Televisione
November 22 2020
Nella carriera di Elena Sofia Ricci c'è un episodio che avrebbe potuto cambiarle per sempre la vita: nel 1988 volò a Los Angeles per un provino e, contro ogni sua aspettativa, venne presa per girare Revenge, con Kevin Kostner. Spaventata dai vincoli del contratto, disse no grazie e rientrò in Italia. Questione di sliding door, ma non di rimpianti. «Ho preferito scegliere la libertà e rifiutai», racconta a proposito di quell'episodio. Che cosa sarebbe successo se avesse detto sì è impossibile dirlo, che cosa ne è stato del suo cammino professionale è invece sotto gli occhi di tutti: da quarant'anni, surfa tra cinema, teatro e tv, senza paura di mescolare generi o di dire altri sonori no - «sono una mina vagante», ammette - giocare con il teatro con le serie pop dagli ascolti record. La prossima sfida? Il film tv su Rita Levi Montalcini, in onda su Rai 1 giovedì 26 novembre.
Scappare dalle etichette, rincorrere nuove sfide, esplorare personaggi e universi lontani da lei e dal suo mondo interiore. Con una solida certezza: schivare le eroine. «È un modello tramontato che dovrebbe cessare di esistere. Sarebbe meglio riconoscersi nelle persone fragili, per il bene dei nostri figli, così si liberano dal mito della perfezione in cui li abbiamo fatti crescere», ha spiegato di recente in un'intervista. La carriera di Elena Sofia Ricci è cominciata quarant'anni fa – anno più anno meno – non si è più fermata e non ha nemmeno conosciuto quelle brusche frenate tipiche del mestiere.
Nel suo curriculum c'è molto cinema – gli inizi con Carlo Vanzina, Pupi Avanti e poi con Carlo Verdone, che la porta a vincere un David come miglior attrice non protagonista per Io e mia sorella – ma è stata tra le prime ad annusare le potenzialità delle serie tv, quelle che negli anni '90 tutti chiamavano ancora fiction, e delle storie che ti legano al grande pubblico. Così, a sorpresa, nel '95 gira Caro Maestro, iconica serie di Canale 5 con Marco Columbro e Sandra Mondaini, rimasta negli annali della tv commerciale. «Prima le fiction facevano schifo a tutti. Puro snobismo. Non so se sono stata lungimirante, vado a istinto», osserva.
Da quel momento in poi ha alternato piccolo e grande schermo, in mente sempre le parole dell'immenso Marcello Mastroianni: «Sofì mi raccomando, questo lavoro si impara facendolo: sporcati le mani». E lei lo ha sempre fatto, rispettando più il patto con il pubblico che i desiderata di certi critici radical chic. Se c'è un punto di svolta, quello in cui il successo le è esploso tra le mani, è senza dubbio Orgoglio, il feuilleton in costume di Rai 1 – siamo a metà degli anni 2000 - in cui incarna la marchesa Anna Obrofari (indimenticabile quando Enrico Lucherini la fece ruzzolare ad arte di fronte ai fotografi mentre il set andava a fuoco, solo per combinare una delle sue "lucherinate") e incolla al video 10 milioni di spettatori a puntata con share bulgaro intorno al 40% (la terza stagione crolla quando lei esce di scena).
Subito dopo un altro colpaccio I Cesaroni, su Canale 5, sei anni di successi clamorosi per una delle fiction che ha conquistato intere generazioni e lanciato nuovi talenti (Alessandra Mastronardi su tutti), e poi uno dei ruoli cui è più legata, quello di Francesca Morvillo in Giovanni Falcone-L'uomo che sfidò Cosa Nostra. «Le serie regalano nuove sfide e l'amore della gente. Se riempio i teatri, lo devo alla popolarità delta tv», ammette. Nel 2011 l'ennesimo scelta giusta, accettando di interpretare Suor Angela, la religiosa ex galeotta ironica, politicamente scorretta e impicciona, l'alter ego femminile di Don Matteo e protagonista di Che Dio ci aiuti. «Tutte le attrici sognano d'interpretare la suora. O la prostituta. E il primo dei due è il ruolo più difficile», ironizza la Ricci, che della serie sbanca ascolti sta girando in questi mesi (e fino a febbraio) la sesta stagione. Dopo quasi cento episodi, il pubblico non si è ancora stufato.
Il segreto del successo di Elena Sofia Ricci? Forse va cercato in quel mix di talento, garbo da anti-diva, ironia e credibilità che le ha permesso di attraversare generi e di sperimentare la contaminazione. La fiction nazional-popolare (con qualche inciampo, come il flop di Amiche mie, su Canale 5), il teatro con Patroni Griffi, i film sbanca botteghino (cult il ruolo della zia in Mine vaganti di Özpetek). Gli ultimi due successi? Loro, di Paolo Sorrentino, in cui interpretando Veronica Lario ha conquistato il David come miglior attrice, e ancora Vivi e lascia vivere, la serie diretta da Pappi Corsicato che la scorsa primavera ha messo d'accordo pubblico e critica.
«Sono sempre scappata dalle etichette: scelto un ruolo, ne creavo uno opposto», spiega. E così giovedì 26 novembre sarà Rita Levi Montalcini nell'omonimo film tv di Rai 1 e per interpretarla ha assorbito gesti, gusti e modi della senatrice a vita che vinse il Nobel per la Medicina nel 1986. «Mi ritrovo nella morale della Montalcini, il quel Sapere aude kantiano, "abbi il coraggio di conoscere", che ci rivela il coraggio di conoscere», dice alla vigilia della messa in onda. Un omaggio, il suo, non un'imitazione, precisa. E poi via verso il prossimo progetto, in attesa che i teatri riaprano (più forti e pieni di prima), il prossimo ruolo cui prestare la faccia, con le sue rughe e le sue imperfezioni. Perché lei, ai ritocchini non ha ceduto: «Preferisco far cadere quel poco che ho e non mettermi a competere con le più giovani. Può sempre servire una bella e affascinante cinquantenne, se divento un muppet non posso più fare nulla».