La prossima Unione Europa punta a destra ma con il Ppe perno decisivo

Il PPE sarà sempre di più il baricentro della politica europea. Non per meriti particolari ma per il semplice fatto che gli altri partiti mainstream di centro e sinistra perderanno voti mentre i popolari manterranno intatto il proprio consenso, grazie soprattutto alla forza della Cdu tedesca, del PP spagnolo e del partito polacco di Donald Tusk. Probabilmente il PPE otterrà il maggior numero di voti e seggi, perdendo al massimo pochi scranni rispetto al 2019.

I gruppi centristi rischiano di perdere i maggiori consensi nonostante l’attivismo del Presidente francese Macron, così come a rischio sconfitta sono i verdi (a sinistra), con invece i due gruppi di destra/euroscettici, ECR e ID, in forte crescita di consensi. I seggi combinati di conservatori e nazionalisti saranno probabilmente ancora inferiori a quelli del PPE, e quindi molto al di sotto dei seggi dell’attuale maggioranza unica. Inoltre, le due destre non dovrebbero costituire un blocco comune.

Come si è già visto in questi mesi i conservatori sono pronti su alcuni dossier ad allearsi con i popolari, come accaduto sull’immigrazione e sulla politica estera. Ciò che è quasi certo però è che su alcuni temi il blocco di destra può unirsi, ed essendo cresciuto a livello numerico, può esercitare un potere di veto e influenza anche sul PPE qualora questo optasse per l’ennesima larga coalizione con socialisti e liberali. Di conseguenza, se i risultati rifletteranno gli attuali sondaggi, il parlamento europeo inclinerà a destra.In questo quadro, la strada della Von der Leyen verso la presidenza della Commissione non è certo.

Nel 2019, ha ricevuto 383 voti al Parlamento europeo, a fronte dei 374 necessari, anche se i gruppi politici che la sostenevano avevano 444 seggi. È improbabile che questa volta riceva tutti i voti centristi, indispettiti per gli ammiccamenti a destra della Presidente uscente.I n questa fase, la rielezione di Von der Leyen resta uno degli scenari più probabili, ma si fanno altri nomi nel caso tra cui Manfred Weber, Roberta Metsola, il premier greco Mitsotakis e, anche se più improbabile, Mario Draghi.

Lo spostamento a destra nei sondaggi finora continua, come dimostrano le tendenze osservate nelle recenti elezioni locali in Germania e in quelle nazionali nei Paesi Bassi, Portogallo e Spagna. Non sorprende, nel complesso, che ciò abbia già avuto un impatto sul lavoro della Commissione e sull’agenda dell’UE in generale: mentre la transizione verde resta importante ma non è più centrale, poiché si sta ora prestando maggiore attenzione alla competitività del sistema economico europeo. A destra non si vuole suicidare la capacità produttiva dell’industria nel nome delle regole ambientaliste.

A ciò si aggiungono anche gli sviluppi geopolitici altrove sfide che l’UE deve affrontare. Questi includono la guerra in Ucraina, tensioni commerciali con la Cina, l’Inflation Reduction Act statunitense (IRA) e la possibilità di una vittoria di Trump. Proprio con l’IRA certamente sono aumentate le preoccupazioni sulla competitività delle industrie europee rispetto a quelle americane, così come sono cresciute le ansie per l’ascesa del settore manifatturiero cinese, soprattutto nel campo dei veicoli elettrici e dei pannelli solari. La risposta è complicata da minore capacità fiscale a livello europeo rispetto al sistema americano.

L'agenda per la competitività di Draghi riguarda soprattutto la necessità di sfruttare il capitale privato per le transizioni verde e digitale, e per IA e difesa. In questo contesto aumenta la pressione per completare l’unione monetaria, mai voluta però dai governi nazionali, retti fino ad oggi da partiti che si dicono europeisti.

Resta poi la questione della difesa: tutti gli Stati stanno aumentando le spese militari ma per una deterrenza reale verso attori ostili, come Russia e potenzialmente Cina, serve un livello di investimento che nessun paese può reggere da solo. Popolari e Conservatori sono d’accordo su questo punto: servono nuove risorse europee da impiegare nella difesa in nome di una real politik irrinunciabile senza fantasticare di eserciti europei. Un eventuale spostamento a destra dell’UE potrà forse facilitare l’accordo su nuovi strumenti europei per rafforzare la difesa e al tempo stesso ricomprendere il governo dell’immigrazione, e la sua limitazione, nel nuovo paradigma di sicurezza.Vedremo se lo scenario internazionale in peggioramento e il maggior peso della destra faranno fare un paradossale salto in avanti all’Unione Europea per una maggiore integrazione in certi settori. Ciò che è certo è che lo status quo su molti fronti caldi, in cui l’Unione Europea è rimasta indietro, non è colpa degli euroscettici e dei populisti quanto della incapacità dei partiti centristi.

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