Trovati due pianeti d'acqua nella galassia
Si possono definire “waterworld”, mondi sommersi da oceani, dall’omonimo film di fantascienza del 1995 interpretato da Kevin Kostner. Sono due pianeti chiamati Kepler-138c e Kepler-138d di cui si conosceva l’esistenza insieme a Kepler 138b, grazie agli studi con il telescopio della Nasa “Kepler”, ma di cui non erano chiare affatto le caratteristiche. Fanno parte di un sistema planetario distante 218 anni luce, nella costellazione della Lira, individuabile con grande facilità vicino la stella Vega d’estate, ma anche in primavera e in autunno. Orbitano attorno a una nana rossa, con massa circa il 40 per cento di quella del nostro Sole.
Ora lo studio dettagliato su Nature Astronomy, facendo una comparazione tra i dati calcolati delle misure e delle masse e i modelli, dimostra che Kepler-138c e Kepler-138d hanno una frazione significativa del loro volume costituita da materiali più leggeri della roccia e più pesanti dell’ossigeno o dell’elio (elementi che costituiscono il grosso di pianeti giganti come Giove). Ci sono quindi pochi dubbi che siano costituiti da acqua. Un fatto che fino a qualche anno fa era impensabile dato che i pianeti poco più grandi della Terra, le cosiddette super-Terre, erano perlopiù immaginate esclusivamente come grandi palle di metallo e roccia.
Ebbene, Keplero-138c e Keplero-138d sono completamente differenti in natura: il loro volume è per la maggior parte costituito da acqua anche se gran parte di essa potrebbe essere costituita da vapore. Secondo i ricercatori, se uno volesse fare un paragone, allora dovrebbe pensare prima alle lune ricche di acqua come Europa (satellite di Giove) o Encelado (satellite di Saturno) che hanno uno strato di acqua liquida sotto la sua superficie e ghiaccio superficiale congelato. Nel caso di Keplero-138c e Keplero-138d, però, l’acqua è allo stato liquido e probabilmente l’atmosfera è spessa e ricca di vapor,e a causa delle alte temperature.
Non sappiamo se ci siano forme di vita su Keplero-138c e Keplero-138d. Quello che sappiamo è che abbiamo scandagliato una frazione piccolissima dell’universo alla nostra portata. Il James Webb Telescope ci consentirà di esaminare molto di più di quanto abbiamo fatto finora. Di pianeti candidati a ospitare la vita ce ne sono diversi. Proxima b, che ruota attorno alla stella Proxima Centauri, è il pianeta con le condizioni per la vita più vicino a noi. A una missione che corresse alla velocità del 15-20 per cento di quella della luce occorrerebbero circa quattro anni per scattare foto su questo pianeta e inviarle sulla Terra.
C’è poi GJ1214b, un corpo celeste molto caldo che si muove attorno a una nana rossa, interamente coperto da oceani e da un’atmosfera densa di vapori; oppure Kepler- 452b, una “super-Terra” che orbita intorno a una stella molto si- mile al Sole. Gliese 3323 b, distante circa 17 anni luce da noi, ha condizioni simili a quelle terrestri pur avendo una massa doppia, Kepler-438b, a 472 anni luce da noi, ruota attorno a una nana rossa e po- trebbe avere condizioni di abitabilità, se non fosse per le violente tempeste solari che rendono difficile la presenza di vita simile alla nostra.
L’indiziato “pianeta B” per eccellenza, sul quale si sta concentrando telescopio James Webb, è il cosiddetto Trappist-1e, uno dei sette pianeti orbitanti intorno a una piccola stella distante dal Sole circa 40 anni luce. I modelli matematici suggeriscono che il corpo celeste potrebbe avere oceani sulla sua superficie e, data la distanza dalla sua stella, essere abbastanza caldo. L’«occhio» di James Webb dovrà confermare l’eventuale presenza di grandi percentuali di ossigeno nell’atmofera di questo pianeta, una congettura basata sull’ipotesi che nella sua fase di formazione parte dell’acqua in superficie evaporata sia stata scissa da raggi ultravioletti nei suoi elementi costituenti.
Di questi solo l’ossigeno sarebbe stato trattenuto in atmosfera, mentre l’idrogeno, più leggero sarebbe sfuggito alla forza di gravità. Visto che Trappist-1e rivolge sempre lo stesso emisfero alla sua stella (rotazione sincrona), una delle sue facce è sempre illuminata, l’altra buia. Così possiamo immaginarlo abitato solo in un emisfero, quello della luce. O abitato in entrambi gli emisferi: il regno della luce e quello delle tenebre. Ma qui l’astronomia diventa fantascienza.
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