Dopo Manchester: l'Europa che non ha paura del terrorismo
Manchester, 22 maggio 2017. Una canzone del 2008 degli Oasis, il gruppo mancuniano che si apprestava a recitare il suo canto del cigno, si intitola I'm Outta Time. Sono fuori tempo, come quest'epoca segnata tragicamente dalle bombe dell'estremismo islamico che falcidiano l'Europa. "Here’s a song/ It reminds me of when we were young/Looking back at all the things we’ve done/You gotta keep on keepin' on/Out to sea/Is the only place I am asleep/Can get myself some piece of mind/You know it’s getting hard to fly". "Ecco una canzone che mi ricorda di quando eravamo giovani e rivedo tutte le cose che abbiamo fatto. Devi proseguire, andare avanti è necessario capirlo, è l’unica cosa da fare. Non riesco a raccogliere le idee. Lo sai, sta diventando difficile volare".
Tutto questo incedere, veloce ed inesorabile, ci riporta alla mente un mondo diverso. Un mondo che ha deciso di intraprendere un cammino lento ed inesorabile verso l'oblio della storia. Stiamo morendo e la nostra marcia funebre è quella dei "migranti" che hanno invaso Milano sabato scorso. I terroristi di matrice islamica, diciamolo senza paura, ci stanno sparando alle spalle. Ci colpiscono nell'unico modo che conoscono, nell'unico modo in cui riescono a percuoterci, uccidendo dei bambini inermi. Uccidendo il nostro futuro: 22 persone morte, 59 rimaste ferite e 12 disperse. Numeri che cambiano, mutano un istante dopo l'altro, mentre il fragore di un altro ordigno ci aspetta.
"Per dirla con la vignetta di Charlie Hebdo dopo la tragedia del Bataclan: Voi avete le armi, noi lo champagne, stronzi. E abbiamo anche le canzoni di Lady Bitch Ray, i video di Mia Khalifa, le foto di Sila Sahin. Pensateci esausti, umidi, ubriachi di felicità, di libertà. Spandiamo amore, voi terrore. Abbiamo vinto noi, stronzi". Queste le parole vergate da Michele Monina all'interno del sito Linkiesta. Masturbarsi guardando Mia Khalifa, una vittoria davanti agli attentatori. Tracannare champagne davanti ad un plotone pronto all'esecuzione, ma gridando vittoria. In barba a Nicola Bombacci, fucilato dai liberatori, capace di urlare innanzi alla morte "Viva l'Italia. Viva il Socialismo". Il declino, l'obesa coscienza atterrita dell'europeo errante. Europeo stanco incapace di conoscere una casa, una meta, un traguardo, un arrivo oppure una partenza. Alla mercé dei venti.
I nostri governanti hanno creato ed importato il boia tra di noi. Lo hanno coccolato fino a farlo diventare inarrestabile, una bomba ad orologeria ed il ticchettio arriva da ogni dove. Dal Belgio, dalla Francia, dalla Germania o dall'Inghilterra. Un domani anche dalla nostra nazione? Vittime della sorte, ma gli hashtag non servono a nulla se non a renderci ridicoli davanti alla morte. Atto blasfemo nei confronti di chi, giornalmente, nella Siria di Bashar al-Assad dona la propria esistenza contro un nemico figlio del delirio di onnipotenza statunitense e dei suoi fratelli.
In alcuni istanti rimango esterrefatto, inebetito davanti alla fine che galoppa verso di noi. Il Tg1 ha intervistato un ragazzo italiano che lavora in un locale attiguo alla Manchester Arena. Il giovane, studente Erasmus, raccontava gli attimi di terrore e di come nel luogo dove si adopera ogni giorno, per sopravvivere, siano stati messi al riparo decine di minorenni. La notizia entrava nel vivo, il giovane ha un'amica scampata all'attentato del Bataclan ed una sorella sopravvissuta ad un atto terroristico in Burkina Faso. La globalizzazione del terrore. La globalizzazione del caso.
Alla fine, sconsolato, dice: "Ce lo aspettavamo". Rassegnato con lo sguardo spento. Ed è proprio qui che ci viene in aiuto Domenique Venner che ci invoca ad insorgere contro il fatalismo. L'etica dell'onore. Essa è l'unica via da inseguire, mentre tutto brucia al cospetto degli ignavi. Dobbiamo resistere dinanzi a questo, avere la forza di indicare chi sono gli avversari del nostro tempo. I nemici sono quelli che hanno esultato davanti alla vittoria di Macron in Francia, celebrando il trionfo dell'economia sulla politica. I nemici sono quella della "marcia per il migrante", tenutasi sabato scorso a Milano, che inneggiano alla Grande Sostituzione, così come l'ha descritta Renaud Camus, dei popoli europei e si voltano dall'altra parte, mentre la nostra Patria muore. I nemici sono quelli che chiedono più integrazione, più accoglienza davanti all'ennesima strage. Ma non tutti si piegano, il nostro Paese è pieno di uomini liberi, ora è il momento di non chinare la testa.
"Uno dei soldati del Califfato è riuscito a posizionare ordigni esplosivi in mezzo a un raggruppamento di crociati nella città britannica di Manchester, dove è avvenuta l’esplosione nell'edificio Arena che ha causato la morte di 30 crociati e il ferimento di altri 70. Per chi venera la Croce e i loro alleati il peggio deve ancora venire. Sia lode al Signore". Questo l'agghiacciante comunicato di rivendicazione dell'attentato. Una spirale di violenza inaudita, nel quale ognuno di noi è colpevole, proprio come recitano le scrittrici Valerio nel volume Non ci sono innocenti: "Ti ho detto cosa mi ha raccontato di quell'ingegnere anarchico francese che aveva messo una bomba in mezzo alla gente? Al giudice istruttore che gli diceva: 'ma come? Lei, un uomo di cultura! Si rende conto che ha ucciso degli innocenti?' sai cos'ha risposto? - Fece una pausa. - 'Io non ho ucciso degli innocenti. Non ci sono innocenti. Il n'y pas d'innocents.' Disse così". Un delirio alla Sex Pistols. Perché mentre tutto scorre, abbiamo deciso di utilizzare come simbolo della strage un fiocco a lutto con le orecchie. Adriano Scianca, sulle colonne de Il Primato Nazionale, afferma: "Il cerchietto con le orecchie da gatto è simpatico come gadget infantile ed è straziante quando rappresenta l’attacco cieco e spietato a questa dimensione ludica. Ma è altresì disarmante quando viene elevato al rango di risposta simbolica al terrore". Abbiamo paura della nostra stessa ombra, siamo fanatici del masochismo e moriremo per questo. Ma noi no, anche se tutti noi no.
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