Droni turchi in azione in Ucraina (e li fabbrica l'occidente)
La crisi ucraina stimola alleanze industriali che potrebbero risultare pericolose per la Nato e inopportune per la scottante situazione attuale: la Turchia, membro della Nato, ha in Kiev un alleato con il quale condivide buona parte delle politiche di gestione del Mar Nero e dello spazio aereo confinante. Non stupisce quindi che le due nazioni abbiano deciso di co-produrre un drone di progettazione turca, finora costruito da Ankara soltanto sul proprio territorio, ma ora ceduto alle forze ucraine oltre che ad altri Paesi. La notizia è stata riportata da un alto funzionario ucraino, il quale il tre febbraio ha dichiarato che i due Paesi firmeranno un accordo che sarà ratificato dai rispettivi parlamenti entro la fine del mese. Il ministro della Difesa ucraino, Olesi Reznikov, interrogato dalla stampa nazionale ha confermato l'accordo e dichiarato che il complesso di co-produzione includerà anche un centro d'addestramento al volo dove saranno addestrati i piloti dell'Aeronautica Militare ucraina (Vpsu). Il programma esula dalla situazione di crisi in atto: nel 2019 la Baykar Makina, un produttore di droni turco di proprietà privata, aveva vinto un contratto per la vendita di sei droni armabili Bayraktar TB-2 proprio all'Ucraina. Il contratto, che aveva un valore equivalente di 69 milioni di dollari, prevedeva anche la vendita di munizioni per la versione armata del velivolo, senza quindi lasciare dubbi sul tipo di missioni al quale i droni sarebbero stati destinati. E nel settembre 2021 il governo ucraino ha annunciato che intendeva acquistarne altri 24 con un nuovo contratto da perfezionarsi nei prossimi mesi.
Di fatto la cronaca ha conclamato che tra il 2019 e la fine del 2021 le forze ucraine hanno utilizzato i TB-2 contro i separatisti sostenuti dalla Russia nell'Ucraina orientale, conducendo attacchi a sorpresa che hanno ovviamente infastidito Mosca. E poiché i funzionari statunitensi hanno affermato di avere acquisito le prove sul fatto che i russi stiano propagandando video delle forze ucraine che li attaccano proprio con questi droni, venerdì scorso il Washington Post ha riportato che tale gesto compiuto da un'arma realizzata da una nazione della Nato implica la compromissione dell'Alleanza stessa. Il Bayraktar TB-2 è un sistema a pilotaggio remoto tattico di media altitudine e lungo raggio sviluppato dalla Kale-Baykar, joint venture di Baykar Makina e Kale Group. La sua funzione, oltre che trasportare ordigni leggeri, è quella della ricognizione e dell'intelligence. Pare comunque che la versione costruita da Kiev avrà un motore ucraino della Motor Sich al posto del Rotax 912 da 100 hp dell'originale turco. Brp-Rotax GmbH&Co, comunemente nota come Rotax, un'azienda austriaca con sede a Gunskirchen che produce motori per il gruppo canadese Bombardier Recreational Products, utilizzati su motoslitte e moto d'acqua, motocicli, kart e velivoli leggeri. A parte l'opportunità o meno di venderli alla Turchia per questo scopo – pecunia non olet - questo tipo di motore è alimentato a benzina, mentre l'evoluzione ucraina potrebbe vedere l'impiego di heavy-fuel, ovvero di cherosene, estendendo le prestazioni del TB-2 donandogli un aumento della quota e della distanza operativa.
Il battesimo del fuoco di questo drone è avvenuto in Kurdistan e contemporaneamente in Libia: si tratta di un monoplano con coda a V di dimensioni abbastanza contenute, 12 metri d'apertura per 6,5 di lunghezza e 2,2 d'altezza, del peso massimo di circa 650 kg dei quali 150 di carico utile da suddividere tra carburante e armamenti. Questi possono essere bombe a guida laser, missili, ma più comunemente razzi. I materiali usati sono compositi, carbonio e kevlar, con elementi in alluminio. Può volare a circa 220 km l'ora, quindi relativamente lento, ma per oltre 25 ore, alla quota massima di 8.000 metri. Viene venduto al costo unitario di sei milioni di dollari e ogni sistema è formato da sei aeromobili, due stazioni di controllo a terra, tre terminali dati a terra, due terminali video remoti e con le apparecchiature di supporto a terra. Tutti hanno installata una videocamera elettro-ottica e a infrarossi, un designatore di bersaglio laser e il relativo puntatore. Le sue caratteristiche, il costo relativamente economico rispetto ai concorrenti occidentali e la dotazione completa lo hanno fatto scegliere da Qatar, Ucraina, Laf libica, Azerbaijan, Polonia e ovviamente Turchia, ma anche da forze contractors operanti in Africa. Proprio la presenza del Tb-2 in Polonia e Turchia lo rende un'arma Nato a tutti gli effetti, seppur non standardizzata.
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