello familiare.