Economia
June 01 2018
Sarà Giovanni Tria, professore dell’Università Tor Vergata di Roma, il nuovo ministro dell’Economia. Una scelta fondamentale, che ha permesso di sbloccare l’impasse in cui era caduta la formazione del nuovo governo, arenatasi sulla precedente candidatura, quella di Paolo Savona, sul quale era arrivato lo stop del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Dunque, il nome di Tria sblocca la situazione, e lo fa in un modo che sostanzialmente soddisfa tutti e tre gli attori di questa partita, ossia i due partiti di governo, Lega e M5S, e il Capo dello Stato.
E questo proprio grazie al pedigree che può vantare il professor Tria, le cui idee, come detto, sostanzialmente accontentano un po’ tutti. E allora cerchiamo di capire meglio chi è Giovanni Tria e quali sono le sue posizioni economiche su alcune delle questioni più scottanti all’ordine del giorno: dall’euro al reddito di cittadinanza, passando per la flat tax.
Giovanni Tria nasce a Roma nel 1948 e dopo una laurea in Giurisprudenza conseguita presso l’Università La Sapienza, inizia una carriera accademica e professionale, lunga ormai più di 35 anni, nel mondo dell'economia.
Attualmente è preside della Facoltà di economia della già citata Università Tor Vergata, ma come detto, può vantare un corposo curriculum vitae. Tra le altre cose è stata infatti presidente della Scuola nazionale dell'amministrazione, membro della Società economia italiana, membro dell'American economic association e delegato del governo italiano nel Board of directors dell'Ilo (International Labour Office).
Entrando nel merito delle posizioni economiche di Giovanni Tria, conviene partire dalle sue idee sull’euro, improntate, potremmo dire, a una moderata critica, e che sono quelle che di certo gli sono valse la fiducia di Mattarella e il suo conseguente via libera alla guida del ministero dell’Economia.
Più di ogni altra cosa in merito valgono le parole stesse del nuovo inquilino di Via XX Settembre, affidate qualche tempo fa ad un articolo apparso sul Sole24Ore, scritto a quattro mani con l’ex ministro del centrodestra Renato Brunetta.
“Non ha ragione chi invoca l'uscita dall'euro senza se e senza ma come panacea di tutti i mali", scriveva Tria, “ma non ha ragione neppure chi sostiene che l'euro è irreversibile. Bisogna cercare soluzioni condivise e cambiare insieme perché uscire dall'euro da soli significa pagare solo costi senza benefici".
E a favore di Giovanni Tria avranno anche certamente giocato le sue convinzioni in tema di rispetto del bilancio dello Stato e di rilancio degli investimenti, inseriti in un ambito di azione comunitaria.
In un convegno dell’estate scorsa infatti, il nuovo ministro dell’Economia affermò: “Riteniamo che sia necessario un programma europeo di investimenti pubblici accompagnato dal mantenimento di rigidi vincoli di bilancio tali da assicurare saldi primari necessari alla discesa dei debiti sovrani”.
E in particolare, aggiunse ancora Tria: “Per ciò che riguarda la politica di bilancio italiana è necessario rovesciare la politica perseguita negli ultimi anni che ha visto la spesa pubblica privilegiare la spesa corrente rispetto a quella per investimenti".
Per quanto concerne invece le osservazioni di Giovanni Tria su alcuni dei punti cardini del programma economico condiviso da Lega e M5S, di particolare interesse sono i suoi commenti sulla flat tax.
In un articolo apparso sul sito Formiche.net qualche settimana fa, il nuovo ministro dell’Economia esprimeva infatti la sua sostanziale approvazione per una riforma fiscale di questo tipo.
Non è chiaro però se i due partiti di governo saranno disposti ad accettare la copertura di spesa immaginata da Tria per questa operazione, ovvero il via libera all’aumento dell’Iva, operazione questa che Di Maio e Salvini hanno invece sempre dichiarato di voler evitare a tutti i costi.
Ancora una volta più di tutto valgono però le parole testuali utilizzate in materia da Tria: “Sarebbe preferibile – scriveva il nuovo numero uno di Via XX Settembre a proposito proprio della flat tax - far partire la riforma con un livello di aliquota o di aliquote, che consenta in via transitoria di minimizzare la perdita di gettito, per poi ridurle una volta assicurati gli effetti sulla crescita. Inoltre - precisava - non si vede perché non si debba far scattare le clausole di salvaguardia di aumento dell'Iva per finanziare parte consistente dell'operazione".
Nello stesso articolo, Tria esplicitava poi anche le proprie idee riguardo il reddito di cittadinanza, sul quale invece a prevalere erano soprattutto i dubbi, tanto sulla sua reale effettiva natura quanto sulla possibilità di una sua realistica copertura economica.
“Non sappiamo ancora cosa sarà – scriveva infatti il nuovo ministro dell’Economia -. Sembra oscillare tra un’indennità di disoccupazione un poco rafforzata e un provvedimento, improbabile, tale da configurare una società in cui una parte della popolazione produce e l’altra consuma”.
E concludeva, sottolineando che, a rendere se possibile ancora più incerta una possibile introduzione del reddito di cittadinanza, c’era il fatto che non fossero state appunto stimate e valutate “le risorse richieste e l’ampiezza del pubblico dei beneficiari”.