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March 12 2018
Riuscire a percepire le emozioni del prossimo, a immedesimarsi con lo stato d'animo delle altre persone e fornire loro una adeguata risposta emotiva è una qualità insita nel nostro corredo genetico.
Lo ha dimostrato un pool di scienziati provenienti da prestigiose istituzioni internazionali: Università di Cambridge, Istituto Pasteur e Università Diderot di Parigi e CNRS, l'equivalente francese del nostro Centro Nazionale di Ricerca.
La capacità di mettersi nei panni dell'altro, comunemente nota come empatia, e più o meno sviluppata in ciascun individuo, non è solo il risultato di diversi fattori esterni, quali la propria storia personale, l'evoluzione della sensibilità individuale (tramite le esperienze vissute e i rapporti con gli altri) e l'educazione ricevuta.
Uno studio, pubblicato sulla rivista Translational Psychiatry il 12 marzo 2018, rivela infatti che anche la componente genetica prende parte alla formazione di questo atteggiamento psichico, fondamentale nelle relazioni interpersonali e presente, tra l'altro, anche negli animali.
Nel 2002 i ricercatori di Cambridge hanno messo a punto un test per calcolare il quoziente d'empatia (EQ) di ciascuna persona tramite una serie di domande, con uno schema simile a quello per misurare il quoziente d'intelligenza.
La prova valuta sia l'empatia cognitiva, cioè la capacità di riconoscere i pensieri e i sentimenti altrui, sia l'empatia affettiva, vale a dire l'abilità nel saper rispondere ad essi con un'emozione appropriata.
Questo test ha confermato come alcuni di noi siano molto più empatici di altri e che mediamente le donne lo sono più degli uomini.
Per comprendere le cause, a livello biologico, di queste differenze gli scienziati sono andati a cercare direttamente nel DNA.
Il test per l'EQ è stato sottoposto a oltre quarantaseimila persone, alle quali è stato poi prelevato anche un campione di saliva per analizzare il loro DNA.
Valutando le risposte e confrontando i risultati con gli esami di laboratorio è emerso che l'empatia è associata a fattori genetici: la differenza osservata tra gli individui dipende per almeno un decimo da variazioni genetiche.
Può sembrare una frazione trascurabile, ma pensate a come risulta percettibile, per esempio, la diversa reazione di ciascuna persona verso i nostri sentimenti, a quanto riesce a capire se ci sentiamo infelici o gioiosi. Ecco, non per assolverli, ma se proprio alcuni individui non ce la fanno a immedesimarsi con le nostre emozioni è perché geneticamente ne sono limitatamente capaci.
Non dipende dal DNA: le donne sono più empatiche a prescindere. Lo studio lo ha confermato: non è stata osservata differenza tra maschi e femmine nei geni che contribuiscono all'empatia. Allora perché gli uomini sono meno bravi a intuire i sentimenti degli altri (specialmente delle donne)? Secondo i ricercatori le cause vanno ricercate in altri fattori, come l'influenza degli ormoni, che invece tra i due generi è molto diversa.
Le persone che soffrono di autismo hanno mostrato di avere molte difficoltà con l'empatia cognitiva, mentre con quella affettiva si trovano nella media degli altri soggetti.
E lo studio ha mostrato che le varianti genetiche associate con bassi livelli di empatia sono le stesse correlate a un più alto rischio di autismo.
?La scoperta è un passo importante per sviluppare un nuovo approccio per aiutare le persone affette da questa disabilità: possiamo capire quanto il ruolo della genetica incide in questa condizione? spiegano gli scienziati.
Poiché ogni singolo gene ?incide solo per una piccola parte? risulta difficile identificarli: ?bisogna estendere lo studio quindi su un più ampio campione di popolazione per riuscire a individuare con precisione i meccanismi biologici che stanno alla base delle lievi differenze di empatia tra ciascun individuo?.