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October 03 2017
In Inghilterra non c’è persona che non conosca la storia della ritirata dell’esercito inglese da Dunkerque durante la Seconda guerra mondiale. La drammatica fuga dall’esercito nazista viene studiata a scuola ed è spesso utilizzata nella lingua comune, ad esempio come modo di dire in momenti di ottimismo per indicare una situazione da cui si è riusciti ad uscire vittoriosamente (i soldati inglesi, accerchiati, sono sfuggiti al nemico riparando in Inghilterra per poter continuare a difenderne i confini).
In Italia, invece, paese ricco di drammatici ricordi e teatro di feroci avvenimenti storici, il nome di Dunkerque richiama alla memoria poco o nulla e il film di Christopher Nolan, intitolato Dunkirk, all’inglese, è stato accolto come una generica pellicola di guerra, che destava sicuramente interesse più per il suo regista che per una storia abbastanza ignorata.
Dunkirk è anche il titolo del saggio (pubblicato in Italia da HarperCollins) di Joshua Levine, consulente della produzione di Nolan, che unisce una dettagliata analisi storica della ritirata inglese al racconto della lavorazione cinematografica e delle scelte fatte dal regista prima e durante le riprese del film. Un lavoro di ricerca interessante per capire il massiccio lavoro di trasposizione di Nolan e scoprire una pagina della storia recente che nel nostro paese non è molto conosciuta.
Seguire la moltitudine di avvenimenti, vite, episodi, che si sono susseguiti sulla spiaggia di Dunkerque durante l’evacuazione è particolarmente complesso, perché la caotica situazione che si è venuta a creare ha comportato il convergere di punti di vista ed esperienze profondamente diverse l’una dall’altra, forzatamente congiunte in un unico luogo.
Levine non si limita però a seguire la ritirata dell’esercito inglese, soffermandosi su piccoli avvenimenti esemplificativi ed evocando i nomi degli uomini che li hanno vissuti, da quelli più in alto nella gerarchia militare all’ultimo soldato semplice. L’autore, infatti, si dedica a un complesso lavoro di contestualizzazione, dedicando interi capitoli alla vita quotidiana negli anni di guerra e in quelli appena precedenti, per rendere chiaro ai suoi lettori chi sono le persone che si sono trovate fianco a fianco su quella spiaggia francese, con il mare davanti e i nazisti alle spalle.
Una parte consistente del libro, inoltre, è volta al racconto della guerra e di quelle scelte, sia da parte dell’esercito nazista sia da parte degli Alleati, che hanno portato alla battaglia di Dunkerque.
Come dicevamo, Levine, intreccia la storia mondiale con la piccola storia della lavorazione del film. L’ultimo capitolo è allora dedicato alle scelte di regia e produzione, a partire dalle necessarie interviste preliminari con reduci di guerra. Fare un film non è come scattare una fotografia e Nolan per trasmettere l’orrore della battaglia si è servito di tecniche generalmente utilizzate negli horror e ha scelto di seguire le esperienze, personalissime e soggettive eppure tutte reali, di alcuni personaggi intrappolati in uno dei tre mondi in cui viviamo: la terra, il mare, e il cielo.
Perché quello che Levine e Nolan cercano di trasmettere è alla fine un’unica cosa: ogni guerra è soggettiva e lo stesso avvenimento può essere vissuto in maniera radicalmente differente da due persone diverse ed essere, allo stesso tempo, ugualmente vero.
Joshua Levine
Dunkirk
HarperCollins, 2017
402 pp., 18 euro