Lifestyle
September 10 2018
Reportage di viaggio e testi con suggestioni naturalistiche stanno godendo di nuova fortuna, una – fondata o meno – aspirazione al “ritorno alla natura” che riempie i nostri scaffali di memoir di lunghi viaggi a piedi, traversate oceaniche e conquiste di alte vette. Dove soffiano i venti selvaggi di Nick Hunt (Neri Pozza, 2018), se per un verso si inscrive in questo stesso filone, per l’altro segue un percorso inedito, quello tracciato dai più famosi venti europei: Helm, Bora, Föhn e Mistral.
L’incessante corsa dei venti plasma dalla notte dei tempi luoghi e popolazioni, piegando gli alberi e gli uomini alle sue bizzose esigenze. Invisibili all’occhio umano, la presenza dei venti è avvertita con un misto di reverenza e paura tra le montagne dove sembrano nascere quasi dal nulla. Nick Hunt, giornalista e scrittore di viaggio, ha provato a seguire le tracce di quattro venti, scoprendo che il legame tra loro e gli uomini che li custodiscono è indissolubile e che non sempre li si trova quando li si cerca (ma quando decidono di farsi sentire è impossibile ignorarli).
Questo è, forse, l’elemento più interessante del libro: la presenza ingombrante, quasi dispotica, di un elemento in realtà sempre meno considerato dalla nostra quotidianità cittadina. Dei venti si parla nelle zone dove soffiano potenti, sulle coste o in cima alle montagne, ma per il resto sembrano qualcosa di arcaico e ormai dimenticato, come tanti altri elementi della natura, che pure ci circondano e determinano l’organizzazione delle nostre vite.
Hunt si muove perlopiù a piedi, ogni vero viaggiatore, d’altronde, preferisce i percorsi lenti, che permettono scambi e incontri. A livello narrativo, questa pletora di personaggi che fanno capolino tra le pagine, assicurano un ulteriore movimento a un racconto altrimenti meditativo. Hunt caratterizza le persone che incrociano il suo cammino con brevi pennellate, sufficienti a far emergere caratteri e peculiarità così come l’autore le ha percepite durante colloqui spesso molto brevi. Sono impressioni, per certi versi, tracce fugaci come quelle dei venti che Hunt sta inseguendo.
Da questo punto di vista forse il capitolo più interessante è quello dedicato alla Bora, che Hunt segue attraverso il Friuli-Venezia Giulia e la Croazia. I panorami austroungarici di Trieste, città lenta e sonnacchiosa, avamposto d’Italia su una costa che non le appartiene più, si succedono a quelli più selvatici del Carso e dunque a quelli croati, ancora più brulli, duri, a cui, in un eterno legame tra uomo e natura, si adeguano le genti che l’autore incontra.
Dove soffiano i venti selvaggi è un memoir ricco di nozioni scientifiche in cui, tuttavia, ha sempre la meglio il lato più umanista del viaggiatore, che riporta miti e leggende e ritrova l’impronta dei venti sulle popolazioni che, volenti o nolenti, ormai da millenni ospitano il loro passaggio.
Nick Hunt
Dove soffiano i venti selvaggi
Neri Pozza, 2018
295 pp., 17 euro